La pecora bergamasca. Storia e presente di una razza ... - Ruralpini
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intanto i progressi agricoli, l’aumento della popolazione, le ricerche per gli eserciti, la<br />
coltivazione de’ gelsi, avevano fatto salire i prezzi dei fieni, fu limitata la pastorizia, e<br />
perciò il prodotto delle lane e la fabbricazione de’ panni”<br />
L’interpretazione che lega la decadenza del lanificio a quella della pastorizia deve<br />
essere però ribaltata. Come vedremo nel Cap.11 furono altri i fattori determinanti<br />
della crisi del lanificio bergamasco fu gravissima nel XVIII secolo e causata della<br />
concorrenza estera, delle politiche protezionistiche degli stati verso cui si <strong>di</strong>rigevano<br />
precedentemente le esportazioni bergamasche nonché da politiche daziarie <strong>di</strong> Venezia<br />
contrarie agli interessi bergamaschi. Nel XVIII secolo però le pecore erano ancora<br />
nunerosissime e non è <strong>di</strong>fficile concludere che fu la pastorizia a subire la crisi del<br />
lanificio e non viceversa. Descrivendo il patrimonio zootecnico della provincia <strong>di</strong><br />
Bergamo nei secoli precedenti il CANTÙ notava che:<br />
“Se vi scarseggiava il bestiame grosso, faceva esuberanza il minuto; la sola Val<br />
Camonica nel 1562, oltre aver centomila pecore, cioè due per in<strong>di</strong>viduo, mandava ogni<br />
anno verso Brescia cinquemila montoni, tre mila vitelli, tremila capretti. Ma dal 1776 al<br />
1803 scemarono fin a ridursi ad un quinto. <strong>La</strong> Val Brembana nel 1617 con 14 mila<br />
abitanti avea 18 mila pecore e 4 mila vacche; quella <strong>di</strong> Scalve con 4 mila abitanti<br />
contava solo mille pecore e 400 vacche; la Val Gan<strong>di</strong>no con 13 mila abitanti contava 24<br />
mila pecore, quasi due per abitante, e vi alimentavano le fabbriche <strong>di</strong> panni. <strong>La</strong> Valle <strong>di</strong><br />
Trescorre con ottomila abitanti noverava 2600 pecore, 2200 buoi, 600 vacche, 100<br />
cavalli, 400 muli. L’intera provincia <strong>di</strong> Bergamo, esclusa la Valcamonica, nel 1776 avea<br />
30,941 tra buoi e vacche, 4471 cavalli, 2711 muli, 2279 asini, 43,183 pecore, 10,610<br />
capre.<br />
Unita la Valle Camonica, si verificarono presso a poco queste somme:<br />
1814 1820 1840 1857<br />
Cavalli 6099 7408 7448 7986<br />
Asini 3503 3068 2879 4508<br />
Muli 3368 2091 2633 2618<br />
Vacche 40787 45144 40277 55640<br />
Buoi 13759 13304 16000 9376<br />
Pecore 84888 63163 57582<br />
Porci 10477 9389 24950<br />
Capre 31834 24728<br />
Vitelli 22299<br />
<strong>La</strong> situazione illustrata era da ricondurre secondo il CANTÙ “Alle agevolate<br />
introduzioni delle lane straniere, alla concorrenza de’ panni della Germania, ed ai<br />
progressi agricoli limitanti il pascolo s’attribuisce il rapido decremento delle pecore”<br />
egli, però non mancava <strong>di</strong> sottolineare come nella prima metà dell’ ‘800 la pastorizia<br />
<strong>bergamasca</strong> rappresentasse ancora un’attività <strong>di</strong> rilievo “.Che ad onta del<br />
<strong>di</strong>ssodamento <strong>di</strong> tanti terreni e del triplicato prezzo del fieno, in causa dell’abolizione<br />
<strong>di</strong> ogni servitù <strong>di</strong> pascolo su terreni privati, sia ancor estesa la pastorizia, si può<br />
argomentare dall’essere usciti nel 1839 dal bergamasco, 55 mila bovini, 45 mila<br />
lanuti. A proposito della produzione <strong>di</strong> lana nostrana il CANTÙ riferisce che: