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esercito e città dall'unità agli anni trenta. tomo i - Sistema ...

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168 PIERO DEL NEGRO<br />

Sia pure a certe condizioni (la <strong>città</strong> non doveva essere grande e in ogni<br />

caso si preferiva la campagna, la sede delle " tradizioni paesane »; la <strong>città</strong> non<br />

doveva appartenere ad aree ritenute sovversive) la Commissione finiva per<br />

riconoscersi in una relazione tra la caserma (una caserma che aveva di fatto<br />

fagocitato il reggimento) e la <strong>città</strong> per la prima volta colta in termini " di coesione<br />

e di forza "· Ma il Ministero della Guerra si guarderà bene dal far proprie<br />

le proposte della Commissione circa il reclutamento e le sedi dei reggimenti:<br />

alla vigilia della grande guerra sarà sempre la " scioltezza >>, una " scioltezza<br />

" rilanciata in chiave coloniale dall'impresa libica, a contraddistinguere<br />

l'<strong>esercito</strong> italiano.<br />

VINCENZO CACIULLI -<br />

GLI UFFICIALI ITALIANI<br />

E I TRASFERIMENTI DI GUARNIGIONE:<br />

NOTE PER UNA RICERCA<br />

È indubbio che nel corso della carriera di un ufficiale dell'<strong>esercito</strong> italiano<br />

in età liberale, la mobilità, i continui spostamenti di sede, erano una<br />

cosa ordinaria. È altrettanto sicuro che questa mobilità non era priva di disagi<br />

e che, nel tempo, si rivelò causa di rimostranze e di lamentele.<br />

Per avere un quadro anche sommario di questa realtà è sufficiente scorrere<br />

i volumi più conosciuti della memorialistica e inventariare i numerosi<br />

traslochi nelle varie guarnigioni a cui furono costretti gli autori. Traslochi<br />

dovuti ad avanzamenti di grado, ma anche a distaccamenti, alla frequenza<br />

dei corsi negli istituti d'istruzione militare, a servizi speciali e di ordine pubblico,<br />

ai cambi di guarnigione dei reggimenti.<br />

Se la memorialistica ci aiuta a prendere atto della situazione, non è utile<br />

invece per comprendere quale era l'atteggiamento, lo stato d'animo con cui<br />

gli ufficiali italiani affrontavano e vivevano questo permanente stato di insicurezza<br />

nella loro esistenza. Nella formazione del giudizio degli autori giuocano<br />

infatti convinzioni personali, scelte politico-militari che tendono ad offuscare<br />

o esaltare, a volte a far coincidere con esigenze diverse gli eventuali<br />

malumori registrati sull'argomento. Unanime tuttavia ci sembra la sottolineatura<br />

del fatto che questa mobilità creava ulteriori problemi a quella particolare<br />

categoria di funzionari statali che, a partire d<strong>agli</strong> ultimi <strong>anni</strong> dell"800,<br />

vivrà una profonda crisi legata al ristagno delle carriere, all'esigenza di una<br />

"modernizzazione >> dell'istituzione militare, alla perdita di status rispetto<br />

alla società civile 1 •<br />

1 Sono numerose le opere che potremmo citare a proposito della crisi che tra '800<br />

e '900 colpisce gli ufficiali italiani e la professione militare. Per una idea generale degli<br />

argomenti, delle motivazioni e dei fenomeni si veda il volume, vecchio ma sempre molto<br />

utile di F. DE CHAURAND, Come l'<strong>esercito</strong> italiano entrò in guerra, Milano 1929. A pro-

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