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DOLO EVENTUALE E COLPA COSCIENTE ... - giovanniolmi

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ischio, bensì dell’evento stesso: sicché, in questi casi, dovrebbe inquadrarsi il dolo<br />

diretto 257 .<br />

È il caso di soffermarsi anche su alcune pronunce di legittimità le quali<br />

specificano l’irrilevanza, ai fini della configurazione del dolo eventuale, del fatto che si<br />

tratti, rispettivamente, di “rappresentazione di probabilità” o “rappresentazione di<br />

possibilità”: si afferma, in questo senso, che sussiste dolo eventuale allorché<br />

“l’agente si sia rappresentato come probabile o possibile anche un evento diverso da<br />

quello voluto e, ciò nonostante, abbia agito ugualmente accettando il rischio del suo<br />

verificarsi” 258 . Tale assetto conferma l’impostazione dottrinale che evidenzia<br />

l’inadeguatezza della distinzione fra dolo eventuale e colpa cosciente basata su<br />

aspetti di carattere meramente quantitativo o statistico 259 .<br />

Ad un’analisi critica della teoria in questione, ci si dovrebbe tuttavia domandare<br />

se, effettivamente, l’“accettazione del rischio” sia davvero ascrivibile alla sfera della<br />

volontà dell’agente; non mancano, del resto, posizioni a sostegno di una risposta<br />

negativa, in questo contesto. In particolare si è sostenuto che, per quanto attiene alle<br />

forme non intenzionali di dolo, l’unica situazione psicologica riconducibile alla sfera<br />

della volontà dovrebbe essere quella del soggetto che realizzi la condotta avendo<br />

pressoché la certezza di provocare l’evento; non sarebbe, invece, sussumibile alla<br />

sfera della volontà la mera “accettazione del rischio”, intesa come correlata alla<br />

scelta di agire a fronte della rappresentazione di coefficienti di probabilità di<br />

realizzazione dell’evento inferiori rispetto a livelli prossimi alla certezza; in questi<br />

termini, si è giunti, addirittura, a sostenere che “agire a costo di provocare un evento”<br />

significhi proprio l’esatto contrario che “volere l’evento” 260 .<br />

Più o meno sulla stessa linea si muovono gli sviluppi dottrinali i quali<br />

evidenziano che, comunque, la formula dell’ “accettazione del rischio” sia ormai<br />

divenuta una sorta di “clausola di stile” la quale identificherebbe, invero, i connotati<br />

della colpa cosciente: in effetti – si evidenzia – chi agisce con la consapevolezza del<br />

fatto che la propria condotta violi una regola cautelare, accetta necessariamente il<br />

rischio che la regola cautelare violata mirava ad evitare 261 . Tali posizioni critiche nei<br />

257 E. DI SALVO, op. loc. ult. cit. Per quanto riguarda la giurisprudenza, Cass. Pen., Sez. Un.,<br />

12 ottobre 1993, in Cass. pen., 1994, 5, 1186 ss.: nel caso di specie, la Corte ha ritenuto sussistente<br />

dolo diretto non intenzionale (e non, invece, dolo eventuale) con riferimento all’atteggiamento psichico<br />

dell’agente che, per sfuggire alla cattura dopo una rapina, aveva risposto al fuoco “di avvertimento”<br />

esploso da una guardia giurata, sparando ad altezza d’uomo ed a distanza ravvicinata, colpendo la<br />

guardia ad una gamba.<br />

258 Cass. Pen., Sez. II, 19 marzo 2009, n. 12401. Nello stesso senso Cass. Pen., Sez. Un., 6<br />

dicembre 1991, n. 3428, in Cass. pen., 1993, 1, 14.<br />

259 S. CANESTRARI, op. ult. cit., 34 – 35; M. GALLO, Il dolo, 216 – 217.<br />

260 E. DI SALVO, op. ult. cit., 1938 – 1939. Si riporta l’esempio del soggetto che appicchi il fuoco<br />

ad un edificio, non con il fine di uccidere, bensì con il fine riscuotere fraudolentemente l’importo<br />

dell’assicurazione: si afferma che, qualora dall’incendio derivi la morte di un soggetto paralitico che si<br />

trovava all’interno dell’edificio, e che l’agente sapeva essere all’interno dell’edificio ed essere<br />

paralitico, in tal caso sarebbe ravvisabile un atteggiamento psicologico effettivamente assimilabile alla<br />

volontà; non così, invece, qualora la vittima sia un soggetto giovane ed in grado di porsi agevolmente<br />

in salvo, che non sia poi riuscito a farlo a causa di una caduta provocata dalla foga del momento: in tal<br />

caso, l’evento “morte” si sarebbe prospettato all’agente in un’ottica di scarsa probabilità, e non<br />

sarebbe quindi ascrivibile alla sua sfera volitiva.<br />

261 L. EUSEBI, Appunti, 1088 – 1089. Nello stesso senso anche S. PROSDOCIMI, op. ult. cit.,<br />

46, 227 (in particolare, l’Autore evidenzia che l’accettazione del rischio sia elemento anche esso<br />

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