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La pecora bergamasca. Storia e presente di una razza ... - Ruralpini

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tanto che l’allevamento transumante continuò a basarsi sull’utilizzo del pascolo e che<br />

la presenza delle cassine e delle scorte <strong>di</strong> fieno non cominciarono a caratterizzare<br />

l’allevamento bovino come semipermanente non vi sia stata <strong>una</strong> netta <strong>di</strong>stinzione tra<br />

allevatori <strong>di</strong> bovini e <strong>di</strong> ovini. <strong>La</strong> prova verrebbe fornita da un documento del 1439 in<br />

cui si parla <strong>di</strong> tre “pergamaschi” soliti risiedere nelle possessioni <strong>di</strong> Visano <strong>di</strong> Pietro<br />

Visconti. Uno <strong>di</strong> essi aveva 48 vacche, un altro 60, il terzo 45 più 80 pecore.<br />

Nella possessione <strong>di</strong> Portalbera del Vescovo <strong>di</strong> Pavia nel 1453 alla morte del vescovo<br />

l’inviato ducale rinvenì “circa tremila fassi (oltre 2200 q.li!)de feno ben or<strong>di</strong>nato e<br />

affassonato e misso soto le cassine belle e apte, el quale feno me pare sia promisso ad<br />

alcuni malgari …”. A Gerenzano, nel 1527 vari bergamini dovevano pagare al<br />

commendatario dell’abbazia <strong>di</strong> S.Pietro in Ciel d’Oro lire 438 per 480 fassi <strong>di</strong> fieno;<br />

in queste possessioni si stabiliva che i fittabili fossero obbligati a far pascolare il<br />

bestiame dei malgari sui prati e sui pascoli della possessione stessa. In altre<br />

possessioni vicino a Belgioioso nel 1492 i fittabili dovevano consegnare oltre<br />

all’affitto determinate quantità e <strong>di</strong> formaggio prodotto dai malgari segno che la<br />

presenza dei bergamaschi e il rapporto con i conduttori delle aziende si andavano<br />

stabilizzando. Un’intensa attività <strong>di</strong> ven<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> fieno ai bergamaschi è segnalata anche<br />

in altre località. Nel 1537 in <strong>una</strong> lista <strong>di</strong> 68 “bergamaschi tra forestieri e pavesi” per<br />

52 è in<strong>di</strong>cato il possesso <strong>di</strong> vacche (in totale 3.032), per se<strong>di</strong>ci non si in<strong>di</strong>ca il<br />

bestiame allevato e solo in un caso il bergamasco è espressamente in<strong>di</strong>cato come<br />

“<strong>pecora</strong>io forestiero”.<br />

E’ evidente che nel XVI l’importanza delle vacche da latte sia <strong>di</strong>ventata preminente<br />

in alcune zone più avanzate della “bassa”; ciò non toglie che anche la pastorizia<br />

alpino-padana, in analogia con quanto noto attraverso l’ampia documentazione sulla<br />

transumanza appenninica, abbia continuato a crescere <strong>di</strong> importanza per raggiungere<br />

un culmine nell’età d’oro del XVII secolo. Il restringersi degli spazi utilizzabili per il<br />

pascolo e l’aumento delle greggi transumanti causarono a partire dal ‘500, ma ancor<br />

più nel ‘600, crescenti conflitti <strong>di</strong> cui rimane amplissima testimonianza. Le risposte<br />

delle autorità furono contrad<strong>di</strong>ttorie, ma probabilmente, al <strong>di</strong> là delle carenze politicoamministrative<br />

delle autorità pubbliche, non era facile affrontare un conflitto <strong>di</strong><br />

interessi che, come vedremo, aveva <strong>di</strong>versi risvolti e coinvolgeva grossi interessi<br />

economici e persino i rapporti tra gli Stati assumendo grande rilievo politico. Lungi<br />

dal poter essere interpretato come un semplice scontro tra “poveri” pastori sempre più<br />

al margine delle attività economiche e l’agricoltura in generale, il conflitto intorno<br />

alla transumanza vede spesso schierati dalla parte della pastorizia i Principi, i grossi<br />

proprietari terrieri, le comunità rurali.

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