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Storia della Guerra futura Storia della Guerra Futura

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<strong>Storia</strong> <strong>della</strong> <strong>Guerra</strong> <strong>Futura</strong> 171<br />

uomini, mariti, figli, fratelli e padri, per undici anni, rimase e rimane solo la<br />

memoria, ma non un corpo, non una lapide con la quale confrontarsi.<br />

I parenti, oggi, aiutano a scaricare le salme ed organizzano un passaggio di mano<br />

in mano delle bare. Assisto incredulo per alcune ore. Passano così 505 corpi. A<br />

Srebrenica sono scomparse più di 8000 persone. Vengono poggiate per terra all’interno<br />

<strong>della</strong> fabbrica e disposte in righe ordinatissime. L’edificio, enorme, si riempie di<br />

verde.<br />

Sono i giorni <strong>della</strong> memoria.<br />

Credo che la memoria sia la necessità di trovare, da parte di chi è sopravvissuto<br />

a qualcosa di terribile e tragico, un senso possibile a tutto il dolore che il proprio<br />

cuore ha dovuto contenere. Così le donne di Srebrenica accolgono in lacrime<br />

i corpi dei loro uomini identificati e dopo undici anni possono finalmente<br />

sciogliere i loro pianti e tentare di trovare un senso. Li accolgono esattamente lì<br />

dove li videro per l’ultima volta.<br />

Durante i giorni <strong>della</strong> memoria il centro <strong>della</strong> città sembra essere costantemente<br />

bloccato dalle grosse auto. Alla Dom Kulture, sede cittadina di ogni attività<br />

culturale, è in corso una delle tante iniziative nelle quali vengono ricordate<br />

le vittime bosniaco musulmane cadute per mano serba.<br />

Inoltre in questi giorni parte e si sviluppa attraverso i boschi anche la “marcia<br />

<strong>della</strong> morte”. Circa ottocento persone, in cammino per quattro giorni, desiderano<br />

così ricordare i cittadini di Srebrenica che persero la vita nel tentativo di sottrarsi<br />

ai miliziani serbi fuggendo attraverso le montagne. A salutare i marciatori<br />

fa il suo bagno di folla Naser Oric, appena rientrato dall’Aja. In città lo conoscono<br />

tutti. Il suo volto spunta stampato su troppe magliette; ricorda Che<br />

Guevara, barba e posa eroica. Naser, il nuovo eroe.<br />

Gli uffici <strong>della</strong> mia piccola associazione, a Srebrenica, sono ricavati nella ex<br />

caserma <strong>della</strong> polizia. Da qui, secondo l’accusa, Naser sarebbe stato il responsabile<br />

di un sistema di torture, trattamenti atroci ed uccisioni a danno di prigionieri<br />

e di civili che abitavano nei villaggi serbi circostanti, più volte presi d’assalto.<br />

Ciò accadeva tra il 1992 ed il 1995; qualche tempo prima <strong>della</strong> caduta <strong>della</strong><br />

città, tuttavia, il nuovo eroe sparì di scena. Di lui, di fatto non si seppe più molto<br />

fino alla sua ricomparsa all’Aja. Per il Tribunale Penale Internazionale per i crimini<br />

commessi nella ex Jugoslavjia, proprio in questi giorni, è arrivato il<br />

momento di sancire definitivamente il suo eroismo.<br />

Intanto alla Dom Kulture, finita l’iniziativa in memoria delle vittime musulmane,<br />

è il turno <strong>della</strong> celebrazione dell’altra memoria, quella delle vittime serbe

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