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DOLO EVENTUALE E COLPA COSCIENTE ... - giovanniolmi

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determinato pericolo oggettivo non avrebbe potuto neppure essere preso in<br />

considerazione dall’homo eiusdem conditionis et professionis (o, meglio,<br />

dall’osservatore esperto, dotato delle stesse capacità e cognizioni dell’agente<br />

concreto al momento di realizzazione della condotta, e posto nelle vesti dell’homo<br />

eiusdem conditionis et professionis) 432 .<br />

Questa ricostruzione non dovrebbe incorrere nei limiti che, invece, emergono<br />

con riferimento ad altri tentativi di distinzione fra “rischio doloso” e “rischio colposo”<br />

tendenti ad una “oggettivizzazione” del dolo tramite astrazione di elementi pertinenti<br />

alla tipicità colposa: si fa riferimento, in particolare, alla teoria prospettata dalla<br />

penalista tedesca Ingeborg Puppe, in base alla quale il “rischio colposo” sarebbe<br />

quello rispetto a cui un “agente razionale e giudizioso”, in base a “criteri dotati di<br />

validità generale”, possa nutrire una “seria fiducia” di non verificazione; mentre, per<br />

converso, il “rischio doloso” sarebbe quello che un “agente razionale” deciderebbe di<br />

correre “soltanto se concordasse” con la realizzazione dell’evento 433 . Canestrari<br />

definisce tale impostazione come “il tentativo più estremo di obiettivizzazione del<br />

concetto di dolo”, tramite un’interpretazione normativa della condotta, dalla quale<br />

dovrebbe ricavarsi la componente volitiva 434 . Il fondamentale nodo problematico della<br />

teoria appena esposta consiste nel fatto che il pericolo doloso venga ricostruito<br />

attraverso astrazioni pertinenti alla sfera colposa 435 : l’impostazione proposta da<br />

Canestrari, invece, vede quale uno dei principali “punti di partenza” proprio la<br />

necessità di evitare tale meccanismo.<br />

10. Dolo eventuale e colpa cosciente in relazione agli elementi del fatto tipico<br />

diversi dall’evento e nei reati di mera condotta<br />

Nella maggior parte dei casi, le riflessioni in tema di distinzione fra dolo<br />

eventuale e colpa cosciente vengono effettuate assumendo come base il modello dei<br />

reati di evento (e, ancor più nello specifico, il modello dei reati commissivi di evento).<br />

Tuttavia, si pongono come necessarie alcune considerazioni con riferimento ai reati<br />

di mera condotta, nell’ambito dei quali si pone la questione inerente la valutazione<br />

432 S. CANESTRARI, op. ult. cit.,156. Emblematico è l’esempio, addotto dall’Autore, del medico<br />

chirurgo direttore di una casa di cura in cui si possano eseguire solo alcuni trattamenti anestetici:<br />

qualora egli venga a conoscenza del fatto che un paziente, ivi ricoverato, sia allergico alle sostanze<br />

utilizzate per i trattamenti anestetici eseguiti dalla clinica, e del fatto che tale paziente possa essere<br />

agevolmente trasferito in altre strutture, nell’ipotesi in cui il medico scelga comunque di non trasferire il<br />

paziente e praticare l’operazione nell’ambito della propria clinica (ad esempio, per motivi di lucro, o al<br />

fine di non screditare l’istituto), si configurerà un rischio rilevante ai fini della responsabilità per dolo<br />

eventuale, dato che l’eventualità di affrontare tale rischio non avrebbe potuto neppure essere presa in<br />

esame da parte dell’homo eiusdem conditionis et professionis dell’agente concreto (quindi, da parte<br />

del “modello” di “medico chirurgo”), posto nella stessa situazione cognitiva dell’agente concreto al<br />

momento di realizzazione della condotta, e dotato delle sue eventuali capacità o cognizioni superiori.<br />

Non dovrebbe rilevare ad escludere la sussistenza della responsabilità dolosa, del resto, il fatto che il<br />

medico chirurgo si fosse rappresentato fattori impeditivi o interruttivi del nesso eziologico: non si vede,<br />

infatti, come una “fiducia” nella non realizzazione del decorso causale possa sussistere in modo<br />

“fondato” o “ragionevole”, qualora si tratti di un rischio che non avrebbe potuto neppure essere preso<br />

in considerazione dalla tipologia sociale di riferimento.<br />

433 S. CANESTRARI, op. ult. cit., 117 – 120.<br />

434 S. CANESTRARI, op. ult. cit., 120.<br />

435 S. CANESTRARI, op. ult. cit., 122.<br />

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