Racconti pubblicitari: da Carosello all'advertainment - Patrizia Musso
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<strong>Racconti</strong> <strong>pubblicitari</strong>: <strong>da</strong> <strong>Carosello</strong> all’advertainment<br />
Articolo di <strong>Patrizia</strong> <strong>Musso</strong> pubblicato presso la rivista Dialoghi, ANNO VII, n. 4 –dicembre 2007, pp. 92-95.<br />
L’italianità resta un tema e un problema di fondo dell’intero complesso della comunicazione<br />
d’impresa, sempre più ripetitiva e iterativa. A farne le spese è la qualità, la vocazione estetica,<br />
l’innovazione del design che contraddistinguono l’immaginario, ma anche l’identità, del nostro<br />
Paese.<br />
Sono passati ormai 30 anni <strong>da</strong>lla fine di <strong>Carosello</strong>, lo spazio che in Italia sancisce la nascita<br />
della comunicazione <strong>pubblicitari</strong>a televisiva.<br />
Nonostante le grandi evoluzioni subite e introdotte <strong>da</strong>l linguaggio <strong>pubblicitari</strong>o, riteniamo che<br />
<strong>da</strong> qualche tempo si possano rintracciare alcuni elementi di “caroselliana” memoria negli spot<br />
odierni; come cercheremo di mostrare, si tratta a volte di veri e propri punti di forza della<br />
comunicazione d’impresa contemporanea, altre volte di punti di debolezza.<br />
Ci riferiamo, in primo luogo, alla dimensione del format.<br />
<strong>Carosello</strong> si costituisce come uno spazio altamente particolare per la fisionomia che lo<br />
contraddistingue: una parte iniziale costruita attorno a una ministoria <strong>pubblicitari</strong>a in sé<br />
conchiusa (della durata di 1’ e 45”) composta <strong>da</strong> scenette, azioni drammatiche, balletti, numeri<br />
musicali. Per <strong>da</strong>r vita a queste “storie <strong>pubblicitari</strong>e” si iniziano a reclutare attori di teatro, di<br />
cinema e comici della rivista come Eduardo e Peppino De Filippo, Sandra Mon<strong>da</strong>ini, Raimondo<br />
Vianello, Ugo Tognazzi, veri e propri precursori del testimonial degli anni Ottanta; di<br />
conseguenza, si trasferiscono sul piccolo schermo i siparietti <strong>da</strong> avanspettacolo, utilizzando le<br />
battute più conosciute <strong>da</strong>l pubblico, quelle che le riviste in tournée avevano portato in giro di<br />
città in città.<br />
Nascono, poi, veri e propri minifilm <strong>pubblicitari</strong> come la saga inaugurata <strong>da</strong>ll’attore di teatro<br />
Ubaldo Lay che interpreta il tenente Sheri<strong>da</strong>n per promuovere l’“aperitivo vigoroso” ricalcando<br />
il modello del poliziotto americano d'azione.<br />
E’ solo nel cosiddetto “codino” di 30 secondi che si può parlare del prodotto, invitando<br />
esplicitamente i consumatori all’acquisto.<br />
Per un ventennio, quindi, la comunicazione <strong>pubblicitari</strong>a viene costruita in modo che<br />
spettacolo e informazione commerciale siano separati nettamente ed è l’attore famoso che,<br />
con la sua recitazione, le sue battute e macchiette, contribuisce a intrattenere il teleconsumatore,<br />
a farlo divertire.<br />
Questa rigi<strong>da</strong> bipartizione che segna l’originalità di <strong>Carosello</strong> sarà poi una delle cause della<br />
sua chiusura nel 1977, quando i creativi sentono l’esigenza di avere a disposizione uno spazio<br />
di comunicazione maggiormente flessibile e declinabile secondo le diverse esigenze del<br />
committente.<br />
A 50 anni <strong>da</strong> <strong>Carosello</strong>, è possibile rintracciare nuovamente sui nostri schermi questo format,<br />
seppur con le dovute differenze imposte <strong>da</strong>l tempo trascorso e <strong>da</strong>lle innovazioni (tecnologiche,<br />
linguistiche, comunicative…) raggiunte <strong>da</strong>l mezzo stesso. Proprio agli inizi del Duemila, due<br />
fenomeni paiono particolarmente significativi <strong>da</strong>l nostro punto di vista: <strong>da</strong> un lato, la crisi dei<br />
brand dovuta al sovraffollamento mass mediale e all’esplosione quantitativa dell’offerta<br />
commerciale; <strong>da</strong>ll’altro lato, l’improvviso aumento d’interesse per la fiction e la serialità di<br />
ampio respiro nel pubblico italiano, un fenomeno che dà perfino vita a un filone di serie e<br />
serials prodotti e realizzati nel nostro Paese.<br />
Sulla scorta di questi elementi nasce l’advertainment 1 , ovvero una forma di pubblicità che<br />
inserisce il prodotto/servizio <strong>da</strong> promuovere in una storia a puntate; il tutto ruota attorno a<br />
uno o più personaggi noti/testimonial che più che mostrarsi come “garanti” (secondo una<br />
formula discorsiva in auge soprattutto negli spot degli anni Ottanta/Novanta) si palesano come<br />
1<br />
Per ulteriori approfondimenti cfr. P. <strong>Musso</strong>, I nuovi territori della marca, FrancoAngeli, Milano, 2005.<br />
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advertainer, ovvero raccontatori di storie. Una sorta, quindi, di bardo della tribù in versione<br />
contemporanea.<br />
L’obiettivo della comunicazione <strong>pubblicitari</strong>a diviene quello di far divertire il pubblico, di<br />
intrattenerlo attraverso racconti “sponsorizzati” <strong>da</strong> questo o quel brand, che appare<br />
ovviamente alla fine di ogni singola “puntata <strong>pubblicitari</strong>a”.<br />
