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Storia della Guerra futura Storia della Guerra Futura

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<strong>Storia</strong> <strong>della</strong> <strong>Guerra</strong> <strong>Futura</strong> 173<br />

nonostante la ressa. Distribuiscono materiali religiosi. Un gruppo di sostenitori<br />

di Oric si rende particolarmente visibile nell’issare una bandiera e nello scoprire<br />

una lapide. Inneggiano all’eroe. L’11 di luglio non è più occasione di silenzio nè<br />

di meditazione. In pochi vengono in silenzio. In troppi partecipano per poter<br />

dire la propria. Questo fa male alle vittime. Qui sono più importanti le parole<br />

che vengono usate che i loro stessi significati. Pronunciare la parola “genocidio”<br />

non porta più con sè un senso di vergogna umana, non spiazza più il cuore, non<br />

fa vacillare le proprie convinzioni, non fa cadere per terra le armi. Pronunciare<br />

la parola genocidio, qui, significa accettare una connotazione. Se dici genocidio<br />

vuol dire che sei filo musulmano. Se inavvertitamente dici “strage” o “tragedia”<br />

o “massacro” allora sei negazionista, contro la visione ufficiale e filo serbo. Qui<br />

devi stare attento alle parole che usi. E sembra impossibile poter dire a chi indossa<br />

la maglia con Oric “ti prego, non farlo nel mio nome”.<br />

12 luglio 2006. La memoria serbo ortodossa.<br />

È il giorno di San Pietro. Povero Pietro. Salgo a piedi alla chiesa. Alcuni cari<br />

amici, che ricevono meno di 50 euro al mese di pensione, oggi arrotondano e<br />

vengono pagati per esporre uno striscione: “La Repubblica Srpska chiama”. Si<br />

raccolgono le firme per il referendum con il quale si chiederà la separazione <strong>della</strong><br />

Rep. Srpska dalla Bosnia Erzgovina (adesso, Rep. Srpska e Federazione di Bosnia<br />

formano, insieme, la Repubblica di Bosnia Erzegovina). Nel negozietto <strong>della</strong><br />

chiesa, dove si vendono libri di preghiere, candele, rosari, oggi trovo esposto il<br />

libro che racconta di un altro eroe: Ratko Mladic. Eroe nazionale venduto nei<br />

luoghi di culto. Guidò personalmente le operazioni militari che portarono alla<br />

caduta di Srebrenica. Organizzò tutto perfettamente, talmente bene che ancora<br />

oggi non si sa dove siano state sepolte tutte le sue vittime. Nè dove lui stesso si<br />

nasconda. Un vero eroe. Durante la messa si vedono arrivare altre magliette.<br />

Quelle che osservavo ieri avevano lo sfondo bianco con il volto dell’eroe musulmano<br />

nero. Quelle di oggi hanno lo sfondo nero con il volto dell’eroe serbo<br />

bianco. Poveri déi dei balcani. Poveri santi, poveri martiri ortodossi e dell’Islam.<br />

Oggi nessuno straniero è presente. Non ci sono politici né giornalisti né osservatori<br />

né uomini in preghiera. Non è necessario, per le vittime serbe, che si preghi<br />

in inglese. Dopo la messa ci si sposta ancora verso la sala teatrale <strong>della</strong> Dom<br />

Kulture. Parlano solo politici <strong>della</strong> Republika Srpska ed attori e artisti che prestano<br />

le loro abilità alla farsa. Vengono rievocati lutti e drammi. Anche qua si

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