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La pecora bergamasca. Storia e presente di una razza ... - Ruralpini

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<strong>di</strong> capra anche quello <strong>di</strong> <strong>pecora</strong> che, però, a <strong>di</strong>fferenza <strong>di</strong> quello caprino, era sempre<br />

caseificato a causa del suo elevato contenuto <strong>di</strong> grasso e quin<strong>di</strong> della scarsa<br />

<strong>di</strong>geribilità. Le pecore in passato venivano munte <strong>una</strong> volta che l’agnello era in grado<br />

<strong>di</strong> sod<strong>di</strong>sfare il suo fabbisogno con il pascolo; più recentemente in considerazione<br />

della riduzione dell’attitu<strong>di</strong>ne lattifera i pastori ottengono i modesti quantitativi <strong>di</strong><br />

latte che desiderano utilizzare separando le pecore dagli agnelli ancora durante il<br />

periodo dell’allattamento. Fino al XIV-XV secolo la <strong>pecora</strong> <strong>bergamasca</strong> era utilizzata<br />

più per il latte che per la carne perché la produzione <strong>di</strong> formaggio vaccino era ancora<br />

poco <strong>di</strong>ffusa. <strong>La</strong> <strong>pecora</strong> Bergamasca introdotta negli Abruzzi dall’inizio del ‘900, è<br />

stata utilizzata anche in tempi non lontani per la produzione <strong>di</strong> latte e, inizialmente, la<br />

<strong>razza</strong> Fabrianese, derivata in tempi recenti dalla Bergamasca, era considerata a<br />

duplice attitu<strong>di</strong>ne.<br />

Taglio della coda, Salassi. Il taglio della cosa oggi non è più praticato. Era motivato<br />

da <strong>una</strong> maggior pulizia del vello e dalla la scabbia. Di fatto, però, le code degli<br />

agnelli erano consumate dai pastori che, dopo aver tolta la lana, le abbrustolivano. In<br />

passato il pastore era anche un po’ chirurgo e utilizzava coltelli con varie lame per<br />

praticare incisioni e salassi. Queste pratiche non sono del tutto scomparse come<br />

testimonia la Fig. 36.<br />

FIGURA 36<br />

Fig. 36: Un pastore esegue un salasso su <strong>una</strong> <strong>pecora</strong> (foto Foppa)<br />

FIGURA 37<br />

Fig. 37: i pastori usano gesti, fischi e vocalizzazioni particolari per chiamare le pecore, qui il<br />

pastore usa il fazzoletto oltre al richiamo vocale (foto Foppa)<br />

Forme contrattuali. In passato i gran<strong>di</strong> proprietari affidavano in consegna il gregge<br />

ad un pastore per tutto l’anno pagandolo a seconda del numero degli animali e delle<br />

<strong>di</strong>fficoltà del pascolo. Molto <strong>di</strong>ffusa era la soccida che prevedeva la presa in<br />

consegna del gregge da parte del pastore il quale si impegnava a pagare tutti i tributi<br />

<strong>di</strong> cui il bestiame era gravato e corrispondeva al proprietario 1 kg <strong>di</strong> lana all’anno. I<br />

contratti <strong>di</strong> soccida prevedevano che dopo 3-5 anni il gregge fosse <strong>di</strong>viso a metà tra<br />

conduttore e proprietario. I proprietari non perdevano però il contatto con il gregge e<br />

<strong>di</strong> tanto in tanto salivano sugli alpeggi per controllarlo. (ASTORI, 1942).<br />

L’origine dei contratti <strong>di</strong> soccida è molto antica. CARISSONI (1985) riferisce <strong>di</strong><br />

numerosi verbali reperibili negli archivi dei paesi della Valleseriana relativi a<br />

contratti <strong>di</strong> soccida risalenti a <strong>di</strong>versi secoli e ne fornisce un esempio datato 28 agosto<br />

1509 in Gorno:<br />

“Giovanni Filippo Abate, <strong>di</strong> Gorno concede a soccida, a Giovanni Accorsi <strong>di</strong> Bertolino,<br />

dello stesso luogo, 46 pecore veronese con un foro all’orecchia destra, che lo stesso

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