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Storia della Guerra futura Storia della Guerra Futura

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<strong>Storia</strong> <strong>della</strong> <strong>Guerra</strong> <strong>Futura</strong> 87<br />

un’apertura verso il fantastico e l’immaginario difficile da ritrovare nell’orizzonte<br />

del pensiero classico romano dei secoli successivi. Un esempio di quest’apertura<br />

al fantastico ce lo offre un episodio che vede protagonista lo stesso<br />

Alessandro il Grande. Nel 332 a. C., le armate macedoni assediano Tiro, protetta<br />

da un formidabile sistema di difese marittime. Per cercare i punti deboli <strong>della</strong><br />

cinta, Alessandro ordina la costruzione di una campana d’immersione nella<br />

quale prende posto egli stesso, allo scopo di esaminare le fondamenta subacquee.<br />

Di per sé una campana d’immersione, per quanto insolita e poco comune, non<br />

è certo una macchina fantastica. Ma questa prospettiva è data dal fatto che, nel<br />

racconto dell’impresa, si narra che Alessandro vide sfilare davanti all’oblò un<br />

pesce talmente grande che ci mise ben tre giorni per passare dalla testa alla<br />

coda 154 .<br />

Questo senso del fantastico tipico dell’età ellenistica aiuta anche a collocare<br />

culturalmente il più significativo “inventore” di macchine da guerra dell’antichità:<br />

Archimede 155 . Incaricato <strong>della</strong> difesa di Siracusa durante l’assedio romano<br />

del 214 a. C., respinse a più riprese le navi di Marco Claudio Marcello, facendo<br />

ricorso a ingegnosi artifici, quali una sorta di gru mobile (“manus ferrea”) che<br />

sollevava le navi nemiche o i celebri specchi ustori 156 che provocavano incendi<br />

a bordo delle imbarcazioni romane. Ad Archimede sono attribuite anche molte<br />

altre invenzioni, tra cui spicca un ingegnoso cannone a vapore, destinato a una<br />

sorprendente fortuna, come vedremo oltre.<br />

Nella trattatistica romana giunta fino a noi si cercherebbe invano una ricchezza<br />

inventiva come quella attribuita ad Archimede. Ad esempio, il libro X del De<br />

architectura 157 è interamente dedicato alle macchine da guerra. L’autore, l’ingegnere<br />

e architetto Marco Vitruvio Pollione, è anche uno specialista di artiglierie<br />

e descrive le macchine da guerra conosciute con estrema precisione e concretezza,<br />

senza alcuna concessione al fantastico o all’esotico. La stessa visione si trova<br />

anche in altri trattatisti militari, come Sesto Frontino o Vegezio, la cui opera,<br />

154 L’episodio è descritto in ROSCOE 1972, pp. 18-19.<br />

155 In questo caso l’impiego del termine “inventore” appare quanto mai appropriato. Lo usa lo stesso<br />

Tito Livio che, in Ab urbe condita, XXIV, 34, definisce Archimede mirabilior inventor ac machinator<br />

bellicorum tormentorum.<br />

156 Li ricordano molti storiografi antichi, tra cui Luciano di Samosata, e il bizantino Giovanni<br />

Zonara in Epitome, XIV, 3. Esistono due tradizioni ormai secolari che sostengono una la realtà storica<br />

degli specchi ustori e l’altra il loro carattere fantastico. CLAUS 1973, pp. 14 e ss.<br />

157 Vitruvii Pollionis De architectura, I-II, ed. T.E. Page, Loeb, Cambridge 1956.

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