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ALIMENTI SICURI - Consumatori - Coop

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in rubricag primo piano<br />

L’indagine di CittadinanzAttiva<br />

Sui farmaci da banco al supermercato i consumatori dicono sì<br />

consumatori<br />

Dopo aver raccolto migliaia di firme, la legge di iniziativa<br />

popolare depositata in Parlamento da <strong>Coop</strong> raccoglie<br />

anche l’ok della stragrande maggioranza dei<br />

cittadini. Interpellati da CittadinanzAttiva su un campione<br />

rappresentativo dell’intera popolazione, otto<br />

italiani su dieci si dicono favorevoli alla vendita dei farmaci<br />

da banco anche nei supermercati. Il 72 per cento<br />

chiede che dietro il banco ci sia però un farmacista<br />

e una percentuale ancora maggiore è contraria all’ipotesi<br />

avanzata dall’Autorità per la concorrenza di<br />

permettere la distribuzione anche attraverso il self-service.<br />

Per quanto riguarda il livello dei prezzi dei farmaci<br />

da banco, tra i responsabili degli aumenti i cittadini<br />

individuano le aziende farmaceutiche (67%) mentre il<br />

63,41% ritiene poco efficaci gli sconti come misura<br />

per contenere i prezzi. Tra le possibili soluzioni indicate,<br />

l’informazione capillare sulle possibilità di sconto,<br />

la riconoscibilità delle farmacie virtuose che applicano<br />

lo sconto e i controlli sulle farmacie per verificare il<br />

tasso di sconto applicato. Ma la palma delle contromisure<br />

nei confronti del caroprezzi è affidata secondo<br />

2005 l’attività legislativa in materia di<br />

servizi professionali ci ha visti praticamente<br />

fermi in compagnia di Cipro,<br />

Finlandia e Svezia. Solo che in Finlandia<br />

e Svezia l’unica categoria iper<br />

regolamentata è quella dei farmacisti.<br />

In Italia siamo in stallo perfetto e da<br />

Bruxelles minacciano l’apertura di<br />

pesanti procedure di infrazione se<br />

non ci mettiamo rapidamente al passo,<br />

in particolare per quanto riguarda<br />

l’abolizione delle tariffe minime delle<br />

prestazioni professionali.<br />

Ed è proprio sui tariffari che si misura<br />

l’incisività di una riforma. Antitrust e<br />

Commissione europea concordano<br />

nel considerare i minimi tariffari un<br />

ostacolo alla libera prestazione di servizi<br />

e alla concorrenza. Gli ordini professionali,<br />

invece, continuano a difenderli<br />

in nome della qualità della<br />

prestazione trascurando il fatto che la<br />

qualità non si può determinare a priori<br />

ma deve emergere al momento dello<br />

svolgimento della prestazione e,<br />

quindi, come in tutti i settori economici,<br />

dal confronto tra prestazioni<br />

analoghe i cui arbitri sono gli utenti.<br />

Ingegneri e architetti lamentano addirittura<br />

che l’assenza di prezzi minimi<br />

possa condurre ad una concorrenza<br />

al ribasso con la conseguente uscita<br />

dal mercato di quei professionisti “più<br />

bravi” che non ritengono abbastanza<br />

congruo il proprio onorario. Non oc-<br />

maggio 2006<br />

corre aver studiato ad Harvard per cogliere<br />

la debolezza di simili argomentazioni<br />

che, in realtà, mascherano un<br />

chiaro intento protezionistico a cui i<br />

consumatori dovrebbero adattarsi<br />

passivamente come hanno sempre fatto.<br />

Insomma, se non si elimina la potestà<br />

tariffaria degli ordini non ci sarà<br />

nessuna riforma seria. Una posizione a<br />

lungo sostenuta da Mario Monti finché<br />

è stato commissario europeo alla<br />

concorrenza e affermava senza mezzi<br />

termini che «nei paesi dove le libere<br />

professioni sono troppo regolamentate<br />

e protette i costi sono molto più alti<br />

