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lamPadE ElETTriCHE, COSa GUardarE<br />

Nella parte bassa dell’etichetta sono indicati il flusso<br />

luminoso della lampada (cioè la luce emessa) espresso in<br />

lumen, la potenza, espressa in watt, e la durata nominale<br />

media, calcolata in ore. interessante è sapere che per “vita”<br />

media di una lampadina si considera il numero di ore dopo il<br />

quale, in un determinato lotto, considerando 8 accensioni/<br />

spegnimenti nell’arco della giornata, il 70% delle lampade<br />

cessa di funzionare.<br />

se possibile, il quadro si è ulteriormente complicato: ora<br />

che a+ e a++ ma anche a+++ si trovano appiccicate pure<br />

su lavatrici e altri elettrodomestici, la confusione sotto il<br />

cielo comincia ad essere troppa. al punto che la Commissione<br />

europea ha avviato le procedure per la prima revisione<br />

di questo utile strumento, nel quadro più complessivo<br />

delle strategie che sono mirate a ridurre del 20% al<br />

2020 le emissioni di CO². già dal prossimo anno, l’efficienza<br />

energetica potrebbe essere indicata con una semplice<br />

scala numerica crescente, da 1 a 7 o superiore, facendo<br />

così piazza pulita di +, ++, +++, a parte, ovviamente, i prodotti<br />

già in circolazione, che come le targhe delle auto<br />

continueranno a interrogare le nostre conoscenze.<br />

Tornando alle attuali etichette, sotto le frecce colorate<br />

troviamo dei settori orizzontali con una serie d’informazioni<br />

scritte in piccolo. Comuni a tutti gli elettrodomestici<br />

sono le informazioni su consumo energetico,<br />

rumorosità e la suddivisione in classi di efficienza. Per<br />

il resto, tali “schede informative” (anch’esse obbligatorie<br />

per legge) sono tarate sul singolo prodotto: dal<br />

nome della marca a quello del modello, dal numero dei<br />

coperti di una lavastovigie alle stelline che riassumono<br />

la capacità di congelamento dei cibi. e così via, fino ad<br />

arrivare al fiore, simbolo comune della certificazione<br />

europea ecolabel, marchio ecologico di qualità, che ci<br />

rassicura sul dovuto rispetto dell’ambiente. l<br />

31 settembre 2008<br />

consumare informati<br />

la lettera distintiva<br />

della classe<br />

energetica<br />

si trova all’altezza<br />

della freccia<br />

corrispondente<br />

riCariCarSi<br />

lE PilE<br />

delle lampadine a fluorescenza ci siamo occupati con<br />

una guida all’acquisto nel numero di aprile. Ci soffermiamo,<br />

ora, sulle pile ricaricabili, anch’esse “a basso<br />

consumo” (così potremmo definirle) e, in quanto tali,<br />

comprese nella campagna di promozioni <strong>Coop</strong> sul risparmio<br />

energetico. Nell’acquisto di pile, in crescita per<br />

il proliferare degli apparecchi portatili ad alto assorbimento<br />

d’energia, le ricaricabili sono senz’altro da preferire<br />

alle monouso (alcaline o zinco carbone). Consentono<br />

infatti un notevole risparmio economico, maggiore praticità<br />

d’uso e un minore impatto ambientale: basta considerare<br />

che in un anno invece di smaltire 150 pile usa e<br />

getta funzionanti un paio d’ore al giorno, ci si può sbarazzare<br />

facilmente di 2 pile ricaricabili equivalenti, che<br />

dopo tale periodo, un anno, ovvero sopra i 200 cicli di<br />

ricarica, cominciano più velocemente a degradare. le ricaricabili<br />

esauste ci saranno a quel punto costate – tenuto<br />

conto del prezzo, del consumo di corrente e dell’ammortamento<br />

del caricatore – mediamente 12 euro,<br />

un decimo della somma delle 150 alcaline. in commercio,<br />

ormai, si trovano prevalentemente batterie ricaricabili<br />

al Nichel-metal idruro (Ni-mH), migliori delle Nichel-Cadmio<br />

(Ni-Cd) che hanno il problema di un<br />

metallo tossico come il cadmio da smaltire, a fronte,<br />

però, di una maggiore durata nel tempo. le Ni-mH presentano<br />

il grande vantaggio di aver in gran parte risolto<br />

il problema dell’“effetto memoria” (per cui possono essere<br />

ricaricate tranquillamente anche se non completamente<br />

esaurite) e dispongono inoltre di una capacità<br />

doppia, dove per “capacità” si intende quella d’immagazzinare<br />

energia, espressa in milliampère/ora (mah).<br />

Più è alto questo numero (in un range compreso tra 800<br />

a 2.600 parlando di aa e aaa, cioè di stilo e ministilo)<br />

più tempo ci metterà la pila a scaricarsi. a questo punto<br />

servirà un caricabatteria. diffidate dei “superveloci”<br />

che in un quarto d’ora promettono di fare tutto: accorciano<br />

la vita di una pila, oltre a costare più caro. almeno<br />

un’ora è richiesta per una ricarica efficace, pertanto è<br />

cosa buona e giusta premunirsi di una scorta di pile per<br />

le emergenze (se, tuttavia, non vengono usate, le ricaricabili<br />

perdono lentamente energia; per ovviare al problema,<br />

il mercato ha sfornato le cosiddette “ready to<br />

use”). Un altro consiglio utile è usare ricaricabili della<br />

stessa marca e “coetanee”, per fare in modo che perdano<br />

energia e siano sostituite insieme. E ricordatevi di<br />

non mescolare mai, nello stesso apparecchio, le Ni-mH<br />

con le Ni-Cd e nemmeno formati diversi.<br />

oCChio al poRtaFogli<br />

Pile ricaricabili Ni-MH: stilo AA, dai 4 a 6 euro una confezione<br />

da 2 pezzi, 12 euro la confezione da 4 pezzi; ministilo<br />

AAA, da 4 a 6 euro una confezione da 2 pezzi<br />

Caricabatterie: da 9 fino a 30 euro, a seconda della compattezza<br />

e della velocità di carica<br />

(I prezzi sono soggetti alle variazioni di mercato e non considerano<br />

offerte e promozioni)

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