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Erthole - Sardegna Cultura

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– Abbiamo vegliato –. Paschedda indicò la sorella, che<br />

pareva non essersi accorta della mia presenza. Proposi di<br />

rinviare tutto, saremmo saliti un altro giorno a <strong>Erthole</strong>.<br />

– Oggi andiamo –. Maddalena stringeva i pugni, come<br />

se lottasse per vincere le paure che legavano ogni suo movimento.<br />

Paschedda attendeva un aiuto da me, non sapeva cosa<br />

fare.<br />

– La sentite? Tutta la notte così… Non è stata una buona<br />

idea.<br />

Parlai a Maddalena. La morsa dei suoi pugni si allentò;<br />

anche il suo sguardo uscì da quell’assenza dolorosa.<br />

– Devo… ve l’ho promesso.<br />

– Conta che tu stia bene.<br />

– Andiamo, – disse, e si alzò in piedi. Pareva si vergognasse<br />

di tutto: della sua paura, della sua decisione, di quello<br />

che aveva detto a me e di quello che aveva taciuto. Sistemata<br />

la corbula nel portabagagli, partimmo. Paschedda, seduta vicino<br />

a me, lanciava ogni tanto uno sguardo alla sorella, rannicchiata<br />

sul sedile posteriore, col capo reclinato.<br />

– Mi ero fermato qui –. Indicai il crocevia; quel silenzio<br />

mi pesava come una colpa. – Non so neanch’io cosa cercassi.<br />

Paschedda mi guardò distrattamente. Pensava a Maddalena,<br />

ne temeva le imprevedibili reazioni, per lo scandalo.<br />

– Tutti cercano e tutti domandano –. Era piena di rancore.<br />

Odiava il paese e la sua gente che tollerava le cattiverie<br />

del mondo e si accaniva contro il male della mente, quasi<br />

fosse uno scadimento colpevole, un’offesa alla vita.<br />

Usciti dal paese, Maddalena sollevò lo sguardo e si avvicinò<br />

al finestrino; osservava il risveglio dei campi e la sua rigidità<br />

si scioglieva lentamente. Io la spiavo dallo specchietto<br />

retrovisore.<br />

– Quanta luce! Dà sicurezza il sole, – dissi; guardavo anch’io<br />

i colori della terra e del cielo.<br />

– I fiori… – mormorò Maddalena con gli occhi fissi sul<br />

prato. – Cinque bianchi, tre gialli, due rossi…<br />

104<br />

XX<br />

Volevo mi conducesse lei, per costringerla a ricordare.<br />

Camminava come se vagasse nel buio.<br />

– Non ho più memoria.<br />

Usciti dalla radura, ci addentrammo in un boschetto,<br />

su padente, come lo chiamava Luca. La luce si spandeva a<br />

raggiera tra gli alberi, ogni scia era un sentiero possibile per<br />

arrivare da su Mudu. Maddalena via via acquistava sicurezza;<br />

pareva pensasse e capisse i fatti del mondo attraverso i<br />

colori.<br />

– Sei passata altre volte qui?<br />

– Non so… a <strong>Erthole</strong> tutto è uguale e diverso: il muschio<br />

sui tronchi degli alberi, le foglie e quei sassi, che sembrano<br />

terra o legna… li ho già visti, o forse li ho solo immaginati.<br />

Le chiesi se c’erano cose che non voleva ricordare, e lei si<br />

fermò. Pareva volesse implorarmi:<br />

– Segreti non ne ho… la mia mente è debole…<br />

Attraversammo un pianoro coperto d’erba, e lei si chinò<br />

a cogliere fiori. Io la imitai, dicendole che non volevo più<br />

sentir parlare della debolezza della sua mente.<br />

– Volete incoraggiarmi. Sono contenta, ma il male ce<br />

l’ho, lo dicono anche gli altri. Non so fare niente, sono come<br />

una bambina che non può più crescere.<br />

Era diventata triste; sollevò e abbassò lentamente il mazzetto<br />

che aveva raccolto, come se volesse tracciare nell’aria<br />

un arcobaleno. Me lo offrì, e volle il mio. Lo scambio doveva<br />

avere un significato che io intuivo appena.<br />

– Ricordi quando raccoglievi i fiori con Paschedda?<br />

Affrettò il passo, quasi per sfuggire.<br />

– So che venivi spesso a <strong>Erthole</strong>, con tuo padre.<br />

Sollevò le mani come se volesse proteggersi il viso da<br />

una percossa. Non aveva mai nominato suo padre, che pareva<br />

all’origine dei suoi terrori.<br />

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