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ESSERE - Gennaio Febbraio 2012.pdf - CSA Arezzo

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inchiesta<br />

L’esperienza del perdono<br />

di Vittorio Gepponi<br />

Sono consapevole che affrontare il tema del perdono è impresa a dir poco<br />

ardua. Ma sono anche estremamente convinto che l’unica possibilità di<br />

ricostruire quotidianamente l’umanità devastata dal male di ogni genere è data<br />

proprio dall’abbraccio del perdono. Certo per capire qualcosa di questa realtà<br />

è necessario parlarne dentro un orizzonte cristiano, in quanto al di fuori di<br />

esso risulterebbe una realtà umanamente impossibile da realizzare. E non basta<br />

sicuramente dirsi cristiani perché automaticamente uno, sempre e comunque,<br />

si ritrovi capace di perdonare; anzi, la vita di tutti i giorni è testimone del<br />

contrario. Ma questo per un semplice motivo, perché oggi vivere in modo<br />

cristiano è difficile, tanti sono gli ostacoli sulla strada che ci conduce a Gesù.<br />

La nostra condotta di vita, poi, è essa stessa un impedimento, un ostacolo, in<br />

quanto a noi uomini presuntuosi piace vivere consumando le cose di questo<br />

mondo: il sesso, la ricchezza, l’essere realizzati ad ogni costo. Per ottenere ciò,<br />

e altro ancora, siamo capaci di tutto, e non c’è dubbio che in uno stile di vita<br />

del genere non ci può essere alcuna possibilità dell’esperienza del perdono.<br />

Ciò che non si vuol capire è che l’assenza di perdono rende incapaci di amare<br />

veramente, di crescere; se non sappiamo perdonare non riusciremo mai a<br />

riconciliarci con gli altri, ma soprattutto non riusciremo mai a riconciliarci con<br />

noi stessi. Possiamo affermare, senza avere paura di essere smentiti, che il<br />

perdono è fonte di una reale guarigione della nostra umanità. Guarisce,<br />

infatti, le ferite provocate dal risentimento, rinnova le persone, i matrimoni,<br />

le famiglie, le comunità, la vita sociale. Mi torna alla memoria una vicenda<br />

tristemente nota, i fatti delittuosi di Erba dell’ dicembre 00 , dove ad un<br />

uomo, Carlo Castagna, furono barbaramente assassinati la moglie, la figlia e<br />

il nipotino. In questa durissima storia dei giorni nostri, quest’uomo trovò la<br />

forza di perdonare. Ricordo che questa scelta coraggiosa del Castagna destò<br />

non scalpore ma scandalo! Proprio così, tutti aspettavano parole di vendetta,<br />

di odio. Non c’era nessuno, in quei giorni, capace di vedere una speranza.<br />

Anche delle maggiori penne dei quotidiani (Pigi Battista sul Corriere della sera,<br />

Adriano Sofri e Umberto Galimberti sulla Repubblica, Elena Loewenthal sulla<br />

Stampa, Ferdinando Camon sull’Unità) non ce ne fu uno che non abbia puntato<br />

il dito accusatorio su qualcuno o qualcosa. Non ce n’è stato uno che abbia<br />

notato l’unica luce di speranza di questa tragedia, cioè le parole di perdono<br />

di Carlo Castagna: “Li perdono e li affido al Signore… Bisogna perdonare in<br />

questi momenti. Bisogna finirla con l’odio”, disse. Ecco, d’improvviso in un<br />

terrificante abisso di odio e di sangue s’accende la luce di una parola cristiana,<br />

di una sofferenza cristiana: il perdono delle vittime. E s’illumina l’unica speranza<br />

che mette fine al gorgo satanico della violenza. Ma i commentatori dei giornali<br />

neanche se ne accorsero. Anzi, Lidia Ravera, sull’Unità, citò il signor Carlo, ma<br />

per scrivere parole spaventose. Diceva che tutti provano “una quota di simpatia”

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