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Storia della Guerra futura Storia della Guerra Futura

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<strong>Storia</strong> <strong>della</strong> <strong>Guerra</strong> <strong>Futura</strong> 165<br />

regime sovietico avrebbe anche rischiato un conflitto” 250 – sarebbe, quindi, subentrata<br />

una logica “extrapolitica”, in cui la “scomparsa collettiva per sterminio<br />

fisico” del nemico rappresenta un esito accettabile (se non auspicabile), del conflitto,<br />

e il ricorso ai “mezzi ultimi” per il conseguimento di tale obiettivo una<br />

conseguenza egualmente accettabile degli assunti di partenza.<br />

In questo senso, la caratteristica saliente dei conflitti del dopo guerra fredda, è<br />

proprio la crescente disponibilità delle parti coinvolte a guardare all’eliminazione<br />

fisica del nemico come a una soluzione accettabile e, per molti aspetti, “normale”<br />

e “legittima” dei conflitti stessi. In ciò, esse esprimono una forte contiguità<br />

sia con la tradizione pre-westfaliana <strong>della</strong> “guerra giusta”, sia con l’esperienza<br />

<strong>della</strong> “guerra totale” del periodo 1917-89. Come è stato osservato: “la guerra<br />

civile ha con il diritto un rapporto stretto [e] specificamente dialettico. Essa non<br />

può essere altro che giusta ... nel senso di convinta delle proprie ragioni ..., e<br />

diviene, in tal modo, l’archetipo <strong>della</strong> guerra giusta, e che tale si ritiene, in generale”<br />

251 . La causa dell’allentamento dei vincoli tradizionalmente operanti rispetto<br />

allo scatenamento <strong>della</strong> violenza bellica non è da ricercare tanto nel (presunto)<br />

carattere “atavico” delle “nuove guerre”, nella loro natura “etnica” o “religiosa”<br />

(aggettivi il cui significato è spesso problematico), o in un loro (altrettanto<br />

presunto) fondamento “irrazionale” 252 , quanto nell’incapacità, impossibilità, o<br />

mancanza di volontà delle parti di strutturare ed elaborare le loro richieste (gli<br />

“scopi di guerra”) in termini “politici” e – almeno teoricamente – negoziabili. Le<br />

“nuove guerre”, in altre parole, “non si combatterebbero più per interessi politici<br />

nel senso tradizionale del termine, ma per la giustizia – o per meglio dire per<br />

la propria idea di giustizia –, per la propria religione o per la propria sopravvivenza”,<br />

trasformando così l’avversario, da semplice antagonista (hostis), in “un<br />

inimicus da criminalizzare e da distruggere” 253 .<br />

La tendenza all’assolutizzazione del conflitto che caratterizza il contesto postbipolare<br />

è, quindi, il prodotto di una pluralità di fattori interagenti. Il ricorso a<br />

un linguaggio identitario su base etnica o religiosa come strumento di mobilitazione<br />

e formulazione delle rivendicazioni delle parti in conflitto contribuisce,<br />

entro certi limiti, a spiegare tale fenomeno. Allo stesso modo, l’accresciuta dispo-<br />

250 DEL PERO 2006, pp. 7-8.<br />

251 SCHMITT 1987, p. 59.<br />

252 HILLMAN 2005.<br />

253 JEAN 1997, p. 23.

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