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La pecora bergamasca. Storia e presente di una razza ... - Ruralpini

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i greggi su terreni incolti non falciabili o su pascoli privati dove il <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> pascolo<br />

era riservato ai proprietari che, in base agli Statuti potevano introdurvi il loro<br />

bestiame o affittarlo. Comuni e Signori riscuotevano sui pascoli comuni l’herbaticum<br />

o il pasquaticum, mentre i pascoli privati venivano affittati con gli stessi criteri degli<br />

alpeggi. Oltre alla riscossione <strong>di</strong> affitti o <strong>di</strong>ritti <strong>di</strong> pascolo ai proprietari spettava il<br />

beneficio delle deiezioni sparse sul pascolo (il “grasso” o “grassina”). Oltre ai <strong>di</strong>ritti<br />

<strong>di</strong> pascolo i pastori dovevano pagare tributi <strong>di</strong> passaggio ai vari comuni, tributi per il<br />

passaggio dei ponti e per la “protezione”. Quest’ultima che, come visto costituiva un<br />

privilegio accordato ai figli <strong>di</strong> Cremoxanus (poi detti Malfiastri) venne avocata dal<br />

Comune <strong>di</strong> Cremona nel 1288 che continuò a riscuoterla anche nel XIV secolo<br />

ricavandone entrate consistenti. Gli Statuti <strong>di</strong> Milano alla fine del XIV stabilivano<br />

però che chiunque potesse introdurre nel territorio <strong>di</strong> giuris<strong>di</strong>zione com<strong>una</strong>le pecudes<br />

senza pagare dazio <strong>di</strong> entrata o <strong>di</strong> uscita e non a caso si faceva l’esempio del bestiame<br />

proveniente da Bergamo. Se però le pecore avessero proseguito verso altre<br />

giuris<strong>di</strong>zioni citta<strong>di</strong>ne (Lo<strong>di</strong>, Pavia, Cremona) avrebbero dovuto pagare 16 denari<br />

terzoli per ogni lira <strong>di</strong> valore del bestiame (CHIAPPA MAURI, 1997). Ciò ci <strong>di</strong>mostra<br />

che al tempo le autorità milanesi cercavano <strong>di</strong> attrarre le greggi bergamasche<br />

esentandole da quel tributo che esse dovevano versare invece a Cremona. Le attività<br />

pastorali sono oggetto <strong>di</strong> regolamentazione e <strong>di</strong> tributi anche da parte dei comuni <strong>di</strong><br />

montagna. Tra questi tributi i più frequenti erano la “gratarola” e il “marzatico”. <strong>La</strong><br />

prima era corrisposta in ragione del possesso <strong>di</strong> bovini, ovini e caprini (animali<br />

ungulati e quin<strong>di</strong> con il piede “a gratarola”. <strong>La</strong> seconda derivava probabilmente dal<br />

mese in cui era riscossa. Esisteva anche <strong>una</strong> “gratarola dei forastieri” che<br />

corrispondeva ad un herbaticum. (CARISSONI, 1985).<br />

Evoluzione delle tecniche agricole e dell’allevamento e implicazioni sulla<br />

transumanza ovina<br />

Sulla fine del XIV secolo si venne affermando il sistema della moderna “piantata<br />

padana” con la <strong>di</strong>visione delle superfici in campi <strong>di</strong> forma regolare, con limiti segnati<br />

da cavedagne e da fossati lungo le cui ripe corrono i filari <strong>di</strong> alberi vitati. Ciò<br />

procedette <strong>di</strong> pari passo con la crescente <strong>di</strong>ffusione del prato artificiale e con<br />

l’aumento dei tagli <strong>di</strong> fieno grazie alla <strong>di</strong>ffusione dell’irrigazione. Il processo iniziato<br />

nelle terre della bassa Lombar<strong>di</strong>a occidentale (milanese, pavese, lo<strong>di</strong>giano) fin dal<br />

secolo XIV si basava sulla eliminazione dell’antica pratica del maggese,<br />

l’introduzione <strong>di</strong> lavorazioni ripetute e <strong>di</strong> concimazioni più frequenti (CHIAPPA<br />

MAURI, 1997) si estese nei secoli successivi anche nel bresciano e nel mantovano.<br />

Sino al ‘700, però, il paesaggio della piantata padana resterà comunque interrotto per<br />

lunghi tratti da vaste <strong>di</strong>stese <strong>di</strong> brughiere, <strong>di</strong> terre sortumose, d’incolti, per non parlar<br />

dei boschi e degli acquitrini (SERENI, 1972). Il processo <strong>di</strong> trasformazione fon<strong>di</strong>aria,<br />

oltre che sulla sud<strong>di</strong>visione regolare dei campi e sulla rete irrigua, si basò anche sulla<br />

crescente integrazione tra allevamento ed agricoltura. Ciò venne realizzato attraverso<br />

investimenti fon<strong>di</strong>ari in nuove cascine che presero il posto delle precarie strutture in

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