Erthole - Sardegna Cultura
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delle sue opere. Ero andato nel suo negozio per acquistare un berretto a visiera. Ne contrattavo il modello e il prezzo con Alloddia, il commesso, noto per la devozione al padrone e per la compunzione con cui seguiva la Messa: pareva non avesse altri affetti, altri pensieri al di fuori del negozio e della chiesa. Di quel berretto non mi piaceva niente: né il colore, né la forma, né il bottoncino al culmine della cupoletta. Infastidito per il mio deciso rifiuto, Alloddia si era ancor di più irritato per il custu est? gridato in quel modo irriguardoso, una bestemmia alle sue orecchie di uomo pio. Zuacchinu, ch’era appena entrato nel negozio, si era avvicinato e m’aveva chiesto come avevo pensato che lui fosse. – Non so… più grande, – avevo detto impressionato dalla sua piccola statura. – Già… – aveva risposto lui bilanciando un bastoncino fra le dita; aveva un modo tutto suo di guardare, come se volesse scoprire quello che c’è oltre le cose, custode di ciò che ancora deve accadere. Si era avvicinato e aveva voluto che riprovassi il berrettino. Dopo avermelo aggiustato con le sue mani m’aveva osservato attentamente, e con aria molto seria m’aveva detto: – Ti sta bene, sei un uomo… grande, tu. Gli occhialini cerchiati d’oro gli dilatavano le pupille, due specole attraverso le quali pareva scrutasse il divenire del mondo. Non aveva detto altro. Aveva scosso la testa bianca, un gesto che mi era parso esprimesse un rimpianto, ed era andato via riprendendo il gioco del bastone. Neppure uno sguardo per Alloddia. Altre volte l’avevo spiato dal cortile della scuola sul quale si affacciava uno dei tanti balconi della sua casa. Appariva sempre solo, vestito di bianco con gli occhialini che luccicavano. Io mi nascondevo per timidezza, anche se sapevo che lui era solito guardare al di là dei confini del visibile. Nel paese, quando parlavano di favolose ricchezze, richiamavano sempre sos benes di Zuacchinu, trasfigurandone la modesta origine che nessuno più voleva ricordare, come se quella sua prima apparizione con le toppe ai calzoni fosse soltanto un segno dei giochi ingannevoli della fortuna. Forse già da allora, Zuacchinu, piovuto da chissà dove con due 74 casse di sapone, chi diceva da Mores, chi da Olbia, chi dae cudd’al’e mare, aveva visto il possibile futuro del paese, che viveva ancora il lento andare delle pecore. Le diffidenti donne dei pastori, alle quali egli aveva offerto il sapone verdastro, avevano intuito subito che quel forestiero era pieno d’imbentos. Nella mente di Zuacchinu era chiaro da tempo quello che sarebbe accaduto. Uomini e pecore in quel luogo erano come l’asino della leggenda. Bisognava far scorrere diversamente quelle immense ricchezze, che si disperdevano sul greto di un fiume senza sbocchi. I modi e i tempi per uscire dalla favola erano nella natura delle cose, li avevano suggeriti le stesse donne, più disponibili di quanto si potesse pensare alle novità e ai cambiamenti. Nel paese, allora, i singoli e la comunità si riconoscevano nei loro bisogni, l’appagamento dei quali dava senso a tutto. Con i prodotti si scambiavano le esperienze della vita; si dava ciò che abbondava per ricevere ciò che mancava; le cose non erano disgiunte dagli uomini; le trattative le avviavano le donne. – Il raccolto è andato bene, quest’anno. Grano e orzo sembrano toccati dalla mano di Dio. Qualcosa ci avanza, si bonde bisonzat –. L’altra ascoltava, soppesando, e parlava della sua incunzada. Per definire le quantità e valutare i tornaconti, intervenivano anche gli uomini, che finivano per scambiarsi le confidenze e accordarsi anche per il tempo a venire. I legami su cui si reggeva la comunità si tessevano così. Zuacchinu aveva capito ch’era un mondo in cui niente lievitava, niente cresceva; poteva durare secoli, millenni senza che potesse uscire da quell’inerzia che gravava su tutto. Bisognava sostituire la fantasia che crea alla sonnolenza che uccide. Al sapone erano seguiti altri imbentos, entrati come un male nei desideri di tutti. – Ite juchides 24 questa volta? – gli chiedevano le donne, incantate davanti alle stoffe. – Non c’è cosa ch’io non abbia, anticipo i tuoi pensieri, i tuoi desideri, – rispondeva lui, mostrando con calcolata lentezza le sue mercanzie. – Vendo e compro tutto. 24. Cosa portate? 75
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delle sue opere. Ero andato nel suo negozio per acquistare<br />
un berretto a visiera. Ne contrattavo il modello e il prezzo<br />
con Alloddia, il commesso, noto per la devozione al padrone<br />
