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Rossana Copez, Si chiama Violante - Sardegna Cultura

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nobile come siete voi, non le conosca mai. Consolatevi<br />

e state serena. Solo il <strong>Si</strong>gnore nostro Dio lo sa, dolce<br />

contessa, e soltanto lui decide quando è l’ora per ciascuno<br />

di noi.<br />

I suoi denti ora splendevano tutti… la sua faccia…<br />

non era più rugosa… quella voce calda usciva da una<br />

bocca conosciuta e quasi dimenticata…<br />

Il mondo girò tutto e, mentre mi accorgevo a mala<br />

pena che intorno a me c’era grande trambusto, io seguivo<br />

solo la mia realtà.<br />

Non era quel vecchio che parlava.<br />

Era Felipe, il mio primo marito morto tempo addietro.<br />

La sua voce mi arrivava melodiosa e il suo volto sempre<br />

giovane e bello.<br />

Cara la mia bambina. Non devi turbarti. Mai. In questa<br />

terra ti accadranno molte cose che ti sembreranno<br />

strane. Ma io, che ti voglio bene come quando eri mia e<br />

mi facevi godere delle più grandi gioie terrene, ti starò<br />

sempre vicino. Io non ti abbandono… ti farò sempre sentire<br />

la mia presenza. Sempre. E un bel giorno…<br />

* * *<br />

L’acqua appena ondulata dello stagno mi dava la<br />

nausea. La bocca sdentata del vecchio era lì, di fronte a<br />

me. Sorrideva.<br />

Maria mi inumidiva la fronte con un fazzoletto e<br />

l’acqua mi scivolava dentro il vestito, dentro il seno,<br />

confondendosi col sudore che tutta mi aveva bagnata.<br />

La guardai interrogandola con gli occhi.<br />

– Calmatevi ora. <strong>Si</strong> torna al Castello. Non agitatevi<br />

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donna <strong>Violante</strong>, siete stata poco bene. Forse il caldo. E<br />

l’aria fresca del colle vi gioverà.<br />

Erano convinti che stessi male; pensavano ad un malore<br />

dovuto alla giornata afosa.<br />

Solo qualcuno ne dubitò. Non vedevo esattamente<br />

chi fosse, ma sentivo addosso uno sguardo indagatore,<br />

cattivo, interrogativo.<br />

Durante il tragitto mi uscì inavvertitamente un:<br />

– …e Felipe?<br />

– Felipe? – rispose Maria con la voce stridula, che<br />

mi metteva in allarme, – non c’è nessun Felipe qui. Calmatevi<br />

ora.<br />

E aggiunse, a consolarmi: – Mia signora, la giornata<br />

di oggi è stata molto faticosa, e avete il viso tirato. Ora<br />

pensate a recuperare tutte le vostre forze. Qui la gente,<br />

intanto, non ha mai fretta. Abituatevi, siate certa che<br />

non se la prenderanno, se non vi vedranno in visita per<br />

il territorio. Avete tutto il tempo che volete. E poi, si saprà<br />

già in tutto il feudo che siete stata male. Non preoccupatevi:<br />

loro aspettano, sono fatti così, sembra che<br />

aspettino sempre.<br />

Questi Sardi aspettano… aspettano sempre.<br />

Così aveva detto Maria. E ancora adesso sono sicura<br />

che aveva proprio ragione: è come se fossero “perenni”.<br />

La loro civiltà non ha avuto grande crescita, né decadenza,<br />

né apogeo, né caduta.<br />

La sazietà logora gli imperi; loro, sazietà, non ne<br />

hanno mai conosciuta. È come se facessero una lotta di<br />

resistenza con qualcuno. Loro sono lì, ad aspettare che<br />

l’avversario sbagli; non attaccano mai.<br />

Aspettano… loro. Chissà cosa.<br />

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