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Erthole - Sardegna Cultura

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l’aveva predetto: quella ricchezza si sarebbe trasformata in<br />

follia, fino alla quinta generazione. Natalia aveva la mania<br />

dei microbi: temeva l’acqua e tutto ciò che si espandeva. I figli<br />

avevano preso da lei. Erano stati concepiti nel terrore…<br />

– E Nina? – chiesi.<br />

– Su Riccu ha detto tutto.<br />

– Ma il rapimento, l’ergastolo a Croale…<br />

– Sono cosas mannas, un intreccio senza fine…<br />

Erano andati in malora tutti. I superstiti erano lì, seppelliti<br />

sotto le carte della causa che ciascuno era convinto di vincere.<br />

– Questo tuo Zuacchinu non riesco a capirlo.<br />

– Non cercare di giudicarlo, forse non c’è riuscito neanche<br />

il Padreterno.<br />

M’indicò le terrazze sotto di noi. I demolitori dei tetti<br />

erano i figli spurii di Zuacchinu, quelli che credevano di<br />

contare qualcosa solo perché avevano la casa alta, con le scale<br />

di marmo e le ringhiere ai balconi. Io cercavo con lo sguardo<br />

la casa del Gavoese, un bizzarro negoziante che vendeva di<br />

tutto, pasta e petrolio, corda e sapone. Con la sua sordità<br />

aveva compromesso l’onore di Ziculana che si era persa per<br />

un sergente della «Cremona».<br />

– I tuoi ricordi sono seppelliti sotto i palazzi che non ti<br />

piacciono.<br />

In paese nessuno più parlava della «Cremona». Una dimenticanza<br />

pietosa, per il rispetto dovuto ai figli bastardi dei<br />

soldati venuti da lontano. Quei giovani con gli occhi chiari<br />

sapevano dire parole gentili, e la sera raccontavano le storie<br />

del loro paese. Così erano entrati nelle case dove le donne<br />

vivevano nell’attesa d’un atto d’amore.<br />

– Aveva chiamato o no Ziculana? – chiesi. Disse che la<br />

storia della «Cremona» qualcuno doveva pur raccontarla. Il<br />

paese si era perduto in quella confusione. Ora i pastori la sera<br />

tornavano a casa, anche se non sapevano dire parole gentili.<br />

– Però Ziculana era bella.<br />

– Su mortu che pessabat. 33<br />

S’incontravano tutte le sere all’imbrunire nel pagliaio di<br />

33. Il morto faceva resuscitare.<br />

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fronte al negozio del Gavoese col quale Ziculana, accortasi<br />

di essere rimasta incinta, aveva teso la sua trappola.<br />

– Griderò tre volte: Azutorju chi m’est leanne s’onore, 34<br />

voi entrerete nel pagliaio, e allora…<br />

Il Gavoese aveva ascoltato invano con l’orecchio appoggiato<br />

alla porticina del pagliaio. La natura aveva tradito la<br />

donna che, al momento giusto, vinta dal piacere, era riuscita<br />

solo a fremere, stringendosi ancor più forte al suo taciturno<br />

sergente. Il flebile richiamo iniziale, un morente azutooo…<br />

non poteva giungere al Gavoese, che giurò sempre di non<br />

aver udito nulla, neanche il fruscio del fieno…<br />

Il sergente, già sposato, era tornato al suo paese e Ziculana<br />

era andata a farselo fuori, a Tunisi, forse.<br />

Ci staccammo dal parapetto. Saverio tornò a proporre<br />

una mia visita alla prigione di Nuoro. Insisteva, per far contento<br />

l’Educatore, come lui chiamava l’assistente sociale del<br />

Carcere di Bad’e carros: vi avrei trovato gli sfortunati abitatori<br />

delle case vuote. Gli dissi che ci avrei pensato; ora dovevo<br />

andare a trovare le ragazze…<br />

Maddalena mi attendeva.<br />

– Lo sapevo che sareste arrivato, – furono le sue prime<br />

parole quando mi vide. Sorrideva, felice come una bambina.<br />

Più della mia presenza la emozionava la ritrovata capacità di<br />

presentire gli eventi. Senza il fazzoletto, con i capelli rigonfi<br />

pareva diversa; mi colpì quel sorriso incontenibile, che dava<br />

risalto allo sguardo non più gravato da dolorose distrazioni.<br />

Paschedda era appena uscita per delle compere. Le chiesi chi<br />

le aveva detto ch’ero in paese. Rispose con la sua innocenza<br />

di bambina.<br />

– Sapevo che sareste venuto a casa, oggi. Quand’ero sana<br />

indovinavo tutto ciò che doveva accadermi… Forse si è<br />

indebolita così la mia mente.<br />

Avrei voluto penetrare nei meandri di quel suo misterioso<br />

potere.<br />

– Sentivo anch’io che ti avrei trovata ristabilita.<br />

Lei ascoltava, attenta. Pareva non volesse perdere niente<br />

di ciò che le dicevo. La mia presenza non la intimoriva più e<br />

34. Aiuto, mi sta togliendo l’onore.<br />

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