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31.05.2013 Views

STATO DELL’ARTE DELLA CHIRURGIA LAPAROSCOPICA NELLE ETEROPLASIE COLO-RETTALI R. Pugliese L’avvento della chirurgia videolaparoscopica con il subitaneo successo incontrato dalla colecistectomia condusse i chirughi ad estenderne, in tempi brevi, l’applicazione alla chirurgia colorettale. Tale chirurgia apparve presto come il campo ideale ove la chirurgia mininvasiva poteva continuare a svilupparsi. E’ infatti ormai passato più di un decennio da quando nel 1991 Jacobs eseguì il primo intervento laparoscopico sul colon. Durante questi anni chirurghi in tutto il mondo si sono affacendati al fine di sviluppare ed affinare le tecniche chirurgiche. Da allora molte sono le casistiche in letteratura che hanno dimostrato la fattibilità e riproducibilità della metodica ormai giunta, per i vari tipi di intervento, alla codificazione. I risultati di tali procedure in termini di morbilità e mortalità così come la qualità della vita ad esse correlate sono apparse sovrapponibili, se non migliori secondo vari autori. Tuttavia sono presto sorte profonde controversie circa l’affidabilità della procedura, segnatamente in campo oncologico. Sulla base della letteratura esistente si può certamente affermare che oggi le resezioni colo- rettali palliative e/o radicali sono comunemente eseguite in centri di alta specializzazione ad opera di chirurghi più che sperimentati. Tuttavia mentre le resezioni palliative sono ubiquitariamente accettate e condivise, perché in grado di assicurare la palliazione riducendo al minimo il trauma opeartorio, altrettanto non si può affermare per gli interventi con intento radicale, a maggior ragione quando il tratto patologico sia rappresentato dal retto. Quello che ci si domanda è se l’accesso laparoscopico garantisca in termini di radicalità oncologica, sottoforma di adeguatezza di resezione e correttezza di linfoadenectomia, nonché in termini di complicanze e soprattutto di recidive e sopravvivenza a lungo termine, gli stessi risultati della chirurgia aperta. La letteratura sull’argomento ha sicuramente fornito una risposta adeguata alle prime tre ipotesi formulate nella domanda precedente. 16

E’ stato cioè dimostrato da più autori come i pezzi chirurgici ottenibili in chirurgia laparoscopica siano assolutamente sovrapponibili a quelli della chirurgia aperta con morbilità e mortalità inferiori. Allo stesso modo l’ipotesi sollevata inizialmente da Wexner della maggior frequenza di metastasi parietali sui tragitti dei trocar, ha trovato in numerosi e recenti reports una valida smentita con percentuali di incidenza quantomeno sovrapponibili. Così Chapmann in una systematic review del 2001 su Annals of Surgery riportava una percentuale del1’1.28% non dissimile da due significative serie pubblicate rispettivamente da Hughes nel 1983 e da Reilly nel 1996 su Disease of Colon e Rectum dello 0.81 e 0.64%, in chirurgia aperta. Lo stesso Wexner con Zmora in una ulteriore review sempre del 2001 su Surgical Endoscopy riportava su 1737 pazienti un tasso di port site metastases dell’1%; e molte ancora sono le testimonianze laparoscopiche con tassi inferiori al 1%. Nonostante questo dato confortante nel 2002 compariva su Surgical Endoscopy, ad opera di Wexner e Mavrantonis una ulteriore interessante review basata su un questionario attraverso il quale si è dimostrato un decremento negli ultimi tre anni nella percentuale dei chirurghi americani appartenenti alla North American members of the Society of American Gastrointestinal Endoscopic Surgeons ( SAGES ) ed alla American Society of Colon and Rectal Surgeons che fanno ricorso alla laparoscopica colorettale. Pur essendo l’85% di questi chirurghi dedito alla chirurgia laparoscopica, solo il 48% di questi esegue resezioni laparoscopiche nel 21% dei propi pz; nel 74% dei casi l’intervento laparoscopico è eseguito per patologia diverticolare, nel 68% per polipi e 61 % per adenomi villosi e nel 36% per M. di Crohn. Invece soltanto il15% opera pz con cancro, percentuale che si riduce al l ‘8.5 e 7% nel trattamento del cancro rettale rispettivamente alto e basso, con un numero di interventi comunque limitato. Infine sebbene il 56% dei partecipanti si sarebbe esso stesso sottoposto a procedura laparoscopica per un adenoma villoso del retto, solo il 9% avrebbe fatto altrettanto in caso di patologia maligna rettale. La spiegazione è in parte nella revisione pubblicata da Chapmann nel 2001 su Annals of Surgery. 17

E’ stato cioè dimostrato da più autori come i pezzi chirurgici ottenibili in chirurgia<br />

laparoscopica siano assolutamente sovrapponibili a quelli della chirurgia aperta con morbilità<br />

e mortalità inferiori. Allo stesso modo l’ipotesi sollevata inizialmente da Wexner della maggior<br />

frequenza di metastasi parietali sui tragitti dei trocar, ha trovato in numerosi e recenti reports<br />

una valida smentita con percentuali di incidenza quantomeno sovrapponibili.<br />

Così Chapmann in una systematic review del 2001 su Annals of Surgery riportava una<br />

percentuale del1’1.28% non dissimile da due significative serie pubblicate rispettivamente da<br />

Hughes nel 1983 e da Reilly nel 1996 su Disease of Colon e Rectum dello 0.81 e 0.64%, in<br />

chirurgia aperta. Lo stesso Wexner con Zmora in una ulteriore review sempre del 2001 su<br />

Surgical Endoscopy riportava su 1737 pazienti un tasso di port site metastases dell’1%; e<br />

molte ancora sono le testimonianze laparoscopiche con tassi inferiori al 1%.<br />

Nonostante questo dato confortante nel 2002 compariva su Surgical Endoscopy, ad opera di<br />

Wexner e Mavrantonis una ulteriore interessante review basata su un questionario attraverso<br />

il quale si è dimostrato un decremento negli ultimi tre anni nella percentuale dei chirurghi<br />

americani appartenenti alla North American members of the Society of American<br />

Gastrointestinal Endoscopic Surgeons ( SAGES ) ed alla American Society of Colon and<br />

Rectal Surgeons che fanno ricorso alla laparoscopica colorettale. Pur essendo l’85% di<br />

questi chirurghi dedito alla chirurgia laparoscopica, solo il 48% di questi esegue resezioni<br />

laparoscopiche nel 21% dei propi pz; nel 74% dei casi l’intervento laparoscopico è eseguito<br />

per patologia diverticolare, nel 68% per polipi e 61 % per adenomi villosi e nel 36% per M. di<br />

Crohn.<br />

Invece soltanto il15% opera pz con cancro, percentuale che si riduce al l ‘8.5 e 7% nel<br />

trattamento del cancro rettale rispettivamente alto e basso, con un numero di interventi<br />

comunque limitato.<br />

Infine sebbene il 56% dei partecipanti si sarebbe esso stesso sottoposto a procedura<br />

laparoscopica per un adenoma villoso del retto, solo il 9% avrebbe fatto altrettanto in caso di<br />

patologia maligna rettale.<br />

La spiegazione è in parte nella revisione pubblicata da Chapmann nel 2001 su Annals of<br />

Surgery.<br />

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