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Caselli/ La politica e la giustizia - I Siciliani giovani

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Conclusione: <strong>la</strong> presenza, scontata, di<br />

Peppino al Consiglio Comunale, sarebbe,<br />

senza dubbio servita a documentare, con<br />

dati più precisi, le accuse sul<strong>la</strong> gestione<br />

amministrativa locale, dati i suoi poteri<br />

di consigliere.<br />

Dette accuse, formu<strong>la</strong>te durante i comizi<br />

o per via radio, potevano essere anche<br />

ignorate dalle autorità, una volta ufficializzate<br />

in Consiglio comunale con interrogazioni,<br />

interpel<strong>la</strong>nze, interventi,<br />

avrebbero inevitabilmente avuto ben altra<br />

efficacia: infatti, sulle stesse, né il<br />

Consiglio comunale né le autorità avrebbero<br />

potuto omettere un’indagine formale:<br />

Peppino Impastato consigliere comunale<br />

sarebbe stato ben più pericoloso di<br />

Peppino Impastato semplice militante comunista.<br />

Egli è stato ucciso proprio nel<br />

www.isiciliani.it<br />

momento in ci stava conquistandosi<br />

quel consenso popo<strong>la</strong>re,<br />

confermato dal<strong>la</strong> numerosa<br />

presenza di ascoltatori ai suoi<br />

comizi e dai risultati del<strong>la</strong> domenica<br />

successiva al<strong>la</strong> sua morte,<br />

quando, com’è noto, <strong>la</strong> lista di<br />

Democrazia Proletaria ha ottenuto<br />

il 6,5% di voti e Impastato ha<br />

riportato il maggior numero di<br />

suffragi, risultando eletto.<br />

Per qualsiasi altra delucidazione<br />

i redattori di Radio Aut e i militanti<br />

di D.P. di Cinisi si ritengono<br />

a disposizione del<strong>la</strong> S.V.<br />

<strong>La</strong> Redazione di Radio Aut”<br />

Una grande umanità<br />

Di Rocco Chinnici si ricorda <strong>la</strong><br />

sua grande umanità, pari al<strong>la</strong> severità<br />

con cui istruiva i processi<br />

contro i mafiosi, <strong>la</strong> sua capacità di<br />

entrare all’interno dell’animo di<br />

coloro che stava interrogando e di<br />

trattare con riservatezza gli elementi delle<br />

sue indagini. Nel 1986 il giornalista<br />

Alberto Spampinato, nel Calendario del<br />

popolo, riferiva che, in un colloquio con<br />

Chinnici, a proposito del caso Impastato,<br />

questi gli aveva detto: “Ce <strong>la</strong> metto tutta.<br />

E’ come se avessero ucciso mio figlio”.<br />

E’ davvero emblematico un pensiero<br />

espresso da Chinnici e al quale si sono<br />

ispirati tutti i giudici che ne hanno raccolto<br />

l’eredità: “<strong>La</strong> cosa peggiore che<br />

possa accadere è essere ucciso. Io non ho<br />

paura del<strong>la</strong> morte e, anche se cammino<br />

con <strong>la</strong> scorta, so benissimo che possono<br />

colpirmi in ogni momento. Spero che, se<br />

dovesse accadere, non succeda nul<strong>la</strong> agli<br />

uomini del<strong>la</strong> mia scorta. Per un Magistrato<br />

come me è normale considerarsi<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 63<br />

“Una paura fondata”<br />

di giro”<br />

nel mirino delle cosche mafiose. Ma questo<br />

non impedisce né a me né agli altri<br />

giudici di continuare a <strong>la</strong>vorare”. Purtroppo<br />

<strong>la</strong> sua era una paura fondata.<br />

Aveva <strong>la</strong> precisa convinzione che<br />

all’interno del pa<strong>la</strong>zzo di <strong>giustizia</strong> esistessero<br />

talpe, funzionari, legali e magistrati<br />

al servizio del<strong>la</strong> mafia. Scriveva di<br />

suo pugno i verbali, evitando di ricorrere<br />

al segretario. Nel suo diario, pubblicato<br />

dal Giornale di Sicilia dopo <strong>la</strong> sua morte<br />

e troppo frettolosamente tolto dal<strong>la</strong><br />

circo<strong>la</strong>zione, ci sono una serie di considerazioni<br />

e riflessioni amare sugli intrecci<br />

tra alcuni magistrati suoi colleghi e i<br />

mafiosi.<br />

Nel suo libro “Mafia” Enzo Guidotto<br />

racconta che, quando Chinnici e Gaetano<br />

Costa dovevano scambiarsi delle idee o<br />

par<strong>la</strong>re di cose riservate, si mettevano in<br />

ascensore pigiando più volte i pulsanti<br />

del sali e scendi, mentre comunicavano.<br />

Chinnici e Gaetano Costa<br />

Rocco Chinnici fu ucciso il 29 luglio<br />

1983 con una Fiat 127 imbottita di esplosivo<br />

davanti al<strong>la</strong> sua abitazione in via Pipitone<br />

Federico a Palermo, all'età di cinquantotto<br />

anni. Morirono con lui<br />

nell’esplosione il carabiniere Mario Trapassi,<br />

l'appuntato Salvatore Bartolotta,<br />

componenti del<strong>la</strong> sua scorta, e il portiere<br />

dello stabile Federico Stefano Li Sacchi.<br />

Ad azionare il detonatore che provocò<br />

l'esplosione fu il killer mafioso Antonino<br />

Madonia.<br />

Senza nul<strong>la</strong> togliere a Falcone e a Borsellino<br />

e ad altri giudici vittime del<strong>la</strong> mafia,<br />

possiamo considerarlo <strong>la</strong> più alta<br />

espressione del<strong>la</strong> magistratura in Sicilia.

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