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abitare e vivere le nostre città.<br />

Proprio oggi che la parola sostenibilità<br />

è sulla bocca di tutti e che sulla<br />

retorica dell’eco-compatibilità si fondano<br />

progetti e realizzazioni di ogni<br />

sorta, queste immagini risultano<br />

estremamente attuali e ci possono<br />

dare una mano a riscoprire il significato<br />

più profondo dei luoghi in cui<br />

viviamo, ad andare alla radice di<br />

pratiche arcaiche come quella del<br />

costruire, di cui oggi si rischia talvolta<br />

di perdere il senso nei convulsi e<br />

frenetici processi di urbanizzazione<br />

del pianeta.<br />

Queste affascinanti testimonianze –<br />

oggi ritenute paesaggi d’eccellenza -<br />

non rispondevano ad altro che alla<br />

primordiale esigenza dell’uomo di<br />

costruirsi un nido, un rifugio per<br />

cercare protezione dalle intemperie,<br />

dagli animali, da altri uomini.<br />

Ciò che caratterizza maggiormente<br />

l’aspetto di questi luoghi è la straordinaria<br />

integrazione tra contesto<br />

geomorfologico e antropizzazione.<br />

Forme degli edifici e forme del territorio<br />

si situano in una stupefacente<br />

consequenzialità. Si tratta di insediamenti<br />

che nascono nel territorio e<br />

dal territorio, in una sorta di totale<br />

simbiosi con la tettonica del sito: il<br />

suolo, le rocce, i rilievi non sono<br />

considerati ostacoli da superare ma<br />

al contrario elementi essenziali nell’organizzazione<br />

degli spazi e nella<br />

strutturazione del costruito.<br />

L’organizzazione logica degli spazi,<br />

la razionalità di ogni scelta costruttiva,<br />

l’utilizzo intelligente di materiali<br />

reperiti in loco danno vita ad archi-<br />

tetture che diventano veri e propri<br />

paesaggi, un tutt’uno con il suolo,<br />

una composizione armoniosa in cui<br />

si intrecciano elementi naturali e antropici<br />

e in cui è ormai impossibile<br />

distinguere l’uno dall’altro.<br />

L’armonia che oggi noi percepiamo<br />

nell’osservare questi luoghi nasce<br />

proprio dal fatto che i materiali e le<br />

azioni del costruire fossero il frutto<br />

di misura, necessità, intelligenza. La<br />

fatica richiesta per la posa di ogni<br />

singola pietra richiedeva una saggia<br />

e consapevole ottimizzazione delle<br />

risorse e dei gesti. I vincoli imposti<br />

dalla disponibilità limitata di materiali,<br />

dalle qualità tecnologiche degli<br />

stessi, dai limiti muscolari di uomini<br />

e bestie, dalle caratteristiche orografiche<br />

e ambientali, suggerivano una<br />

“giusta misura” che sottendeva costantemente<br />

alla progettazione e alla<br />

realizzazione degli edifici e che si<br />

traduceva, da un punto di vista estetico,<br />

in una sorta di continuum con<br />

la geomorfologia dei luoghi. Una<br />

sorta di architettura organica spogliata<br />

di ogni retorica, in cui la razionalità<br />

costruttiva – che richiede naturalmente<br />

chiarezza strutturale e<br />

compositiva – viene declinata in modo<br />

specifico rispetto alle condizioni<br />

imposte dai diversi terreni con cui ci<br />

si misura. Architetture adattabili che<br />

– attraverso anche minimi aggiustamenti<br />

– mettono in forma una sorprendente<br />

coerenza tra il dentro e il<br />

fuori, tra la parte e il tutto, tra<br />

il naturale e l’artificiale.<br />

In estrema sintesi – da un<br />

punto di vista squisitamen-<br />

te compositivo – si possono individuare<br />

due approcci differenti ma<br />

complementari che caratterizzano<br />

queste primitive costruzioni.<br />

In primis, realizzazioni in cui il sottosuolo<br />

viene adattato per “sottrazione”<br />

alle esigenze funzionali umane<br />

per dar vita a una sorta di architettura<br />

in negativo. Si pensi alle abitazioni<br />

ricavate nelle cavità naturali<br />

e nelle grotte, oppure a quegli spazi<br />

scavati nel sottosuolo o ancora<br />

svuotando e modellando la superficie<br />

terrestre.<br />

Diversamente, vi sono insediamenti<br />

realizzati aggiungendo solo pochi e<br />

minimali elementi alle forme originali<br />

del suolo. Un tetto, un architrave,<br />

un muro, un solaio, sono talvolta<br />

sufficienti per dare vita a un’organizzazione<br />

degli ambienti molto articolata,<br />

in grado di tenere assieme<br />

funzioni e modalità di fruizione dello<br />

spazio estremamente diversificate,<br />

in cui il “dentro” e il “fuori” fanno<br />

parte della stessa architettura.<br />

Generalmente si tratta di modalità<br />

costruttive come si è detto complementari,<br />

in cui ciò che si toglie da<br />

una parte viene riutilizzato dall’altra,<br />

al fine di ottimizzare gli sforzi e le risorse.<br />

È il caso ad esempio dei paesaggi<br />

terrazzati, in cui le operazioni<br />

di scavo e di riporto rimodellano<br />

completamente la parte più superficiale<br />

del terreno creando una sorta<br />

di nuovo suolo artificiale.<br />

Queste straordinarie realizzazioni<br />

sono state<br />

da sempre accuratamente<br />

stu-<br />

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