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ESSERE - Gennaio Febbraio 2012.pdf - CSA Arezzo

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CAMBIAMENTI<br />

Economia e felicità<br />

di Orazio Scandurra<br />

Nel precedente numero di Essere, ho riportato i risultati di una recente<br />

indagine che ho giudicato particolarmente significativi. Infatti, la particolarità,<br />

che è anche lo scopo della ricerca, sta nel tentativo che gli estensori hanno<br />

voluto interrogarsi e rispondere principalmente a due domande, cioè: ) La<br />

recessione cosa ha portato in Italia? ) Cosa significa qualità della vita per gli<br />

italiani? Il dato che emerge dalle risposte alle due domande è singolare e oltre<br />

modo significativo se consideriamo la delicata condizione socio-economica e<br />

non solo in cui il nostro Paese oggi si trova. Infatti, se per l’8 % degli intervistati<br />

la felicità conta più del denaro, ritengo che per questi la felicità sia una attività<br />

dell’anima, sia conforme alla virtù per quanto non svincolata dal bisogno di<br />

beni materiali, di salute, di bellezza, di contemplazione.<br />

La felicità non è una astrazione, né una filosofia di vita, né una religione, essa è<br />

plurale perché l’uomo per essere felice ha bisogno di molte cose, soprattutto<br />

di serenità nello spirito e di lavoro quotidiano. Inoltre è legata alla equilibrata<br />

combinazione di vari ingredienti, alcuni sono strumentali altri appartengono<br />

all’uomo stesso come la bellezza, l’amicizia, la virtù. Sono queste cose, la loro<br />

giusta armonizzazione, che rendono una persona felice, la rendono più aperta<br />

verso la società, più propensa a mettersi in gioco, ad aprire il proprio animo<br />

verso nuove esperienze di vita ritenute più esaltanti e meno stressanti. E’ la<br />

condizione comune alle tante persone che, volendo essere felici, sentirsi e vivere<br />

in modo felice, avvertono il bisogno-necessità di liberarsi dai condizionamenti<br />

di una società che ha fallito sul piano economico e su quello dei valori civili.<br />

L’ostentazione del potere esercitato per molto tempo in modo offensivo,<br />

l’esaltazione della propria individualità, dell’io posso, dell’io voglio, le<br />

conseguenze di un consumismo diffuso e mortificante che ha travolto persino<br />

gli stessi sentimenti e gli stessi valori etici e sociali, valori che sono a fondamento<br />

della stessa condizione umana, tutto ciò ha prodotto un generale rigetto, il

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