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42. I nonsensi.<br />
XXI<br />
La notte era buia: un’oscurità che saliva dalla terra e<br />
colpiva la mente prima degli occhi. Il nostro andare era un<br />
discendere, ma lo percepivo da altro, non dal terreno che<br />
calcavo. Il debole chiarore delle stelle si allontanava, come i<br />
miei ricordi. Sentivo il tepore e gli afrori dell’aria al primo<br />
formarsi. Luca mi precedeva, ma esitava a inoltrarsi. Il nostro<br />
viaggio lo preoccupava.<br />
– Andare così… – ripeteva a se stesso in quell’oscurità<br />
che toglieva ogni certezza. Aveva rinviato più volte l’incontro<br />
con Bambinu.<br />
– Non è uno come gli altri, appare e scompare. Non si<br />
capisce mai da dove viene e dove va.<br />
Io avevo insistito, ricordavo il racconto di Saverio e volevo<br />
conoscere quel luogo d’incontri. Si fermò ancora.<br />
– Volete trovare Bambinu o volete rincorrere sos irbarios?<br />
42<br />
– L’uno e l’altro, – gli risposi continuando a camminare,<br />
come se conoscessi già la meta. Bambinu m’interessava meno,<br />
ora, c’era tempo.<br />
– Dovete scegliere.<br />
Avevo già scelto, ma non volevo dirlo. Gli chiesi se lui<br />
c’era mai stato nel luogo del quale aveva parlato Saverio. Mi<br />
venne vicino e camminò al mio fianco.<br />
– Voi credete che esista un punto preciso dove quelle cose<br />
accadono. Conta l’intenzione, non il luogo. Può darsi che<br />
anch’io abbia avuto i miei incontri, ma è cosa diversa da<br />
quello che vi ha raccontato Saverio.<br />
Mi disse ancora che non erano uomini veri quelli di <strong>Erthole</strong>.<br />
C’era da non crederlo. Gli erano sembrate animas, di<br />
vivi però, non di morti. Sembrava non riuscisse a tenere il<br />
filo di quel suo raccontare. Ma io percepivo ciò che taceva.<br />
112<br />
– Su Mudu m’ha detto che devo capire da solo. La mia<br />
idea ce l’ho… Troverete anche voi…<br />
Io pensavo a su Mudu, a Maddalena, a me stesso; mi domandavo<br />
se non fossimo anche noi animas, proiezioni delle<br />
non vite celate nel fondo sconosciuto e inconoscibile di<br />
ognuno di noi.<br />
– Solo, dovete andare, – disse alla fine con voce grave<br />
che rivelava il disagio di una rinuncia.<br />
– E tu?<br />
Sarebbe andato a trovare sos bibos, che vagavano di notte<br />
a <strong>Erthole</strong>, gente gai e goi. 43<br />
– Chiederò di Bambinu, devo sapere dove para, altrimenti<br />
crederete che ve lo voglia nascondere.<br />
Gli chiesi cosa dovevo fare; l’idea di rimanere solo mi<br />
sgomentava.<br />
– L’intenzione è giusta, andate.<br />
Si allontanò senza dirmi altro, scontento e preoccupato<br />
di lasciarmi.<br />
Mi guardai intorno per orientarmi. Volevo scoprire quello<br />
che Luca chiamava l’intenzione. Poco distante dal punto<br />
in cui mi trovavo, si apriva una distesa ricoperta da una nebbiolina<br />
con lucori appena percepibili che vagavano in cerca<br />
di possibili ricomposizioni. Non sentivo stanchezza. Qualcosa<br />
al di fuori della volontà mi sospingeva. Gli spazi si aprivano<br />
man mano che mi addentravo, come se nel caos di<br />
quell’oscurità che dileguava rapidamente si fosse compiuta<br />
un’altra creazione. L’aria non aveva più tepore, mi sferzava la<br />
fronte dandomi un senso di stordimento.<br />
Ero entrato nella distesa nebbiosa. Camminavo ancora<br />
con un gelo che richiamava ricordi e dolori. Ero solo. Corpo<br />
senza luce, avrei continuato a vagare all’infinito se qualcosa<br />
non m’avesse arrestato.<br />
– Come ainu in mola vai. Fermati! –. Guardavo le ombre<br />
dei sassi e delle siepi, immobili in quell’eterno crepuscolo.<br />
– Allora sono arrivato?<br />
Non mi attendevo risposta, volevo solo sentire la mia<br />
voce. Il mio sguardo si posò sulla chioma di una sughera.<br />
43. Gente di ogni sorta.<br />
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