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Rossana Copez, Si chiama Violante - Sardegna Cultura

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A me veniva un nodo allo stomaco, al solo pensare<br />

di dovere per forza affrontare una gara, qualunque, anche<br />

se, per il momento, solo a distanza.<br />

A me non era mai piaciuto gareggiare con qualcuno,<br />

figuriamoci in quella terra sconosciuta e contro una che<br />

io ormai mi immaginavo come una gigantessa alta tre<br />

metri e con un pugnale stretto tra i denti.<br />

Mi venivano subito i brividi per la paura.<br />

Io volevo solo starmene tranquilla e andare a vedere<br />

gli stagni, così, per curiosità.<br />

* * *<br />

Il luogo era detto Colostrai.<br />

Don Ignazio mi accompagnò da un vecchio pescatore<br />

che era la guida del posto.<br />

– Vedete, contessa, questo è lo stagno di Colostrai.<br />

Io lavoro qui da più di cinquant’anni: ero alto appena<br />

così, e sono stato servitore del conte vostro padre, che<br />

ogni tanto ci onorava della sua visita. In cielo sia. Il mio<br />

nome è Pedru, il vecchio Pedru, come mi <strong>chiama</strong>no tutti,<br />

qua.<br />

Ogni parola, ogni lieve mutamento di tono mi colpiva:<br />

non avevo perso nulla di quanto diceva. Don Ignacio<br />

lo lasciò libero di parlare. Scostandosi di pochi passi,<br />

sembrava fingesse di perdersi con lo sguardo oltre i<br />

giunchi che tagliavano l’orizzonte piatto degli stagni.<br />

Io continuavo a fissare il viso del vecchio pescatore…<br />

tutto grinze… sembrava una tartaruga… e quella<br />

bocca, quasi tutta sdentata… uno sfacelo.<br />

Ma le sue parole suonavano calde, amiche. C’era<br />

qualcosa che mi rapiva, e ancora non sapevo cosa.<br />

Rispondevo con sussiego, e gli facevo domande solo<br />

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per farlo continuare a parlare: volevo sentire ancora<br />

quel tono caldo di voce.<br />

Chiedevo dei metodi di pesca e perché non vedevo<br />

barche di pescatori in mare. Non mi interessava granchè,<br />

a dire il vero, ma bevevo le sue parole di spiegazione.<br />

– Il Padreterno, – riattaccò lui, – ha pensato bene di<br />

regalarci questi stagni, mia signora, perché il mare è<br />

troppo pericoloso. Sapete bene quanto filo da torcere<br />

diano i Saraceni: arrivano con le loro imbarcazioni, che<br />

scivolano leggere sul mare, approdano come fantasmi<br />

sulla nostra terra, e una volta approdati fanno prigionieri<br />

i nostri uomini e le nostre donne.<br />

La bocca sdentata, mentre parlava, si ricomponeva<br />

in una bella espressione che non mi era nuova, mi lasciavo<br />

cullare da quelle parole e la mia attenzione era<br />

tutta per lui.<br />

– Anche se ci sono le torri di avvistamento, – diceva,<br />

– rade dove approdare, quelli, ne trovano sempre, e i<br />

Sardi, da tante generazioni oramai, non vanno per mare.<br />

Forse perché ci sono gli stagni e il pesce è abbondante,<br />

e si pesca senza bisogno di affrontare tempeste e<br />

Saraceni. Iddio, evidentemente, vuole preservare questa<br />

nostra razza: non permette che si arrischi tra le onde.<br />

Questa terra, basta volerlo, offre tutto. E ben lo sanno<br />

tutti quelli che, per liberarci dai pirati del mare, vi<br />

hanno messo radici. Troppe volte - permettete, dolce<br />

signora, queste parole a un vecchio pescatore che nulla<br />

ha da sperare o da temere - questi, i liberatori dico, sono<br />

stati meno teneri dei predatori.<br />

Erano parole tremende quelle che gli uscivano dalla<br />

bocca sdentata, e il mio orgoglio si sentì un po’ scosso.<br />

Il mio dovere mi imponeva di zittire quel vecchio, e in-<br />

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