Caselli/ La politica e la giustizia - I Siciliani giovani

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www.isiciliani.it Sicilia Alcamo: epidemia di bombe Nella geografia criminale siciliana la zona di Alcamo è strategica di Francesco Appari e Giacomo Di Girolamo www.marsala.it E' una zona cuscinetto, un'area che sta a metà tra i mandamenti mafiosi storici di Palermo e Trapani, che ha avuto sempre regole sue, godendo di uno stato di "terzietà" rispetto agli affari mafiosi. Non è un caso che tra Castellammare ed Alcamo abbiano trovato riparo fior di latitanti, da Brusca a Messina Denaro e che in tempi non lontani ci siano stati gli episodi più violenti delle guerre di mafia che hanno caratterizzato la storia di Cosa nostra. Il 2013 qui è cominciato con un'escalation di attentati incendiari a case di imprenditori, auto, abitazioni estive. Con il corredo di soliti avvertimenti: bottiglie incendiarie davanti casa, mazzi di fiori, etc. "E' come se d'improvviso fosse mutato qualcosa - dicono gli investigatori -, come se ci fosse una nuova banda in azione, che vuole farsi conoscere, imporre il suo pizzo". Sono soprattutto le aziende edili ad essere state colpite. Il 2 febbraio hanno incendiato un escavatore di una impresa di movimento terra. Pochi giorni prima un altro attentato incendiario, sempre a dei mezzi di un’impresa edile. E poi ancora fiamme ad alcune auto, gomme tagliate, danni alle carrozzerie ad altri imprenditori e professionisti. Tutto in serie. Con un’escalation incredibile nelle ultime settimane. Il clima ad Alcamo e Castellammare è teso. Dopo l’ennesima intimidazione, un centinaio tra commercianti ed imprenditori hanno sfilato in corteo ad Alcamo per dire no al racket. Il loro striscione era chiarissimo: "Alcamo unita contro il racket". Anche il Sindaco di Castellammare, Marzio Bresciani, si è fatto sentire: "Questa comunità non è più disposta a tollerare i continui atti di qualcuno che persegue fini criminali - ha detto - . E’ inconcepibile ed inaccettabile che si voglia portare questa città indietro nel tempo”. Già, indietro nel tempo. In questi momenti a molti viene in mente la storia di Gaspare Stellino. Era titolare di una torrefazione nel centro di Alcamo. Taglieggiato, fino all’osso. Il 12 settembre del 1997 Stellino si impicca nella casa di campagna. Lo stesso giorno avrebbe dovuto testimoniare contro i boss di Alcamo, Melodia, che gestivano l’intenso giro di estorsioni a commercianti e imprenditori. Gli stessi che poi non alzarono un fiato di indignazione dopo il suicidio del collega. Il silenzio dei taglieggiati “Il pensiero di dover testimoniare contro i presunti boss del racket ad Alcamo lo atterriva, lo rendeva ansioso e teso, anche se cercava di non far trasparire nulla per non fare preoccupare la famiglia”, raccontò il figlio Isidoro. Non ebbe il coraggio di raccontare tutto, si sentiva solo, Stellino. E poco dopo, Alcamo tornò nel suo silenzio dei taglieggiati. E nel frastuono delle sirene delle varie operazioni antimafia, che via via decapitavano i clan. L'ultima operazione antimafia nella zona risale allo scorso giugno: “Crimiso”. Furono arrestate 12 persone accusate di associazione mafiosa, estorsione aggravata, incendio aggravato, violazione di domicilio e violazione delle misure di sorveglianza speciale. In cella sono finiti anche tre imprenditori. L'inchiesta, coordinata dal procuratore aggiunto della Dda di Palermo, Teresa Principato, e dai pm Paolo Guido, Marzia Sabella, Carlo Marzella e Piero Padova, ruotava attorno alle cosche del mandamento mafioso di Alcamo e dei clan di I Sicilianigiovani Sicilianigiovani – pag. 44 Castellammare del Golfo e Calatafimi. Dall'inchiesta, che ha portato alla scoperta dei vertici delle cosche, è emersa una spaccatura all'interno della famiglia mafiosa di Castellammare: un gruppo di uomini d'onore che faceva riferimento a Diego Ruggeri, pregiudicato e sorvegliato speciale, avrebbe preteso il pizzo senza chiedere l'autorizzazione al capomafia Michele Sottile che, per “anzianità”, sarebbe stato il capo naturale del clan. Per evitare che scoppiasse una guerra di mafia e dirimere le controversie da altri due uomini d'onore coinvolti nel blitz, Antonino Bonura e Rosario Leo, venne convocata una riunione tra i vertici delle famiglie di Alcamo, Castellammare e Calatafimi. Diverse le estorsioni emerse dall'inchiesta: i clan riscuotevano il pizzo da ristoranti, bar, imprese di costruzioni facendo precedere le richieste estorsive da danneggiamenti e attentati incendiari. Oltre a chiedere somme di denaro alle vittime, i boss imponevano assunzioni di loro protetti e costringevano professionisti - è il caso di un dentista - a rinunciare al pagamento delle parcelle per cure fatte a un complice del capomafia Diego Ruggeri. Gli inquirenti hanno anche scoperto un tentativo della famiglia mafiosa di Alcamo di ottenere il monopolio del commercio di calcestruzzo imponendo alle imprese di acquistarlo da ditte vicine ai clan. Un lavoratorio mafioso È un laboratorio il territorio di Alcamo. Le forze dell'ordine, dal canto loro, fanno per il momento quello che possono: il controllo del territorio. Con grandi sforzi, data la scarsità di mezzi e uomini, i Carabinieri hanno passato al setaccio abitazioni di pregiudicati e sorvegliati speciali, messo posti di blocco, aumentato le ronde nel vastissimo territorio di mezzo tra le province di Palermo e Trapani. Per scongiurare quel ritorno al passato.

