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Storia della Guerra futura Storia della Guerra Futura

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160<br />

Atti del Convegno maggio <br />

Una delle conseguenze che discendono da tale situazione, è la crescente problematizzazione<br />

di alcune delle categorie tipiche <strong>della</strong> guerra, prime fra tutte<br />

quelle inerenti ai soggetti legittimati a porre in atto la violenza bellica, e alle<br />

regole – più o meno formalizzate – che presiedono (o dovrebbero presiedere) il<br />

loro comportamento. La perdita da parte dello Stato di quello che Max Weber<br />

chiamava il “monopolio <strong>della</strong> forza legittima” – che pure aveva rappresentato<br />

uno dei tratti essenziali del suo processo storico di formazione (Finer, 1984) – si<br />

è, infatti, tradotta, da una parte, in una proliferazione dei soggetti substatuali o<br />

parastatuali detentori di un significativo potenziale bellico, dall’altra nella graduale<br />

erosione <strong>della</strong> distinzione – concettuale prima ancora che operativa – esistente<br />

fra civili e militari. Nel sistema dello jus publicum europaeum, basato sulla<br />

preminenza di un diritto internazionale essenzialmente interstatale, la contrapposizione<br />

e la separazione fra le sfere del civile e del militare era in larga misura<br />

espressione <strong>della</strong> contrapposizione e <strong>della</strong> separazione esistente fra sfera interna<br />

e sfera esterna dello spazio politico. In questo senso “[il] carattere ‘esclusivo’ di<br />

ogni aggregazione politica genera l’esistenza ‘normale’ di due aree ben distinte:<br />

in quella interna ... ogni contrasto viene obbligatoriamente risolto dalle istituzioni<br />

giudiziarie create e garantite dal potere politico, oppure da procedure arbitrali.<br />

[Quella] esterna è, invece, quella del conflitto senza limiti ... in cui si estrinseca<br />

la guerra” 237 .<br />

E’ da questa distinzione che si sono sviluppati il diritto di guerra e il diritto<br />

umanitario “classico”, i cui principi sono incorporati nelle convenzioni de L’Aja<br />

e di Ginevra. Obiettivo comune a queste codificazioni è fissare linee di condotta<br />

precise per separare combattenti e non combattenti, assicurando ai primi le<br />

tutele derivanti dal loro status di belligeranti “legittimi”, e ai secondi quelle derivanti<br />

dalla loro collocazione “marginale” rispetto al conflitto in atto. La guerra<br />

“tradizionale” è, anzitutto, guerra limitata e regolamentata. Secondo il diritto di<br />

guerra “classico”, essa “è condotta da Stato a Stato come una guerra di eserciti<br />

regolari, statuali, fra due depositari di uno jus belli, che anche in guerra si rispettano<br />

come nemici e non si discriminano vicendevolmente come criminali, cosicché<br />

una conclusione pacifica è possibile, anzi rimane perfino la normale, ovvia<br />

conclusione <strong>della</strong> guerra” 238 . In questo senso, la limitazione <strong>della</strong> violenza – sia<br />

237 MIGLIO 1988a, pp. 765-766.<br />

238 SCHMITT 2005, p. 19.

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