e la qualità del servizio peggiore».<br />

Oggi la riforma è impantanata in un<br />

lungo e controverso iter legislativo<br />

che ha preso le mosse durante la scorsa<br />

legislatura dal promettente lavoro<br />

della commissione Vietti senza però<br />

riuscire a superare prevedibili quanto<br />

tenaci resistenze. Uno dei capitoli su<br />

cui non sono mancati gli ostacoli riguarda<br />

le cosiddette riserve di attività<br />

– cioè quelle vere e proprie zone esclusive<br />

che lo stato attribuisce alle categorie<br />

e ai vari ordini professionali -–<br />

molte delle quali non hanno più senso<br />

di esistere, come la certificazione di<br />

alcuni atti notarili o la vendita dei medicinali<br />

da banco esclusivamente nelle<br />

farmacie. Spesso, sotto la copertura di<br />

un presunto interesse pubblico, lo stato<br />

finisce per tutelare meri interessi<br />

23<br />

il 51 per cento degli intervistati alla liberalizzazione<br />

della vendita. Infine, la quasi totalità degli intervistati<br />

dichiara di sapere cosa sono i farmaci generici. «Ne<br />

emerge un cittadino informato, consapevole e che<br />

individua chiaramente nella vendita nella grande distribuzione<br />

uno strumento di concorrenza e di mitigazione<br />

dei prezzi non certo per aumentare il consumo<br />

dei farmaci», ha dichiarato Teresa Petrangolini<br />

segretario generale dei CittadinanzAttiva. «Dal prossimo<br />

Governo – ha concluso – ci attendiamo segnali<br />

precisi che vadano al di là degli interessi di parte al<br />

fine di favorire una reale politica dei prezzi».<br />

«Non possiamo che esprimere soddisfazione per i risultati<br />

del sondaggio civico promosso da CittadinanzAttiva<br />

sulla liberalizzazione dei farmaci da banco». È<br />

il commento di <strong>Coop</strong> che trova risultati in piena sintonia<br />

con la Proposta di Legge di Iniziativa popolare sottoscritta<br />

da oltre 174.000 cittadini, già deositata in<br />

Parlamento e che si auspica sarà inserita quanto prima<br />

all’Ordine del Giorno della Camera dei Deputati nella<br />

nuova legislatura”.<br />

privati che si traducono in evidenti<br />

svantaggi per la collettività in quanto,<br />

frenando la concorrenza, tengono artificialmente<br />

alti i costi.<br />

Ma quanto può pesare la liberalizzazione<br />

delle tariffe nelle tasche dei consumatori?<br />

I vantaggi sarebbero diretti e<br />

indiretti. Quelli diretti sono percepibili<br />

al momento della fruizione del servizio:<br />

se io posso pagare meno della metà per<br />

un’aspirina o un 10 per cento in meno<br />

per una consulenza legale ne traggo un<br />

vantaggio immediato. Se agli avvocati,<br />

per esempio, fosse permesso fornire i<br />

servizi di consulenza fiscale, non sarei<br />

costretto a pagare anche il commercialista.<br />

E così via. Ma c’è un altro aspetto<br />

da considerare. Poiché i principali fruitori<br />

di servizi professionali sono le imprese<br />

e poiché in Italia il costo di questi<br />

servizi è sensibilmente maggiore rispetto<br />

ad altre voci pur soggette a regolamentazione<br />

come l’energia, le telecomunicazioni,<br />

i servizi finanziari, è<br />

logico che i maggiori costi finiscono<br />

poi per scaricarsi sui consumatori finali<br />

in termini di prezzi di beni e servizi.<br />

Insomma, serve un profondo ripensamento<br />

degli ordini il cui compito deve<br />

essere essenzialmente quello di promuovere<br />

la formazione e di vigilare<br />

sulla correttezza dei comportamenti<br />

degli iscritti. Il resto spetta al mercato.<br />

E allora, forse, anche in Italia, il carovita<br />

viaggerà meno velocemente. ■ ■ ■

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