Un viaggio (quasi) di Natale Cartoline dal Muos Niscemi, nel cuore della Sicilia, è oggi – purtroppo – uno dei luoghi più avveniristici del mondo. Vi sta crescendo, con gran paura della popolazione, uno dei quattro sistemi di controllo militare globale del pianeta Terra di Giulio Pitroso e Attilio Occhipinti www.generazionezero.org FOTO DI SEBASTIANO GULISANO Santo Stefano non è stato in Italia un giorno di festa fino al 1947. E’ l’ozioso prolungamento del Natale, il giorno in più, la guaina di sicurezza di un altrimenti disastroso ritorno ai giorni feriali. A volte, è il giorno in cui si smaltisce la sbornia o la crapula. Una delle risorse primarie della nostra isola è, del resto, l’abbuffata. Tutti ricordano l’orgoglio del presidente Cuffaro, mentre mangiava i suoi cannoli, in barba alle stupide pretese della dietologia, che se applicate, renderebbero triste e misera la vita isolana. www.isiciliani.it In questo nuovo decennio dalla data futuristica, però, una consolidata e valida tradizione gastronomica rischia l’estinzione. Il dolce minacciato trova la sua culla nella capitale del carciofo, Niscemi: è la scumma- che è forse meglio trascrivere schumma per renderne meglio il suono-, una delizia cui l’italica definizione di meringa non rende giustizia. E’ ricavata dall’albume dell’uovo e dallo zucchero. Insieme a questa, è in pericolo il tatò (totò) locale, un biscotto particolare, che trova un suo fratello più noto a Siracusa, dove viene prodotto in foggia macroscopica. I tatò e le schumme rischiano di essere colpiti dalle onde elettromagnetiche, forse dannose, del Muos, un impianto militare americano in costruzione nei pressi di Niscemi. Contro di esso, si è mobilitato un fronte di attivisti e cittadini, che è riuscito a portare in corteo circa cinquemila dei cinque milioni di Siciliani. Purtroppo, però, l’emergenza ambientalista e pacifista ha fatto passare in secondo piano l’importante rivendicazione del palato: possono le antenne danneggiare i dolci di Niscemi? E, se sì, vale la pena rischiare? Gli Americani, del resto, capirebbero la gravità della cosa, seppure non sia certo il danno che il Muos può portare alla fragranza dei biscotti e delle meringhe niscemesi: in fatto di cibo e bevande, hanno sempre imparato da noi e sono ben consci della loro inferiorità su questo piano. Gli antennoni incombenti Del resto, gli antennoni potrebbero colpire oltre alle schumme, anche i loro principali artigiani, nonché i loro fortunati estimatori: se ne potrebbero perdere segreti e utili opinioni. I Sicilianigiovani Sicilianigiovani – pag. 46 Il nostro viaggio conoscitivo di Santo Stefano s’immette su strada nel mattino chiaro. Saranno i segnali stradali o l’abilità del sottoscritto guidatore, ma sbagliamo strada. Finiamo a Contrada Ponte Olivo, dove la strada è interrotta e sorge un diadema di discarica abusiva. Ritorniamo indietro e svoltiamo alla prima per Niscemi. Sembra un segnale di demarcazione del territorio, come a segnalare l’entrata in una zona di conflitto: “No Muos”, scritto con uno spray rosso sul muro di una centralina elettrica. La strada di curve e pendii ci porta all’ingresso del centro abitato, che ci si palesa nel suo profilo arabico: case senza rifiniture esterne, con i mattoni avani e gialli in bella vista. Le bandiere del NoMuos Sulla sommità dei tetti, perlopiù piani, recipienti d’acqua blu: da queste parti quello idrico è un problema serio. Gli sguardi dei paesani ci si buttano addosso, indagatori. Noi - per meglio dire il sottoscritto- perdiamo la strada. Qua e là bandiere del No Muos, esposte sui balconi. Perlomeno, non abbiamo sbagliato paese. C’è persino una bandiera attaccata a una ringhiera a ridosso della caserma dei Carabinieri. In giro, solo branchi di canuti arrancano con i loro bastoni o disquisiscono nella locale varietà del siciliano. Il primo ragazzo che vediamo è un tipo in carne, abbarbicato a una panchina. Capelli corti, forse quasi ventenne, con la pelle dei Mori cucita addosso. Gli chiediamo dove sia la piazza principale. Lui è nel panico più assoluto. Si volta alla sua sinistra, un latrato gli sale su dall’esofago: «Ahu! Ahu! A tìa vonu (cercano te)!».

