ESSERE - Gennaio Febbraio 2012.pdf - CSA Arezzo
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l’ufficializzazione della banalità e dell’inutile, tanto più in un periodo di gravi<br />
difficoltà economiche e sociali. Qui le contraddizioni si fanno imbarazzanti. E’<br />
concepibile che il 0% della popolazione detenga il 0% delle risorse mentre<br />
un gran numero di persone<br />
ha difficoltà ad arrivare alla<br />
fine del mese? Dovremmo<br />
domandarci perché un<br />
manager pubblico italiano<br />
può guadagnare quattro<br />
volte di più di un presidente<br />
americano, perché la<br />
corruzione nel nostro<br />
paese raggiunge livelli<br />
insopportabili, e le regole<br />
di convivenza sembrano un<br />
opzional. Ed ancora, come<br />
mai stiamo perdendo il<br />
sogno di fare della nostra<br />
vita un percorso significativo di valori ed utopie ed accettiamo di essere solo<br />
degli strumenti di un ingranaggio di cui non comprendiamo nemmeno il<br />
meccanismo, incastrati come siamo tra spread e PIL; dove è finita l’ambizione<br />
di divenire protagonisti di quello che è il regalo più grande: la nostra esistenza.<br />
Quale contratto ha permesso di barattare la qualità con la quantità, il mediocre<br />
con il bello. E così perdiamo di vista quello che veramente ci potrebbe dare<br />
vera gratificazione: l’attenzione per gli altri, e perché no, l’amore. In mancanza<br />
di questi elementi la nostra giornata sembra svanire senza un motivo, e si<br />
somma ad altre giornate che alla fine si rivelano inutili, senza passione. E’ un<br />
percorso che non ha una mèta, è la solitudine dell’anima. “ Due non è il doppio<br />
ma il contrario di uno, della sua solitudine. Due è alleanza, filo doppio che non<br />
è spezzato.”<br />
La modernità ci fornisce tanti strumenti, ci consente una vita più facile, un fisico<br />
più brillante, una comunicazione più incisiva. A patto che non si dimentichi mai<br />
di che pasta siamo fatti, di quali sentimenti ci nutriamo e della necessità della<br />
condivisione.<br />
Senza quest’ultima la felicità non ci può essere. Ecco, a volte dovremmo<br />
rallentare la nostra corsa verso il nulla ed interrogarci sul percorso da fare,<br />
per riprendere la giusta rotta. Se ci sentiamo soli la colpa non è degli altri ma<br />
nostra, come nostra è la colpa di non aver più la capacità di indignarsi per<br />
le brutture che ci circondano. “Com’è che non riesci più a volare” cantava<br />
De Andrè. Ed ancora Gaber “ E ora? Anche ora ci si sente come in due: da<br />
una parte l’uomo inserito che attraversa ossequiosamente lo squallore della<br />
propria sopravvivenza quotidiana e dall’altra il gabbiano, senza più neanche<br />
l’intenzione del volo, perché ormai il sogno si è rattrappito. Due miserie in un<br />
corpo solo.”<br />
Ed allora, avanti, nella prossima trasmissione ci sarà il plastico della nostra<br />
coscienza.<br />
spazio aperto