e per la compunzione con cui seguiva la Messa: pareva<br />
non avesse altri affetti, altri pensieri al di fuori del negozio e<br />
della chiesa. Di quel berretto non mi piaceva niente: né il<br />
colore, né la forma, né il bottoncino al culmine della cupoletta.<br />
Infastidito per il mio deciso rifiuto, Alloddia si era ancor<br />
di più irritato per il custu est? gridato in quel modo irriguardoso,<br />
una bestemmia alle sue orecchie di uomo pio.<br />
Zuacchinu, ch’era appena entrato nel negozio, si era avvicinato<br />
e m’aveva chiesto come avevo pensato che lui fosse.<br />
– Non so… più grande, – avevo detto impressionato<br />
dalla sua piccola statura.<br />
– Già… – aveva risposto lui bilanciando un bastoncino<br />
fra le dita; aveva un modo tutto suo di guardare, come se<br />
volesse scoprire quello che c’è oltre le cose, custode di ciò<br />
che ancora deve accadere. Si era avvicinato e aveva voluto<br />
che riprovassi il berrettino. Dopo avermelo aggiustato con le<br />
sue mani m’aveva osservato attentamente, e con aria molto<br />
seria m’aveva detto:<br />
– Ti sta bene, sei un uomo… grande, tu.<br />
Gli occhialini cerchiati d’oro gli dilatavano le pupille,<br />
due specole attraverso le quali pareva scrutasse il divenire del<br />
mondo. Non aveva detto altro. Aveva scosso la testa bianca,<br />
un gesto che mi era parso esprimesse un rimpianto, ed era<br />
andato via riprendendo il gioco del bastone. Neppure uno<br />
sguardo per Alloddia.<br />
Altre volte l’avevo spiato dal cortile della scuola sul quale<br />
si affacciava uno dei tanti balconi della sua casa. Appariva<br />
sempre solo, vestito di bianco con gli occhialini che luccicavano.<br />
Io mi nascondevo per timidezza, anche se sapevo che<br />
lui era solito guardare al di là dei confini del visibile.<br />
Nel paese, quando parlavano di favolose ricchezze, richiamavano<br />
sempre sos benes di Zuacchinu, trasfigurandone<br />
la modesta origine che nessuno più voleva ricordare, come<br />
se quella sua prima apparizione con le toppe ai calzoni fosse<br />
soltanto un segno dei giochi ingannevoli della fortuna. Forse<br />
già da allora, Zuacchinu, piovuto da chissà dove con due<br />
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casse di sapone, chi diceva da Mores, chi da Olbia, chi dae<br />
cudd’al’e mare, aveva visto il possibile futuro del paese, che<br />
viveva ancora il lento andare delle pecore.<br />
Le diffidenti donne dei pastori, alle quali egli aveva offerto<br />
il sapone verdastro, avevano intuito subito che quel forestiero<br />
era pieno d’imbentos. Nella mente di Zuacchinu era<br />
chiaro da tempo quello che sarebbe accaduto. Uomini e pecore<br />
in quel luogo erano come l’asino della leggenda. Bisognava<br />
far scorrere diversamente quelle immense ricchezze, che si disperdevano<br />
sul greto di un fiume senza sbocchi. I modi e i<br />
tempi per uscire dalla favola erano nella natura delle cose, li<br />
avevano suggeriti le stesse donne, più disponibili di quanto si<br />
potesse pensare alle novità e ai cambiamenti. Nel paese, allora,<br />
i singoli e la comunità si riconoscevano nei loro bisogni,<br />
l’appagamento dei quali dava senso a tutto. Con i prodotti si<br />
scambiavano le esperienze della vita; si dava ciò che abbondava<br />
per ricevere ciò che mancava; le cose non erano disgiunte<br />
dagli uomini; le trattative le avviavano le donne.<br />
– Il raccolto è andato bene, quest’anno. Grano e orzo<br />
sembrano toccati dalla mano di Dio. Qualcosa ci avanza, si<br />
bonde bisonzat –. L’altra ascoltava, soppesando, e parlava della<br />
sua incunzada. Per definire le quantità e valutare i tornaconti,<br />
intervenivano anche gli uomini, che finivano per scambiarsi<br />
le confidenze e accordarsi anche per il tempo a venire. I legami<br />
su cui si reggeva la comunità si tessevano così.<br />
Zuacchinu aveva capito ch’era un mondo in cui niente<br />
lievitava, niente cresceva; poteva durare secoli, millenni senza<br />
che potesse uscire da quell’inerzia che gravava su tutto.<br />
Bisognava sostituire la fantasia che crea alla sonnolenza che<br />
uccide.<br />
Al sapone erano seguiti altri imbentos, entrati come un<br />
male nei desideri di tutti.<br />
– Ite juchides 24 questa volta? – gli chiedevano le donne,<br />
incantate davanti alle stoffe.<br />
– Non c’è cosa ch’io non abbia, anticipo i tuoi pensieri,<br />
i tuoi desideri, – rispondeva lui, mostrando con calcolata<br />
lentezza le sue mercanzie. – Vendo e compro tutto.<br />
24. Cosa portate?<br />
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