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La pecora bergamasca. Storia e presente di una razza ... - Ruralpini

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del latte e <strong>di</strong> concime, onde lo ve<strong>di</strong>amo nel Circondario <strong>di</strong> Bergamo non giungere alla<br />

me<strong>di</strong>a <strong>di</strong> 4, nel Circondario <strong>di</strong> Treviglio neppure a quella <strong>di</strong> 3 per ogni proprietario.<br />

<strong>La</strong> poca lana, che se ne ritrae, serve all'uso delle famiglie che le allevano.<br />

Cap 9 - Nel novecento la crisi continua<br />

<strong>La</strong> crisi dell’allevamento ovino bergamasco doveva però aggravarsi se, nel<br />

censimento successivo del 1908, si contarono nella provincia solo 12.319 capi. Meno<br />

grave, per quanto pari a quasi 10.000 capi, fu invece il calo del patrimonio ovino in<br />

provincia <strong>di</strong> Brescia dove passò da 40.016 a 30.563 capi. Al <strong>di</strong> là dell’atten<strong>di</strong>bilità dei<br />

dati censuari che a seguito dell’introduzione della “tassa bestiame e della<br />

determinazione del pastore a celare il più possibile la consistenza del proprio gregge,<br />

possono risultare fortemente sottostimati, siamo comunque in presenza <strong>di</strong> <strong>una</strong><br />

fortissima contrazione del patrimonio ovino provinciale. Le ragioni <strong>di</strong> questo crollo<br />

devono essere ricercate nella crisi del lanificio (ve<strong>di</strong> Cap.11), ma anche nella sempre<br />

crescente <strong>di</strong>fficoltà <strong>di</strong> reperire pascoli invernali in ragione della rinnovata spinta<br />

dell’agricoltura <strong>di</strong> fine secolo verso la commercializzazione e la specializzazione<br />

delle produzioni che si accompagnava ad <strong>una</strong> incipiente meccanizzazione. Nella<br />

provincia <strong>di</strong> Brescia la superficie investita a leguminose foraggere passò dal 12% dei<br />

seminativi al 44% nel periodo tra il 1860 e il 1909 (ZUCCHINI, 1972). Il numero dei<br />

bovini allevati aumentò <strong>di</strong> conseguenza notevolmente; da 40.993 vacche nel 1881 il<br />

patrimonio bovino della pianura bresciana si elevò a 91.884 nel 1908 (ZUCCHINI<br />

1972). Questa rapida trasformazione comportò un aumento considerevole della<br />

<strong>di</strong>sponibilità <strong>di</strong> letame che agli occhi dei coltivatori <strong>di</strong> pianura rese <strong>di</strong> scarso interesse<br />

il già prezioso apporto <strong>di</strong> “grasso” ovino. D’altra parte la crescente densità del<br />

bestiame ovino nelle zone <strong>di</strong> pianura aumentava il rischio <strong>di</strong> <strong>di</strong>ffusione <strong>di</strong> malattie<br />

infettive e gli ovini, a torto od a ragione, vennero sempre più visti come potenziali<br />

vettori <strong>di</strong> afta epizootica, brucellosi ed altre gravi malattie del bestiame.<br />

Secondo ROTA (1910) uno dei motivi che scoraggiavano la pastorizia <strong>bergamasca</strong> era<br />

da ricercare anche nella tassazione eccessiva che colpiva i pascoli <strong>di</strong> montagna. Uno<br />

dei motivi più importanti che possono aver influito sul declino dell’allevamento<br />

ovino bergamasco era costituito dalla chiusura dei confini svizzeri alle pecore<br />

bergamasche. ROTA (1910) a proposito del “vagantivo” e della introduzione delle<br />

rigide <strong>di</strong>sposizioni legislative in materia afferma che : “E la guerra insistente che si fa<br />

al Vagantivo non è solo vanto italiano; che anzi la Svizzera pare ci abbia preceduto,<br />

prescrivendo facili e frequenti chiusure <strong>di</strong> confine, non solo per gravi fatti, ma per<br />

ogni nonnulla, prendendo qualsiasi pretesto, non sempre nemmeno del tutto<br />

giustificato, per ostacolare il vagantivo”. Questa “guerra” era tale da compromettere<br />

la pastorizia transumante <strong>bergamasca</strong> poiché moltissime greggi si avviavano (già da<br />

secoli) verso i pascoli grigionesi. I greggi bergamaschi, riferisce il ROTA<br />

“Vanno sui monti da metà giugno a metà settembre, elevandosi dai 1900 ai 2500 metri<br />

sul livello del mare, fin quasi presso alle nevi perpetue, iniziando la loro transumanza<br />

verso le alpi solo verso la fine <strong>di</strong> maggio od i primi <strong>di</strong> giugno, arrestandosi in piccola

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