Ventiquattro Magazine, Calzature Masai, 2004 Teatro Filodrammatici, Stagione 2006
L’illustre pensiero Una mattina, durante il mio consueto caffè ristretto ma molto lungo con <strong>Beppe</strong> <strong>Giacobbe</strong>, parlai con lui del disegno di Saul Steinberg, in cui un signore, davanti a un esercito variopinto di punti interrogativi, appare alquanto allibito. <strong>Beppe</strong> esclamò spontaneamente: «Ma certo, Steinberg è un filosofo!». La sua reazione, naturalmente, non si può ricondurre solo al fatto che il disegno allude in modo evidente al dubbio universale di Cartesio, ossia all’inevitabile condizione umana, destinata a un continuo e serrato confronto con domande esistenziali e metafisiche. Un’umanità che, secondo il filosofo, deve sospendere ogni giudizio per giungere a una conoscenza certa. <strong>Beppe</strong>, piuttosto, solleva la questione sul genere stesso dell’illustrazione. Mi domandai, allora, se si possa sostenere che l’illustrazione abbia delle affinità con la grande filosofia, pur essendo così diversa, nella materia (disegno o pittura al posto delle parole), nel linguaggio (visivo invece che verbale), nel procedimento (pratico invece che teoretico) e perfino nelle ambizioni (comunicative invece che scientifiche). Le illustrazioni più convincenti sono indubbiamente quelle che non si limitano a visualizzare degli oggetti del reale o delle tematiche date, ma quelle che riescono a elaborare un pensiero ben preciso. Pensiero che, a sua volta, è stato estratto sinteticamente da una prima fase analitica delle situazioni e dei meccanismi umani, sociali, politici oppure culturali e che si esprime di seguito tramite un paradigma, acquisendo così un valore universale. Non a caso, del resto, la ricca opera di <strong>Beppe</strong> contiene una serie di ritratti di filosofi. Ma dall’illustrazione «intelligente» ci attendiamo un passo ulteriore: la capacità di tradurre con mezzi sensibili — Corriere della Sera, Speciale Festival del Cinema di Locarno, 2004