La pecora bergamasca. Storia e presente di una razza ... - Ruralpini
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della patente sarà esau<strong>di</strong>ta anche se è evidente come già a quest’epoca alcuni comuni<br />
cerchino <strong>di</strong> introdurre il <strong>di</strong>vieto assoluto <strong>di</strong> transito pascolo e persino <strong>di</strong> possesso da<br />
parte <strong>di</strong> residenti <strong>di</strong> capre e pecore. Con la fine del XVI secolo si emanano grida per<br />
stabilire il bando delle pecore per intere provincie. E’ il caso del lo<strong>di</strong>giano dove le<br />
greggi pervenivano seguendo il corso dell’Adda o dalla “Gera d’Adda”, territorio <strong>di</strong><br />
confine tra lo Stato <strong>di</strong> Milano e la Repubblica veneta. <strong>La</strong> Grida del Governatore e<br />
Capitano del 1584 è motivata secondo un cliché destinato a ripetersi nei secoli<br />
successivi da “il gran danno che si sogliono dare et insolenze usate per li Pecorari che<br />
sono nel Lodeggiano con molto periculo de sud<strong>di</strong>ti <strong>di</strong> essere offesi”. Come si vede la<br />
giustificazione è più legata all’or<strong>di</strong>ne e alla sicurezza pubblici che al danno<br />
economico. <strong>La</strong> grida prevede “che niuno <strong>pecora</strong>ro nel avvenire possi venire ne stare<br />
nel territorio lodeggiano e quelli che vi sono fra il termine <strong>di</strong> sei giorni debbano<br />
partire”. <strong>La</strong> pena prevista per i contravventori era <strong>di</strong> tre anni <strong>di</strong> galera. Tale pena<br />
verrà confermata nelle grida del XVII e XVIII secolo <strong>La</strong> grida relativa al lo<strong>di</strong>giano<br />
venne citata nel 1666 per accogliere il ricorso <strong>di</strong> un pastore, tale Paolo Pansera ed<br />
altri cui era stato confiscato il gregge. Venne obiettato dal Governatore e Cap.no<br />
Generale dello Stato <strong>di</strong> Milano che la Gera d’Adda non era stata menzionata dalla<br />
grida e pertanto or<strong>di</strong>nò che “cessi ogni molestia criminale a detti Pastori”. Nel 1762<br />
venne risarcito il pastore Andrea Seghezzi che, sempre a Pan<strong>di</strong>no, era stato<br />
ingiustamente multato pur avendo licenza <strong>di</strong> pascolo; la “giustizia” stabilì che non<br />
c’era stata violenza smentendo gli agricoltori (ecco un caso, ne incontreremo altri in<br />
cui la “malizia” appare usata con dai ma contro i pastori!) .Gli agricoltori <strong>di</strong> Pan<strong>di</strong>noi<br />
per sostenere le loro ragioni, già nel XVII secolo per ottenere l’estensione a Pan<strong>di</strong>no<br />
del bando alle pecore in vigore nel lo<strong>di</strong>giano affermavano che “essi forastieri et<br />
vagabon<strong>di</strong> et nihil havendo che perdere sopra il Stato <strong>di</strong> Milano osano con minacce et<br />
ferite usurpar questi poveri paesi”.<br />
L’atteggiamento degli agricoltori nei confronti dei pastori, che emerge dalla copiosa<br />
documentazione sulle controversie in materia <strong>di</strong> pascolo ovino tra il XVI e il XIX<br />
secolo, non è sempre univoco. In funzione degli orientamenti colturali, della struttura<br />
della proprietà fon<strong>di</strong>aria, dello sta<strong>di</strong>o <strong>di</strong> evoluzione delle tecniche agricole e alle<br />
caratteristiche delle <strong>di</strong>verse regioni agrarie, i rapporti passano da contrasti violenti,<br />
alla convivenza ad <strong>una</strong> vera e propria collaborazione. Nel 1663 il Senatore Conte <strong>di</strong><br />
Vimercate, possessore <strong>di</strong> estesi posse<strong>di</strong>menti nelle Pievi <strong>di</strong> Brivio e <strong>di</strong> Vimercate in<br />
prossimità del fiume Adda e quin<strong>di</strong> del confine con il bergamasco, a seguito delle<br />
Grida che limitavano il pascolo ovino, chiede, al Vicario della Martesana <strong>di</strong> fornirgli<br />
<strong>una</strong> licenza <strong>di</strong> pascolo per 300 pecore “in conformità <strong>di</strong> quello si è degnata concedere<br />
ad altri in quei contorni”. Il Conte afferma che le sue possessioni constano <strong>di</strong> boschi e<br />
brughiere “dai quali non se ne suol ricavare alcun frutto se non con farli pascolare da<br />
pecore dalle quali si ricava il grasso per impinguare gl’altri campi”. In queste zone <strong>di</strong><br />
pianura asciutta ad in<strong>di</strong>rizzo cerealicolo l’impossibilità <strong>di</strong> adottare le tecniche<br />
foraggere della pianura irrigua e la penuria <strong>di</strong> letame, le pecore sono considerate <strong>una</strong><br />
preziosa fonte <strong>di</strong> fertilizzante. Il Vicario, prese informazioni a proposito, accerta che<br />
il Conte possiede 4.000 pertiche <strong>di</strong> terre e molti boschi e brughiera che possono