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DOLO EVENTUALE E COLPA COSCIENTE ... - giovanniolmi

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“percepibilità di una situazione” 410 di pericolo, nel primo caso, il riferimento alla<br />

misura oggettiva della diligenza ed al parametro dell’homo eiusdem conditionis et<br />

professionis svolge la funzione di individuare una sfera all’interno della quale<br />

determinate attività possano essere lecitamente svolte, in quanto rispettose delle<br />

regole cautelari di condotta 411 ; in questo frangente, il giudizio di “riconoscibilità” (ed<br />

“evitabilità”) potrà ben tenere conto delle eventuali superiori conoscenze o capacità<br />

dell’agente concreto, ma ciò non comprometterebbe comunque la funzione centrale<br />

del parametro dell’homo eiusdem conditionis et professionis 412 , dato che tali<br />

eventuali superiori conoscenze o capacità potranno, sì, dilatare effettivamente la<br />

sfera della responsabilità colposa, ma ciò potrà accadere sempre e comunque sulla<br />

base determinata dal parametro dell’homo eiusdem conditionis et professionis, ed<br />

entro il limite dell’“esigibile” da parte dell’agente modello 413 ; insomma, ai fini del<br />

giudizio sulla responsabilità colposa, il parametro dell’homo eiusdem conditionis et<br />

professionis determinerebbe la base per la valutazione della “riconoscibilità” del<br />

pericolo e per la selezione dell’“esigibilità” delle conoscenze, che potrà sicuramente<br />

essere più o meno “individualizzata” con considerazione delle superiori conoscenze<br />

possedute dall’agente concreto, ma mai oltre il limite di ciò che sia “in generale”<br />

possibile riconoscere: in questo senso si attuerebbe, nella maggior parte dei casi, un<br />

processo di “soggettivizzazione in bonam partem” 414 . Nell’ambito del giudizio<br />

inerente la responsabilità dolosa, invece, non si vede per quale motivo dovrebbe<br />

essere effettuato tale processo di “soggettivizzazione in bonam partem”, sicché le<br />

eventuali conoscenze superiori possedute dall’agente concreto andranno ad<br />

aggiungersi rispetto a quelle conoscibili dall’agente modello, ma in modo<br />

indipendente e svincolato da esse 415 , senza l’effettuazione di detto processo di<br />

soggettivizzazione 416 tramite l’astrazione in bonam partem dell’insieme di circostanze<br />

note all’agente concreto 417 . L’Autore, invero, sostiene che il giudizio di valutazione<br />

dell’oggettiva idoneità (alla realizzazione dell’evento) della condotta, ai fini della<br />

responsabilità dolosa, debba essere effettuato tenuto conto della “riconoscibilità” da<br />

parte di un “osservatore esperto” (quindi, non da parte di un “perito universale”, ma<br />

comunque da parte di un modello ancorato a parametri “severi ed impegnativi”) 418 ;<br />

del resto, nell’alveo del dolo, non vi sarebbe ragione per avvertire (e riconoscere)<br />

quelle garanzie di “spazi di libertà di azione” alle quali si è fatto riferimento con<br />

riguardo alla funzione della misura oggettiva della colpa 419 . Inoltre, Canestrari<br />

specifica che il giudizio di idoneità del pericolo doloso debba essere effettuato,<br />

fondamentalmente, alla luce degli stessi parametri utilizzati ai fini del giudizio di<br />

idoneità degli atti con riferimento al delitto tentato: quindi, mediante l’assunzione di<br />

410 S. CANESTRARI, op. ult. cit.,173 – 174. L’Autore indica chiaramente che la “percepibile”<br />

situazione di pericolo costituisca il “primo livello” della struttura del dolo e della colpa precisando,<br />

tuttavia, che tale “componente normativa” assuma caratteristiche diverse a seconda che si tratti di<br />

responsabilità dolosa o responsabilità colposa.<br />

411 S. CANESTRARI, op. ult. cit., 102, 175.<br />

412 S. CANESTRARI, op. ult. cit., 101, 174 – 175.<br />

413 S. CANESTRARI, op. ult. cit., 113, 174 – 175.<br />

414 S. CANESTRARI, op. ult. cit., 174 – 175.<br />

415 S. CANESTRARI, op. ult. cit., 179.<br />

416 S. CANESTRARI, op. ult. cit., 113.<br />

417 S. CANESTRARI, op. ult. cit., 179.<br />

418 S. CANESTRARI, op. ult. cit., 178.<br />

419 S. CANESTRARI, op. ult. cit., 102.<br />

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