Ecco allora Christian De Sica nei panni del vigile Persichetti, l’inedito duo di calciatori Totti e<br />
Gattuso trasformati in accoglienti padroni di casa, l’altrettanto inedito duo Fiorello e Mike<br />
Bongiorno titolari di un ristorante, lo smemorato naufrago Gigi Proietti in viaggio su una<br />
moderna love boat, la famigliola capitanata <strong>da</strong> Diego Abatantuono ed Elena Sofia Ricci che a<br />
tratti ricor<strong>da</strong> la recente fiction tv “I Cesaroni” (di cui l’attrice era oltretutto proprio<br />
protagonista).<br />
Quindi, <strong>da</strong>l punto di vista formale, <strong>Carosello</strong> e gran parte della pubblicità odierna mostrano<br />
significativi punti di contatto: storie brevi, interpretate per la maggior parte <strong>da</strong> attori comicobrillanti<br />
che assolvono pienamente la funzione di svago e intrattenimento.<br />
Un fenomeno che, in qualche modo, cerca di modificare il tradizionale sillogismo<br />
spot=fastidio=zapping. Gli spot contemporanei cercano, allora, di mostrare una nuova faccia:<br />
legano in un unico filo i singoli messaggi, interrelandoli fra loro in un gioco di continui rimandi.<br />
Si <strong>da</strong>’ vita alla fiction <strong>pubblicitari</strong>a, alla quale il consumatore potrà affezionarsi come a qualsiasi<br />
altro programma televisivo seriale (l’importante è che sia messo nelle condizioni di capirne la<br />
differenza).<br />
La pubblicità seriale ricorre così a un modello di ripetizione intertestuale tipico della<br />
comunicazione mass mediale: ripropone temi e formule discorsive già sperimentate e<br />
verificate, una strategia che consente di stabilire con il telespettatore/consumatore un rapporto<br />
comunicativo chiaro e non ambiguo. L’abilità dei creativi sta nel modificare, di puntata in<br />
puntata, il livello superficiale e narrativo dei testi, senza però intervenire sui modelli di senso<br />
propri del livello profondo dello spot.<br />
§<br />
Un secondo punto d’attenzione è quello più prettamente semantico. Le micro storie di<br />
<strong>Carosello</strong> costituiscono un patrimonio sociale di notevole interesse: messe una in fila all’altra,<br />
consentono di ricostruire, come pezzi di un puzzle, le differenti sfaccettature dell’identità<br />
italiana propria di quel periodo. Questi cortometraggi, infatti, visti nel loro insieme, consentono<br />
di far scaturire <strong>da</strong>i caratteri propri dell’identità locale (la “napoletanità” dei De Filippo, di Totò e<br />
Nino Taranto, la “torinesità” di Macario, la “milanesità” di Bramieri…) l’identità nazionale;<br />
l’identità italiana si costituisce, dunque, per coesione delle singole identità locali 2 . Come<br />
dichiarò a quei tempi lo stesso Eduardo: “in questo mondo dell’oro ci inserimmo noi, i De<br />
Filippo, rappresentanti di un’Italia povera che a fatica cercava di tenere il passo dell’epoca, che<br />
per forza di cose finiva col fare il verso al banchetto altrui. Il teatro con noi diventava vita,<br />
commedia della vita che è sempre buffa e tragica insieme” 3 .<br />
Nella comunicazione <strong>pubblicitari</strong>a di <strong>Carosello</strong>, dunque, emerge la forte presenza di elementi<br />
di “italianità”.<br />
Oggigiorno, gli spot sono certamente più attenti e rispondenti a precise strategie di marketing<br />
e scarsamente interessati a restituire uno spaccato dell’“italianità”, anche se il più delle volte<br />
sono rivolti a un target nostrano. Le storie <strong>pubblicitari</strong>e di oggi sono più effimere e leggere,<br />
maggiormente interessate a far circolare “doppi sensi” che non “un senso secondo” (sociale e<br />
valoriale) nell’architettura comunicativa.<br />
§<br />
2<br />
Un ulteriore elemento che rimarca l’“italianità” di <strong>Carosello</strong> è rappresentato <strong>da</strong>lla sigla della rubrica, una tarantella<br />
attinta al repertorio napoletano, sigla che nel 1974 viene rinnovata con la rappresentazione visiva di quattro famose<br />
piazze di città italiane, rappresentazione che veicola una forte dimensione locativa della pubblicità propria di quel<br />
periodo.<br />
3<br />
K. Ferri, Spot…, op. cit., p. 8<br />
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Si assiste allora a una serie di paradossi. In primo luogo, la comunicazione <strong>pubblicitari</strong>a ha<br />
l’esigenza di essere continuamente creativa e innovativa, quindi sempre diversa <strong>da</strong> se stessa e<br />
<strong>da</strong>i competitor, ma con la scelta dell’advertainment - che ricalca il format di <strong>Carosello</strong>- essa<br />
diventa ripetitiva e iterativa per poter creare degli appuntamenti, quindi dei legami più saldi,<br />
con i propri consumatori nell’ottica della fidelizzazione imposta <strong>da</strong>l marketing.<br />
In secondo luogo, l’italianità resta un tema e un problema di fondo dell’intero complesso della<br />
comunicazione d’impresa, in un mercato come quello odierno sempre più dominato <strong>da</strong>l<br />
fenomeno della complessità che spesso fa dimenticare la capacità creativa, ma anche la<br />
propensione imprenditoriale, la dotazione culturale, il gusto della qualità, la forza della<br />
tradizione e la vocazione estetica, l’innovazione del design che contraddistinguono<br />
l’immaginario, ma anche l’identità, del nostro Paese.<br />
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