DOLO EVENTUALE E COLPA COSCIENTE ... - giovanniolmi
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eato 342 ; effettivamente, le formule di Frank mirano a valorizzare la distinzione fra<br />
“voler rischiare”, o “voler agire (rischiando)”, e “volere l’evento”: e tale distinzione è<br />
valorizzata anche da parte di ulteriore dottrina, compresi esponenti i quali criticano<br />
negativamente la prima formula di Frank 343 . In secondo luogo, le formule di Frank<br />
risultano applicabili in modo coerente alle ipotesi in cui si tratti di valutare l’elemento<br />
soggettivo dell’agente che avesse realizzato la condotta versando in una situazione<br />
di dubbio o incertezza circa la sussistenza dei presupposti del fatto tipico 344 .<br />
D’altra parte, non mancano critiche negative dottrinali che pongono in evidenza<br />
i punti deboli delle formule di Frank. In primo luogo, con particolare riguardo alla<br />
prima formula, stante il fatto che essa postuli la necessità di effettuazione di un<br />
giudizio ipotetico circa il comportamento che sarebbe stato tenuto dall’agente qualora<br />
egli avesse avuto certezza di realizzazione dell’evento, ne consegue una difficile<br />
praticabilità, sul piano processuale, in tutti i casi in cui l’agente stesso, di fronte alla<br />
certezza di provocare l’evento, avrebbe avuto forti perplessità nel decidere, poiché<br />
evento intenzionalmente perseguito ed evento collaterale gli risultassero quasi<br />
equivalenti 345 : infatti, se la praticabilità della prima formula di Frank sarebbe agevole<br />
nel caso in cui gli interessi coinvolti fossero evidentemente incommensurabili, così<br />
non sarebbe se, invece, tale incommensurabilità fosse mancante. Inoltre, si è posto<br />
in evidenza che l’accertamento del dolo dovrebbe essere effettuato avendo in<br />
considerazione non già l’atteggiamento che l’agente avrebbe tenuto qualora avesse<br />
avuto la certezza di verificazione dell’evento (quindi, un atteggiamento ipotetico),<br />
bensì l’effettivo atteggiamento dell’agente nel caso concretamente verificatosi 346 .<br />
Nondimeno, si osserva che l’applicazione della prima formula di Frank condurrebbe,<br />
in modo non condivisibile, ad escludere senz’altro il dolo eventuale nell’ipotesi in cui<br />
la realizzazione dell’evento collaterale, seppur messa in conto dall’agente, avrebbe<br />
rappresentato il fallimento del piano perseguito dall’agente stesso, ovvero fosse in<br />
parziale o totale antagonismo con tale piano 347 .<br />
342<br />
S. PROSDOCIMI, op. ult. cit., 11.<br />
343<br />
G. FORTE, Dolo eventuale tra divieto di interpretazione analogica ed incostituzionalità, 837 –<br />
838. L’Autore pone chiaramente in evidenza la distinzione concettuale tra “voler agire” nonostante la<br />
previsione dell’evento e, quindi, in presenza della consapevolezza del carattere rischioso della propria<br />
condotta (che, per tale aspetto, potrebbe provocare l’evento non voluto), e “volere l’evento”. Lo stesso<br />
Autore, tuttavia, si esprime negativamente con riguardo alla prima formula di Frank, evidenziando in<br />
particolare gli aspetti problematici connessi alla struttura di giudizio ipotetico che la contraddistingue<br />
(ivi, 834).<br />
344<br />
S. PROSDOCIMI, op. loc. ult. cit.<br />
345<br />
S. PROSDOCIMI, op. ult. cit., 13.<br />
346<br />
S. CANESTRARI, op. ult. cit., 48.<br />
347<br />
S. PROSDOCIMI, op. loc. ult. cit., il quale riporta l’esempio della causazione, tramite sevizie,<br />
della morte della persona dalla quale si intendeva ottenere informazioni. Nello stesso senso, S.<br />
CANESTRARI, op. loc. ult. cit., il quale riporta il noto “caso di Lacmann”: un giovane scommette, per<br />
venti marchi, di essere in grado di colpire, sparando, una sfera tenuta in mano da una ragazzina,<br />
progettando, tra l’altro, la via di fuga per l’ipotesi in cui avesse fallito il tiro provocando eventi lesivi;<br />
effettivamente, l’errore di mira provoca la morte della ragazzina. In un caso di questo genere, con<br />
applicazione della “teoria del consenso”, o della prima formula di Frank, dovrebbe concludersi per<br />
l’esclusione del dolo, dato che, se il giovane avesse avuto la certezza di realizzazione dell’evento,<br />
avrebbe avuto certezza della perdita della scommessa, e sicuramente non avrebbe scelto di agire<br />
comunque; d’altra parte, una soluzione di questo genere non appare condivisibile, in quanto è<br />
possibile mettere in conto la realizzazione di un determinato evento anche qualora questo rappresenti<br />
il fallimento del risultato perseguito (potrebbe, ad esempio, deporre nel senso della “messa in conto”<br />
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