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Storia della Guerra futura Storia della Guerra Futura

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Atti del Convegno maggio <br />

do a Osasco; ma il contrattacco <strong>della</strong> cavalleria e dei bersaglieri italiani li travolgeva:<br />

la vittoria era decisiva; le truppe sbarcate, affrontate dalle forze di<br />

Civitavecchia e da quelle uscite da Livorno, non riuscivano nemmeno a reimbarcarsi.<br />

Erano andate perse 60 navi.<br />

Il Carlo de Amezaga, critico a sua volta del critico scrittore terrestre, lo chiamerà<br />

ironicamente “profeta di fortune” in contrapposto al Rossi, “profeta di affanni”,<br />

ma il contrasto non era certo letterario perché si scontravano due diverse<br />

concezioni strategiche, con due diverse ripartizioni <strong>della</strong> spesa militare:<br />

Dorking eleggeva la flotta a custode naturale delle coste, Pinerolo la considerava<br />

soltanto un coefficiente ausiliario 12 . E se nel 1873 La Perseveranza accuserà<br />

Carlo Rossi di avere esagerato nel suo pamphlet, contemporaneamente Nicola<br />

Gavotti chiederà al ministro Riboty di salvare l’Italia “dai draghi marini” 13 .<br />

Garibaldi immaginava invece che si sarebbe combattuto contro un altro nemico.<br />

Nel suo romanzo Manlio, scritto tra il 1876 e il 1878, il protagonista si<br />

propone la missione di distruggere la Marina austriaca: si impadronisce di un vapore<br />

del Lloyd Austriaco che ribattezza Liberatore; con questa nave si presenta a<br />

Napoli, dove si trova la flotta italiana, con l’intenzione di abbordare una corazzata,<br />

questa e altre 15 lo seguono fin dentro il porto di Pola, dove le unità avversarie<br />

vengono catturate; Manlio dispone così di un complesso navale che gli consente<br />

di battere una potente flotta prussiana accorsa nel Mediterraneo, di occupare<br />

isole in Dalmazia, di condurre la guerra di corsa e la guerra di squadra 14 .<br />

Col piano organico del 1876 e il nuovo programma del 1882 la flotta francese<br />

crebbe, provocando nuove paure. Sir Spencer Robinson scrisse che “la potenza<br />

navale dell’Inghilterra è un colosso dai piedi d’argilla” e si chiese se era ancora<br />

vero che la Francia avesse soltanto il secondo sea power del mondo, il comandante<br />

J.R. Colomb ammonì che “una guerra marittima può diventare una<br />

terribile calamità per un impero non preparato”: in quel momento i francesi avevano<br />

in costruzione 39 unità, di cui 13 corazzate; gli inglesi 23, di cui 7 corazzate;<br />

gli italiani 9, di cui 3 corazzate. I navalisti britannici lamentavano che il naviglio<br />

<strong>della</strong> Royal Navy – tradizionale carenza britannica del tempo di pace – fosse<br />

stato lasciato decadere; mentre la Marine Nationale era attrezzata per la guerra<br />

di corsa e la stampa francese ne proclamava il diritto a condurla, malgrado il<br />

contrario impegno sottoscritto al Congresso di Parigi del 1856. Se erano queste<br />

12 FERRANTE 1982.<br />

13 GAVOTTI 1873.

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