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Sicilia<br />

Alcamo: epidemia<br />

di bombe<br />

Nel<strong>la</strong> geografia criminale<br />

siciliana <strong>la</strong> zona<br />

di Alcamo è strategica<br />

di Francesco Appari<br />

e Giacomo Di Giro<strong>la</strong>mo<br />

www.marsa<strong>la</strong>.it<br />

E' una zona cuscinetto, un'area che<br />

sta a metà tra i mandamenti mafiosi<br />

storici di Palermo e Trapani, che ha<br />

avuto sempre regole sue, godendo di<br />

uno stato di "terzietà" rispetto agli affari<br />

mafiosi. Non è un caso che tra Castel<strong>la</strong>mmare<br />

ed Alcamo abbiano trovato<br />

riparo fior di <strong>la</strong>titanti, da Brusca a<br />

Messina Denaro e che in tempi non<br />

lontani ci siano stati gli episodi più violenti<br />

delle guerre di mafia che hanno<br />

caratterizzato <strong>la</strong> storia di Cosa nostra.<br />

Il 2013 qui è cominciato con un'esca<strong>la</strong>tion<br />

di attentati incendiari a case di imprenditori,<br />

auto, abitazioni estive. Con il<br />

corredo di soliti avvertimenti: bottiglie<br />

incendiarie davanti casa, mazzi di fiori,<br />

etc. "E' come se d'improvviso fosse mutato<br />

qualcosa - dicono gli investigatori -,<br />

come se ci fosse una nuova banda in<br />

azione, che vuole farsi conoscere, imporre<br />

il suo pizzo".<br />

Sono soprattutto le aziende edili ad essere<br />

state colpite. Il 2 febbraio hanno incendiato<br />

un escavatore di una impresa di<br />

movimento terra. Pochi giorni prima un<br />

altro attentato incendiario, sempre a dei<br />

mezzi di un’impresa edile. E poi ancora<br />

fiamme ad alcune auto, gomme tagliate,<br />

danni alle carrozzerie ad altri imprenditori<br />

e professionisti. Tutto in serie. Con<br />

un’esca<strong>la</strong>tion incredibile nelle ultime settimane.<br />

Il clima ad Alcamo e Castel<strong>la</strong>mmare è<br />

teso. Dopo l’ennesima intimidazione, un<br />

centinaio tra commercianti ed imprenditori<br />

hanno sfi<strong>la</strong>to in corteo ad Alcamo<br />

per dire no al racket.<br />

Il loro striscione era chiarissimo: "Alcamo<br />

unita contro il racket". Anche il<br />

Sindaco di Castel<strong>la</strong>mmare, Marzio Bresciani,<br />

si è fatto sentire: "Questa comunità<br />

non è più disposta a tollerare i continui<br />

atti di qualcuno che persegue fini criminali<br />

- ha detto - . E’ inconcepibile ed<br />

inaccettabile che si voglia portare questa<br />

città indietro nel tempo”.<br />

Già, indietro nel tempo. In questi momenti<br />

a molti viene in mente <strong>la</strong> storia di<br />

Gaspare Stellino. Era tito<strong>la</strong>re di una torrefazione<br />

nel centro di Alcamo. Taglieggiato,<br />

fino all’osso.<br />

Il 12 settembre del 1997 Stellino si impicca<br />

nel<strong>la</strong> casa di campagna. Lo stesso<br />

giorno avrebbe dovuto testimoniare contro<br />

i boss di Alcamo, Melodia, che gestivano<br />

l’intenso giro di estorsioni a commercianti<br />

e imprenditori. Gli stessi che<br />

poi non alzarono un fiato di indignazione<br />

dopo il suicidio del collega.<br />

Il silenzio dei taglieggiati<br />

“Il pensiero di dover testimoniare contro<br />

i presunti boss del racket ad Alcamo<br />

lo atterriva, lo rendeva ansioso e teso,<br />

anche se cercava di non far trasparire<br />

nul<strong>la</strong> per non fare preoccupare <strong>la</strong> famiglia”,<br />

