Erthole - Sardegna Cultura

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31.05.2013 Views

Avevamo superato la radura ed eravamo entrati in un boschetto dove le luci vincevano le ombre. Qua e là spuntava timidamente qualche ciclamino che lei non guardava neppure. Le sughere, distanziate una dall’altra, parevano distribuite a caso, ma osservando attentamente si capiva la sapiente selezione che avevano compiuto i venti e gli umori della terra. Usciti dal boschetto mi guardai attorno; cercavo l’orizzonte interrotto da altre radure e dai lecci che si alternavano alle sughere. Paschedda intuì ciò che cercavo. – Erthole si può vederlo a tratti. Chi lo guarda tutto insieme gli sale il sangue alla testa. – Maddalena… dove? –. Dicevano fosse quella la causa della disgrazia. Paschedda m’indicò una parte non visibile di Erthole, raccomandandomi ancora una volta di avere cura di me stesso. Eravamo arrivati alla strada e volevo farle compagnia fino al passaggio del camioncino. Mi disse che voleva restare sola, e io mi sentii incapace di comprendere gli strappi d’umore di una ragazza irrequieta. La salutai e tornai alla casa. 36 VII Percepivo difficoltà e rischi; intuivo che bisognava pensare tutto in modo completamente diverso, perfino le elementari funzioni della vita; capivo che stavo vivendo una grande avventura, eppure ero calmo, distaccato, divertito quasi, come se tutto dovesse accadere per necessità naturale. Non avevo le angosce che mi dava il mondo remoto dal quale volevo uscire, dove niente è lasciato al caso, tutto è programmato e il sapere, il fare e il decidere sono senza fondamento, o hanno l’effimero fondamento che possono dare i rigidi schemi dei «processi logici», degli «obiettivi primari», delle «risorse limitate»… La vita è un gioco di compatibilità, di alternative non raffrontabili, di priorità e di benefici. L’approdo a Erthole poteva apparire un disimpegno, una fuga dalle responsabilità, una resa. Ma non pensavo niente di tutto ciò. Anzi mi sentivo pieno di attese, come se davanti a me ci fossero nuove possibilità di conoscenza, di comunicazione, di vita. A Erthole ci si smemorava. Ritornai alla casa, senza ricordo della strada percorsa. Sullo spiazzo sostava qualcuno. L’avevo intravisto da lontano, senza poterlo distinguere dal sasso sul quale sedeva. Con la testa china, pareva concentrasse la sua attenzione sul lungo bastone che lisciava pazientemente con un coltello a serramanico. Si sollevò la visiera del berretto, e guardando dal basso in alto con un mezzo sorriso mi disse ch’era lì per il benvenuto. Senza scomporsi, si calò di nuovo il berretto sugli occhi e riprese a levigare il suo bastone, come se volesse scoprire le infinite fibre di quel legno dal candore immacolato. Pareva molto giovane, un ragazzo forse. Gli chiesi da dove veniva e come si chiamava. – Tra vicini si usa. Lo invitai a entrare. Non si mosse, e per farmi capire che non accettava l’invito mi parlò d’altro. 37

Avevamo superato la radura ed eravamo entrati in un<br />

boschetto dove le luci vincevano le ombre. Qua e là spuntava<br />

timidamente qualche ciclamino che lei non guardava<br />

neppure. Le sughere, distanziate una dall’altra, parevano distribuite<br />

a caso, ma osservando attentamente si capiva la sapiente<br />

selezione che avevano compiuto i venti e gli umori<br />

della terra. Usciti dal boschetto mi guardai attorno; cercavo<br />

l’orizzonte interrotto da altre radure e dai lecci che si alternavano<br />

alle sughere. Paschedda intuì ciò che cercavo.<br />

– <strong>Erthole</strong> si può vederlo a tratti. Chi lo guarda tutto insieme<br />

gli sale il sangue alla testa.<br />

– Maddalena… dove? –. Dicevano fosse quella la causa<br />

della disgrazia. Paschedda m’indicò una parte non visibile di<br />

<strong>Erthole</strong>, raccomandandomi ancora una volta di avere cura<br />

di me stesso.<br />

Eravamo arrivati alla strada e volevo farle compagnia fino<br />

al passaggio del camioncino. Mi disse che voleva restare sola,<br />

e io mi sentii incapace di comprendere gli strappi d’umore di<br />

una ragazza irrequieta. La salutai e tornai alla casa.<br />

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VII<br />

Percepivo difficoltà e rischi; intuivo che bisognava pensare<br />

tutto in modo completamente diverso, perfino le elementari<br />

funzioni della vita; capivo che stavo vivendo una<br />

grande avventura, eppure ero calmo, distaccato, divertito<br />

quasi, come se tutto dovesse accadere per necessità naturale.<br />

Non avevo le angosce che mi dava il mondo remoto dal<br />

quale volevo uscire, dove niente è lasciato al caso, tutto è<br />

programmato e il sapere, il fare e il decidere sono senza fondamento,<br />

o hanno l’effimero fondamento che possono dare<br />

i rigidi schemi dei «processi logici», degli «obiettivi primari»,<br />

delle «risorse limitate»… La vita è un gioco di compatibilità,<br />

di alternative non raffrontabili, di priorità e di benefici.<br />

L’approdo a <strong>Erthole</strong> poteva apparire un disimpegno, una fuga<br />

dalle responsabilità, una resa. Ma non pensavo niente di<br />

tutto ciò. Anzi mi sentivo pieno di attese, come se davanti a<br />

me ci fossero nuove possibilità di conoscenza, di comunicazione,<br />

di vita. A <strong>Erthole</strong> ci si smemorava. Ritornai alla casa,<br />

senza ricordo della strada percorsa.<br />

Sullo spiazzo sostava qualcuno. L’avevo intravisto da<br />

lontano, senza poterlo distinguere dal sasso sul quale sedeva.<br />

Con la testa china, pareva concentrasse la sua attenzione sul<br />

lungo bastone che lisciava pazientemente con un coltello a<br />

serramanico. Si sollevò la visiera del berretto, e guardando<br />

dal basso in alto con un mezzo sorriso mi disse ch’era lì per<br />

il benvenuto. Senza scomporsi, si calò di nuovo il berretto<br />

sugli occhi e riprese a levigare il suo bastone, come se volesse<br />

scoprire le infinite fibre di quel legno dal candore immacolato.<br />

Pareva molto giovane, un ragazzo forse. Gli chiesi da<br />

dove veniva e come si chiamava.<br />

– Tra vicini si usa.<br />

Lo invitai a entrare. Non si mosse, e per farmi capire<br />

che non accettava l’invito mi parlò d’altro.<br />

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