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DOLO EVENTUALE E COLPA COSCIENTE ... - giovanniolmi

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Sulla scorta delle conclusioni esposte, dovrebbe giungersi ad una critica<br />

negativa delle impostazioni che tendono ad una alterazione dell’elemento intellettivo<br />

e, in particolare, della teoria della “con – coscienza”, in base alla quale non sarebbe<br />

necessaria, ai fini della configurazione dell’elemento rappresentativo proprio della<br />

struttura del dolo, una riflessione effettiva ed attuale da parte dell’agente su elementi<br />

costitutivi del fatto tipico, purché tali elementi fossero, dallo stesso agente, percepiti<br />

quantomeno in una sfera latente o subliminale: non può sfuggire il fatto che tale<br />

ricostruzione possa condurre, se estremizzata, all’affermazione della responsabilità<br />

per dolo qualora l’agente “non potesse non rappresentarsi la possibilità dell’evento” o<br />

“non potesse ignorare le circostanze di fatto dalle quali avrebbe potuto derivare<br />

l’evento” 315 . È chiaro che una conclusione del genere rappresenterebbe senz’altro<br />

una presunzione, dal momento che si considererebbe sussistente l’“effettiva e<br />

concreta percezione” di elementi del fatto tipico alla luce della mera “percepibilità” di<br />

essi. Oltretutto, le conseguenze connesse alla teoria della “con – coscienza”<br />

sarebbero sicuramente incompatibili con la valorizzazione della conoscenza del<br />

nesso causale fra condotta ed evento: la percezione nell’ambito di una sfera latente<br />

o subliminale è cosa ben diversa rispetto alla effettiva cognizione della realizzabilità<br />

della fattispecie penale come conseguenza eziologica della condotta 316 .<br />

Del resto, De Francesco arriva anche a sviluppare critiche negative circa<br />

l’ipotesi di abolizione della categoria del dolo eventuale, con mantenimento delle sole<br />

categorie del dolo intenzionale e del dolo diretto, e con conseguente confluire alla<br />

sfera colposa delle ipotesi attualmente inquadrabili nell’alveo del dolo eventuale:<br />

invero, ne risulterebbe un ingiustificato trattamento privilegiato per soggetti che, pur<br />

non perseguendo intenzionalmente la realizzazione dell’evento, o pur non avendo<br />

previsto tale realizzazione come certa, avessero agito con piena cognizione del<br />

potenziale decorso causale 317 . In sintesi, vengono rigettati gli estremi opposti: da un<br />

lato, la presunzione di dolo eventuale in base alla sola “conoscibilità” dei fattori<br />

causali; dall’altro, l’eliminazione della categoria del dolo eventuale, a favore<br />

principalmente, ma non solo, della categoria della colpa cosciente 318 . Si afferma,<br />

nondimeno, che anche l’inquadramento della colpa cosciente debba prescindere da<br />

presunzioni: ciò significa che non si dovrebbe ritenere automaticamente sussistente<br />

la colpa cosciente alla luce della mera prevedibilità dell’evento, con esclusione, a<br />

priori, della colpa incosciente. Anche la colpa cosciente, insomma, esige la verifica<br />

315 G. DE FRANCESCO, op. ult. cit., 5021. Si riporta, peraltro, che pratiche “presuntive” di<br />

questo genere siano particolarmente frequenti nelle ipotesi di concorso degli amministratori in reati<br />

societari o fallimentari commessi da altri soggetti dell’impresa.<br />

316 G. DE FRANCESCO, op. loc. ult. cit.<br />

317 G. DE FRANCESCO, op. ult. cit., 5023 – 5024. L’Autore apporta l’esempio del terrorista il<br />

quale abbia posizionato un ordigno esplosivo con il fine intenzionale di danneggiare un monumento<br />

(quindi, non con il fine intenzionale e diretto di uccidere), essendosi tuttavia rappresentato l’ipotesi che<br />

l’esplosione potesse ledere l’incolumità di persone o uccidere (quindi, con rappresentazione del<br />

concreto potenziale – ma non certo – nesso causale fra condotta ed evento lesivo per l’incolumità di<br />

persone): in questo caso, sarebbe inadeguata l’attribuzione di responsabilità per colpa. Del resto,<br />

l’inquadramento della colpa (cosciente) sarebbe più ragionevolmente sostenibile nell’ipotesi in cui lo<br />

stesso terrorista si fosse avvalso di complici i quali lo tenessero informato circa il passaggio o meno di<br />

persone nei pressi del luogo di collocazione dell’ordigno, volendo egli compiere un gesto<br />

esclusivamente “dimostrativo”, e non finalizzato a ledere l’incolumità di persone o uccidere.<br />

318 G. DE FRANCESCO, op. ult. cit., 5025.<br />

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