raccontò il figlio Isidoro. Non ebbe<br />

il coraggio di raccontare tutto, si sentiva<br />

solo, Stellino. E poco dopo, Alcamo tornò<br />

nel suo silenzio dei taglieggiati. E nel<br />

frastuono delle sirene delle varie operazioni<br />

antimafia, che via via decapitavano<br />

i c<strong>la</strong>n.<br />

L'ultima operazione antimafia nel<strong>la</strong><br />

zona risale allo scorso giugno: “Crimiso”.<br />

Furono arrestate 12 persone accusate<br />

di associazione mafiosa, estorsione aggravata,<br />

incendio aggravato, vio<strong>la</strong>zione<br />

di domicilio e vio<strong>la</strong>zione delle misure di<br />

sorveglianza speciale. In cel<strong>la</strong> sono finiti<br />

anche tre imprenditori.<br />

L'inchiesta, coordinata dal procuratore<br />

aggiunto del<strong>la</strong> Dda di Palermo, Teresa<br />

Principato, e dai pm Paolo Guido, Marzia<br />

Sabel<strong>la</strong>, Carlo Marzel<strong>la</strong> e Piero Padova,<br />

ruotava attorno alle cosche del mandamento<br />

mafioso di Alcamo e dei c<strong>la</strong>n di<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 44<br />

Castel<strong>la</strong>mmare del Golfo e Ca<strong>la</strong>tafimi.<br />

Dall'inchiesta, che ha portato al<strong>la</strong> scoperta<br />

dei vertici delle cosche, è emersa una<br />

spaccatura all'interno del<strong>la</strong> famiglia mafiosa<br />

di Castel<strong>la</strong>mmare: un gruppo di uomini<br />

d'onore che faceva riferimento a<br />

Diego Ruggeri, pregiudicato e sorvegliato<br />

speciale, avrebbe preteso il pizzo senza<br />

chiedere l'autorizzazione al capomafia<br />

Michele Sottile che, per “anzianità”, sarebbe<br />

stato il capo naturale del c<strong>la</strong>n.<br />

Per evitare che scoppiasse una guerra<br />

di mafia e dirimere le controversie da altri<br />

due uomini d'onore coinvolti nel blitz,<br />

Antonino Bonura e Rosario Leo, venne<br />

convocata una riunione tra i vertici delle<br />

famiglie di Alcamo, Castel<strong>la</strong>mmare e Ca<strong>la</strong>tafimi.<br />

Diverse le estorsioni emerse<br />

dall'inchiesta: i c<strong>la</strong>n riscuotevano il pizzo<br />

da ristoranti, bar, imprese di costruzioni<br />

facendo precedere le richieste estorsive<br />

da danneggiamenti e attentati incendiari.<br />

Oltre a chiedere somme di denaro alle<br />

vittime, i boss imponevano assunzioni di<br />

loro protetti e costringevano professionisti<br />

- è il caso di un dentista - a rinunciare<br />

al pagamento delle parcelle per cure fatte<br />

a un complice del capomafia Diego Ruggeri.<br />

Gli inquirenti hanno anche scoperto<br />

un tentativo del<strong>la</strong> famiglia mafiosa di Alcamo<br />

di ottenere il monopolio del commercio<br />

di calcestruzzo imponendo alle<br />

imprese di acquistarlo da ditte vicine ai<br />

c<strong>la</strong>n.<br />

Un <strong>la</strong>voratorio mafioso<br />

È un <strong>la</strong>boratorio il territorio di Alcamo.<br />

Le forze dell'ordine, dal canto loro, fanno<br />

per il momento quello che possono: il<br />

controllo del territorio. Con grandi sforzi,<br />

data <strong>la</strong> scarsità di mezzi e uomini, i Carabinieri<br />

hanno passato al setaccio abitazioni<br />

di pregiudicati e sorvegliati speciali,<br />

messo posti di blocco, aumentato le<br />

ronde nel vastissimo territorio di mezzo<br />

tra le province di Palermo e Trapani. Per<br />

scongiurare quel ritorno al passato.

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