La pecora bergamasca. Storia e presente di una razza ... - Ruralpini

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31.05.2013 Views

produceva ancora la stoffa per confezionare i gabà (o gabanòcc), il tradizionale mantello dei pastori. Già da tempo invece non si producevano più i pantaloni e i gilet di sàia un pannolana molto pesante e grossolano. I pastori furono gli ultimi consumatori di questi panni quando già era venuta meno la richiesta di altri prodotti per la cui manifattura era usata la lana delle pecore bergamasche. E’ così scomparsa anche la produzione delle coperte grossolane “di tipo militare” sostituite oggi da coperte calde e leggere prodotte con lane provenienti dall’Australia e dalla Nuova Zelanda (a Gandino sono ancora attivi i copertifici Rudelli e Zambaiti). Sino all’inizio degli anni’90 la lavorazione della lana nostrana trovava sbocco nella produzione dei materassi. Il raggiungimento di nuovi livelli di benessere aveva portato anche le famiglie rurali a sostituire l’uso dei cartocci di granoturco o di altri materiali di origine vegetale, con i materassi di lana. La concorrenza dei materassi in materiale sintetico ha gradualmente ridotto questa importante produzione laniera che è cessata a livello industriale nei primi anni ’90. In ragione delle caratteristiche della lana (capacità di assorbire l’umidità, forte potere isolante) vi è però una crescente domanda di prodotti da letto, diversi dai tradizionali materassi e coperte, che consentono nuovi utilizzi della lana. Si tratta di riempimenti di trapunte, coprimaterassi, cuscini. La lana utilizzata a questi scopi viene cardata e agugliata 1 e ne deriva un telo non tessuto di grande leggerezza che può trovare numerosi impieghi anche grazie alla sovrapposizione di più strati. Altra utilizzazione sono i cosidetti “teli pelliccia” ad imitazione del vello di agnello. Tali prodotti solo utilizzati per produrre teli antidecubito ma anche imbottiture per pantofole. La lana attualmente viene utilizzata anche per la produzione di tappeti e di moquette. Tali produzioni sono presenti anche a Gandino e in bassa Val Seriana ma utilizzano lane come quella delle pecore sarde molto grossolane e non adatte ad altri utilizzi. Le lane bergamasche, così come quelle delle altre razze alpine, trovano sbocco in larga misura presso il già citato Lanificio Ariete di Gandino che produce materiale per imbottiture e utilizza circa un milione di kg di lana succida. La materia prima “nostrana” (costituita da lane provenienti oltre che dalla Lombardia anche dal Piemonte e dal Veneto) rappresenta il 40% di quella totale (il 50% viene importato dall’Inghilterra e il rimanente dall’Italia centrale). Sbocchi secondari della produzione di lana nostrana sono costituiti dalla produzione di feltri industriali che viene realizzata attualmente in bergamasca anche un feltrificio di Gazzaniga. Rispetto ai feltri in materiale sintetico quelli prodotti con la lana sono più resistenti alla temperatura e trovano diverse applicazioni specialistiche (GALLICO, 1993) . La feltrabilità della lana bergamasca rappresenta in questo caso un vantaggio e potrebbe renderla idonea anche per tessuti feltrati, un tipo di produzione tradizionale che, nell’arco alpino, è ancora molto attiva e, oltre tutto, viene spesso realizzata con pecore di tipo derivato dal bergamasco. La possibilità per la lana di recuperare valore è legata sia alla proposta di nuove utilizzazioni basate sull’immagine naturale della lana e alle sue proprietà igieniche e di comfort, ma anche sulla possibilità di sfruttare un “valore aggiunto” di tipicità e di tradizione che rappresenta per molte produzioni 1 operazione meccanica realizzata mediante “uncinatura” dei fiocchi lanosi al fine di favorire il loro intreccio.

agricole l’unica possibilità per sfuggire alla logica del mercato mondializzato e delle produzioni di massa. La capacità della moda dell’abbigliamento di ridare valore a un prodotto come la seta è stata sorprendente e non ci si dovrebbe meravigliare se anche per le lane nostrane si dovesse assistere a riproposte. E’ interessante riportare l’esempio della Sambucana del Piemonte che, sull’orlo dell’estinzione ha saputo riprendere consistenza numerica grazie ad iniziative di valorizzazione commerciale dei prodotti da parte del Consorzio Escaroun (in occitano “piccolo gregge”) che, oltre alla valorizzazione dell’agnello, (UBERTALLE ET AL. 1993) ha recentemente intrapreso quella di prodotti di maglieria realizzati con lane sambucane commercializzate direttamente dagli allevatori (GALLICO, comunicazione personale). La valorizzazione della lana delle pecore trentine per la produzione di coperte tipiche (Federazione Allevatori di Trento) rappresenta un altro interessante esempio di riscoperta di un utilizzo delle lane nostrane per svariate produzioni in grado di trovare valorizzazione nell’ambito di iniziative di promozione turistica o di commercializzazione diretta.

agricole l’unica possibilità per sfuggire alla logica del mercato mon<strong>di</strong>alizzato e delle<br />

produzioni <strong>di</strong> massa. <strong>La</strong> capacità della moda dell’abbigliamento <strong>di</strong> ridare valore a un<br />

prodotto come la seta è stata sorprendente e non ci si dovrebbe meravigliare se anche<br />

per le lane nostrane si dovesse assistere a riproposte. E’ interessante riportare<br />

l’esempio della Sambucana del Piemonte che, sull’orlo dell’estinzione ha saputo<br />

riprendere consistenza numerica grazie ad iniziative <strong>di</strong> valorizzazione commerciale<br />

dei prodotti da parte del Consorzio Escaroun (in occitano “piccolo gregge”) che, oltre<br />

alla valorizzazione dell’agnello, (UBERTALLE ET AL. 1993) ha recentemente intrapreso<br />

quella <strong>di</strong> prodotti <strong>di</strong> maglieria realizzati con lane sambucane commercializzate<br />

<strong>di</strong>rettamente dagli allevatori (GALLICO, comunicazione personale). <strong>La</strong> valorizzazione<br />

della lana delle pecore trentine per la produzione <strong>di</strong> coperte tipiche (Federazione<br />

Allevatori <strong>di</strong> Trento) rappresenta un altro interessante esempio <strong>di</strong> riscoperta <strong>di</strong> un<br />

utilizzo delle lane nostrane per svariate produzioni in grado <strong>di</strong> trovare valorizzazione<br />

nell’ambito <strong>di</strong> iniziative <strong>di</strong> promozione turistica o <strong>di</strong> commercializzazione <strong>di</strong>retta.

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