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DOLO EVENTUALE E COLPA COSCIENTE ... - giovanniolmi

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(o a persistere nella tenuta della) propria condotta, anche a costo di realizzare<br />

l’evento collaterale.<br />

Un ulteriore ordine di critiche generalmente rivolte all’adesione alla prima<br />

formula di Frank consiste, come si è avuto modo di osservare, nel rilievo del fatto che<br />

essa prospetti una concezione normativa di dolo: in effetti, le posizioni dottrinali che<br />

aderiscono alla prima formula di Frank aderiscono altresì, in linea di massima, ad<br />

una impostazione in base alla quale l’unico concetto descrittivo di dolo sarebbe dato<br />

dal “dolo intenzionale”, mentre le ulteriori forme di dolo sarebbero “normative”, non<br />

caratterizzate da un elemento di “volontà” inteso, in senso stretto, come “intenzione”,<br />

ma equiparate dal legislatore al dolo intenzionale in quanto ritenute forme ad esso<br />

assimilabili e, pertanto, meritevoli di trattamento analogo 372 . Tuttavia, se si considera<br />

la seconda formula di Frank e, di conseguenza, l’identificazione del dolo eventuale<br />

nell’atteggiamento di “disponibilità alla realizzazione dell’evento”, non è detto che tale<br />

assetto debba trovare necessariamente il proprio fondamento in una concezione<br />

normativa del dolo eventuale: infatti, la disponibilità alla realizzazione dell’evento, pur<br />

di persistere nella condotta correlata al raggiungimento dell’obiettivo intenzionale,<br />

potrebbe essere considerata non già come concetto essenzialmente diverso dalla<br />

“volontà” (la quale, quindi, non deve essere intesa come sola “intenzione”), bensì<br />

come graduazione del concetto di “volontà”. Del resto, l’art. 43, allorché definisce il<br />

delitto doloso, utilizza l’inciso “secondo l’intenzione”, e non il termine “intenzionale”<br />

(che, anzi, non compare mai all’interno dell’art. 43); la realizzazione di un evento alla<br />

quale il soggetto agente dimostri “disponibilità”, pur di perseguire il proprio fine<br />

intenzionale, potrebbe, effettivamente, dirsi “secondo l’intenzione” (e non “contro<br />

l’intenzione”), e ciò anche qualora essa rappresenti il fallimento del fine<br />

intenzionalmente perseguito dall’agente: infatti, l’agente si determinerebbe a<br />

realizzare la condotta, con disponibilità alla realizzazione dell’evento collaterale,<br />

proprio nell’ottica di perseguire il proprio fine intenzionale; non potrebbe perseguirlo<br />

altrimenti, se non mettendo in conto la realizzazione dell’evento collaterale (che<br />

potrebbe anche essere incompatibile con il fine intenzionale).<br />

A ben vedere, infine, la seconda formula di Frank descrive un atteggiamento<br />

che si avvicina molto a quello indicato dalla formula (riconducibile a Roxin) della<br />

“decisione a favore della possibile lesione del bene giuridico”: infatti, l’agente che<br />

sceglie di realizzare la condotta “ad ogni costo”/“a costo di provocare l’evento”, e ciò<br />

pur di perseguire il proprio fine intenzionale, dimostra una disponibilità alla lesione<br />

del bene giuridico e, quindi, decide a favore di tale possibile lesione: di fronte<br />

all’alternativa fra perseguire il proprio fine intenzionale “a costo di ledere” un bene<br />

giuridico, e desistere dal perseguire il proprio fine intenzionale tutelando lo stesso<br />

bene giuridico, egli sceglie di perseguire il proprio fine intenzionale e, quindi, sceglie<br />

la possibile lesione del bene giuridico.<br />

Del resto, ai fini dell’identificazione della colpa cosciente in modo antitetico<br />

rispetto alla “decisione a favore della possibile lesione del bene giuridico”, è<br />

veramente necessaria la formula della “sicura fiducia che l’evento non si verificherà”,<br />

con tutti gli inconvenienti che ne conseguono (ambiguità dell’espressione, rischio di<br />

confusione fra dolo eventuale e colpa cosciente, ecc.)? Si potrebbe concludere per<br />

una risposta negativa: posto che dolo eventuale e colpa cosciente abbiano in<br />

comune la previsione (positiva e persistente al momento della tenuta della condotta)<br />

372 In tal senso, L. EUSEBI, op. ult. cit., 1092; A. PAGLIARO, Discrasie, 323.<br />

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