esercito e città dall'unità agli anni trenta. tomo i - Sistema ...
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216 PAOLO LANGELLA<br />
toilettes né poco eleganti né troppo costose 28• Altrettanta e maggiore cura,<br />
sorretta da uno squisito senso mondano, andava esercitata nel selezionare<br />
gli inviti non obbligatori, dai quali scaturiva il relativo obbligo di restituzione.<br />
La necessità di scegliere e programmare le proprie sortite mondane<br />
faceva sì che spesso la moglie non comparisse al fianco del marito, al quale<br />
non si ponevano problemi d'abbigliamento grazie all'uniforme. La scusa più<br />
garbata, anche se perfettamente intesa, era quella della delicatezza di salute,<br />
alibi del quale però era necessario fare un sapiente uso. In sostanza, l'ufficiale<br />
tentava di imporsi più per " perfetta riuscita " delle sue comparse mondane<br />
(e cioè distinguendosi per stile, educazione e distinzione suoi e della moglie),<br />
che mediante una presenza assidua nei salotti e nei saloni, ove brillava<br />
o si sforzava di brillare la società locale.<br />
Vita più vivace e spensierata conducevano i non ammogliati, che - a<br />
stipendio esaurito - potevano autoconfinarsi nel Circolo o farsi comandare<br />
di guardia a forti, depositi e polveriere. Né vi era festa che potesse ritenersi<br />
ben riuscita se non vi partecipavano i giovani scapoli della guarnigione,<br />
spesso comandati in blocco dal colonnello comandante. Talvolta la Calotta<br />
(e cioè l'insieme degli ufficiali subalterni scapoli) organizzava un ballo<br />
al circolo, al quale erano invitati tutti gli altri ufficiali e la notabilità del luogo,<br />
specie se provvista di parentele femminili di sufficiente avvenenza o in<br />
possesso di altri requisiti che potessero interessare un giovane scapolo. Erano<br />
le occasioni nel corso delle quali non solo erano tollerate, ma addirittura<br />
favorite, una certa scapigliatura e un po' di vivacità.<br />
Da ultimo, in quasi tutti i teatri cittadini, il Circolo Ufficiali affittava un<br />
palco. Spesso la Calotta (per sottrarsi al controllo dei superiori e delle loro<br />
consorti) ne appigionava un altro, quasi sempre di barcaccia 29• Per tutti gli<br />
ufficiali vigeva l'assoluto divieto di vestire l'abito borghese, salvo autorizzazione<br />
richiesta e concessa per iscritto.<br />
In sostanza, nella <strong>città</strong> sede di guarnigione si creava un mondo militare<br />
assolutamente chiuso e solo in taluni punti tangente a quello esterno 30 . Era<br />
28 E. DE BoNo, op. ci t., pag. 161: « Quante brave donnine hanno compiuto dei veri<br />
miracoli come mogli e come mamme per tirare avanti la baracca alla meno peggio, mantenendo<br />
una serenità e una dignità ammirevoli. Per tutte queste considerazioni si evitava<br />
di « imbarcarsi »; era la parola di prammatica "· Anche il De Rossi (op. ci t. , pag. 246) conclude<br />
in maniera, pressoché identica, anche se per motivi diversi: « Purtroppo quando<br />
si ha famiglia bisogna che essa pur viva. Ecco perché un militare non dovrebbe averne "·<br />
29 E. DE Rossr, op. cit., pag. 36: «All'Alfieri, noi di fanteria avevamo una barcaccia,<br />
un'altra di faccia era dei sottotenenti di artiglieria, conosciuta dal pubblico con la 'clas<br />
d'asen' "·<br />
3° E. DE BoNo, op. cit., pag. 149: « Prima della guerra, siamo sinceri, noi vivevamo<br />
per conto nostro, nel nostro esclusivo ambiente ... Talvolta questa consuetudine del vivere<br />
riuniti assumeva persino il peso di una costrizione ... "·<br />
CULTURA E VITA DELL'UFFICIALE ITALIANO 217<br />
una situazione non imputabile esclusivamente ad alterigia di casta o a deformazione<br />
professionale, ma che era imposta dal continuo errare da sede a<br />
sede e dal costante assillo delle preoccupazioni economiche. Cionostante,<br />
l'ufficiale doveva imporsi e s'imponeva di non sfigurare nel confronto con<br />
la società civile, la quale - dal canto suo - spesso faceva un'esibizione ostentata<br />
delle sue maggiori fortune.<br />
CONCLUSIONE<br />
Pochi come De Rossi (che lo testimoniò durante tutta la sua lunga vita<br />
di servizio), favoriti dalla concomitanza delle possibilità intellettuali, d'educazione<br />
e anche materiali, seppero e poterono attenersi alla regola che De<br />
Rossi stesso indica come indefettibile: sapere, saper fare e saper vivere. Ben<br />
diversa è l'opinione dei più e cioè che « soldato si nasce; per fare bene il<br />
soldato bisogna essere un artista del genere.<br />
... è arte in tutto, anche nelle cose più modeste e pedestri " 31. Nulla importava<br />
che l'arte si riducesse a ben poco o forse proprio in questo consisteva<br />
e cioè l'arte d'arrangiarsi: