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Storia della Guerra futura Storia della Guerra Futura

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vecchie macchine di cui gli antichi si sono serviti. Oggi non sono più usate perché<br />

le abbiamo trovate inutili con l’esperienza che ci ha insegnato a romperle a colpi<br />

di cannone e con mine e fuochi d’artificio che gli antichi hanno ignorato” 167 .<br />

Queste parole segnano una vera e propria cesura, uno spartiacque nella nostra<br />

rassegna. Per la prima volta e in modo inequivocabile, l’abbandono di ciò che è<br />

inutile è associato all’idea del progresso: è l’esperienza del progresso tecnologico<br />

che annulla il passato portatore, tra le altre cose, anche di quelle machinae mirabiles<br />

e fantastiche. Nella trattatistica tecnica secentesca, infatti, il “teatro delle<br />

macchine” sostituisce, più che costituire una semplice evoluzione, quel profluvio<br />

di immagini, spesso poco sistematico, dei due secoli precedenti in cui, come<br />

abbiamo visto, si lasciava spazio a una rappresentazione <strong>della</strong> realtà che sapeva<br />

andare oltre il conosciuto. Paradossalmente, fu proprio il secolo <strong>della</strong> “maraviglia”<br />

a infliggere il colpo fatale a quell’approccio all’ingegneria militare che non si vergognava<br />

ma anzi trovava necessario rappresentare anche il sogno e il fantastico.<br />

Un nuovo concetto: l’arma totale<br />

Atti del Convegno maggio <br />

Ma, come un fiume carsico, quella concezione di macchina da guerra fantastica<br />

che viene abbondata a partire dall’età barocca, riaffiora improvvisamente, nel<br />

modo più inaspettato. Fu proprio l’Illuminismo, addirittura con il suo campione,<br />

Voltaire, a tornare a delineare l’impiego di macchina da guerra fantastiche. Il<br />

26 febbraio 1769, in una missiva a Caterina II di Russia, il filosofo francese le<br />

propone di utilizzare nell’imminente guerra contro i turchi una nuova e formidabile<br />

arma che avrebbe condotto non solo alla sconfitta ma anche alla totale<br />

distruzione dell’avversario. Secondo Voltaire, infatti, “non basta fare una guerra<br />

vittoriosa contro questi barbari e poi concluderla con una pace qualsiasi; non<br />

basta umiliarli, bisogna distruggerli.” 168 Queste le parole, davvero avare di illu-<br />

167 OSTUNI 1993, pag. 79.<br />

168 Questa e la successiva citazione <strong>della</strong> lettera di Voltaire (che dichiarava di non voler essere da<br />

meno del monaco ignorante che aveva inventato la polvere da sparo) sono tratte dall’“introduzione”<br />

di Andrea Giardina alla cit. edizione de Le cose <strong>della</strong> guerra, op. cit., pag. IX. Nonostante l’appoggio<br />

del duca di Richelieu e del marchese di Florian, e la presentazione di un modellino di carro<br />

al ministro <strong>della</strong> guerra francese d’Argenson, Luigi XV non aveva preso in considerazione l’impiego<br />

dei carri nella guerra dei Sette Anni. Pressata dalle insistenze del filosofo sull’impiego dei “carri<br />

di Tomiride” nella guerra contro i Turchi, l’imperatrice Caterina gli rispose il 20 maggio 1770 “di

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