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quel passo era inconfondibile, mi ricordava il lento andare<br />
dei pastori dietro il gregge. Avrei voluto dire qualcosa, un saluto<br />
almeno, ma nessuno si voltò, pareva volessero rimarcare<br />
il loro distacco anche da me. Chiesi com’erano stati scelti.<br />
– Su richiesta dei singoli. Sono tutti pastori: molti giovani.<br />
Ci sono anche due ergastolani.<br />
– Tutti condannati?<br />
– Più o meno. Ce ne sono anche in attesa del secondo<br />
grado.<br />
Sia il Delegato che il Capo delle guardie volevano soddisfare<br />
ogni mia curiosità. Descrivevano le situazioni con un<br />
rigore tecnico invidiabile. «Ergastolo», «vent’anni», «giudicato»,<br />
«in attesa»… erano classificazioni dentro le quali scompariva<br />
persino il ricordo degli uomini.<br />
– Possiamo salire? – chiesi, impaziente di parlare con i<br />
detenuti.<br />
– Lasciamo che prendano posto.<br />
Doveva essere una misura cautelativa.<br />
Nel corridoio c’era un freddo innaturale, ma forse era<br />
una mia impressione: quel luogo mi dava un senso di disagio<br />
che non riuscivo più a vincere. Vennero anche i «maestri».<br />
Li salutai. Uno lo conoscevo già. Altre informazioni: le<br />
classi erano smembrate, al massimo dieci detenuti per volta;<br />
non era prudente creare affollamenti.<br />
– Siamo pronti, – avvertì una delle guardie. Ci muovemmo,<br />
finalmente. Mi pareva di non aver più alcuna voglia<br />
di vedere i detenuti.<br />
Attendevano impassibili, come se niente potesse più stupirli.<br />
Risposero al saluto senza distogliere gli sguardi da un<br />
qualcosa che cercavano sulle pareti della biblioteca. Volevo<br />
capire il senso di quella loro assenza.<br />
– Sono capaci di comunicare senza dire una parola, –<br />
m’aveva detto il Capo delle guardie. Cercavo di entrare anch’io<br />
in quei silenzi. L’Educatore disse poche parole di presentazione,<br />
poi lesse ciò che aveva scritto sul libro che dovevamo<br />
presentare: una storia di violenze e di soprusi raccontata come<br />
usavano i narratori del paese, quando attorno al fuoco<br />
rievocavano sos contos di una volta. I detenuti apparivano<br />
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sempre più chiusi nella loro immobilità. Mi distraevo anch’io;<br />
impietosamente cercavo di dedurre i delitti e le pene<br />
dalle espressioni; tentavo d’individuare anche i due ergastolani,<br />
ma ero disorientato. In ognuno di quei visi impenetrabili<br />
si poteva leggere tutto e niente. I silenzi e i distacchi, forse,<br />
rivelavano più di quanto io non credessi. Dopo che l’Educatore<br />
ebbe finito la sua lettura, toccò a me. Non dissi niente<br />
del libro, volevo che parlassero loro, che facessero domande e<br />
chiedessero spiegazioni. Parlai dei pastori; di ciò che sapevo e<br />
pensavo; dei loro mutamenti, e raccontai anche di me.<br />
I detenuti tenevano le braccia incrociate sul petto, una<br />
difesa quasi. Avevo la sensazione di essere fuori dal carcere,<br />
di parlare in una piazza del paese dove non ci fossero né fossati,<br />
né mura, né portoni blindati.<br />
– Attendo le vostre domande, – conclusi. Seguì un silenzio.<br />
Nessuno sembrava avesse voglia di chiedermi niente,<br />
come se ciò che avevo detto fosse caduto nel vuoto. Deluso,<br />
li esortai. Li esortò anche l’Educatore.<br />
– Una domanda, in limba mea, però…<br />
Si era alzato in piedi per rispetto; io potevo cogliere ogni<br />
sua espressione. Disse che era orgolese e fece un discorso lucido,<br />
rigoroso, spietato: i giudizi nascevano dai fatti. Parlò di<br />
sé, pastore, e parlò della vita di tutti i pastori beffati, derisi,<br />
umiliati. Sempre.<br />
– It’est cambiadu? – concluse richiamando ciò che io<br />
avevo detto. Seguirono altre domande, suggerite dalla vita<br />
vissuta. Parlavano concitamente, alcuni alzandosi, altri restando<br />
seduti; il gesto dava chiarezza alle parole, spesso gridate,<br />
come se gli interlocutori fossero altri, che loro cercavano<br />
inutilmente di ghermire. Sembrava avessero attraversato<br />
a ritroso gli spazi di quel purgatorio e fossero tornati anche<br />
fisicamente dietro il gregge. La prigione non riusciva a mutare<br />
il loro vivere penoso. Andare per i campi, inseguendo<br />
una terra mai promessa, o stare altrove, lontano da casa, era<br />
la stessa cosa. Tottu munnu est. Parlavano al presente, anche<br />
quando si riferivano a ciò che avevano vissuto in altro tempo.<br />
Mi tornarono in mente le cotogne, spia di un legame<br />
mai interrotto. Ce l’avevano con tutti, non facevano nomi.<br />
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