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DOLO EVENTUALE E COLPA COSCIENTE ... - giovanniolmi

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ciononostante, persistendo nella tenuta della condotta finalizzata al rispetto del credo<br />

religioso.<br />

Nel caso che si è appena analizzato, la “speranza” nutrita dai genitori della<br />

bambina deceduta si configurava evidentemente come “vana speranza” o “infondata<br />

speranza”. È possibile fare riferimento, del resto, ad alcuni casi in cui i giudici di<br />

legittimità hanno fatto applicazione di un criterio di “ragionevole speranza”, ai fini<br />

dell’esclusione del dolo e, parallelamente, ai fini della configurazione della colpa<br />

cosciente 237 : verserebbe, quindi, in colpa cosciente il soggetto che, pur essendosi<br />

rappresentato la possibilità di realizzazione dell’evento, agisca con la “ragionevole<br />

speranza” che esso non si concretizzi, la quale escluderebbe il dolo eventuale.<br />

Resta, tuttavia, un criterio inquadrabile pur sempre fra i criteri emozionali, o<br />

“intimistici”, i quali sono da disconoscere per la serie di ragioni già esposte; il<br />

riferimento alla “ragionevole speranza”, se mai, elimina solo il motivo di critica<br />

inerente al fatto che criteri emozionali possano condurre all’esclusione del dolo in<br />

casi in cui l’agente abbia realizzato la condotta nutrendo una speranza irrazionale;<br />

ma, per il resto, l’assetto critico relativo alla categoria di principi in questione<br />

permane.<br />

Vale la pena di porre attenzione ad un’ulteriore sentenza di legittimità 238 , la<br />

quale ha richiamato un concetto di “indifferenza”, utilizzandolo però non ai fini della<br />

configurazione del dolo eventuale, bensì ai fini dell’esclusione di esso, e<br />

dell’inquadramento della colpa cosciente: nel caso di specie, si è ritenuto sorretto da<br />

colpa – aggravata da previsione dell’evento – il reato di omicidio ascritto ad un<br />

soggetto che, al fine di procurarsi eccitamento sessuale maneggiando un’arma da<br />

fuoco sul capo della propria partner, nell’atto di armare e disarmare il cane dell’arma<br />

aveva fatto involontariamente partire un colpo che aveva provocato la morte della<br />

donna. La sentenza in esame ritiene configurabile la colpa cosciente (con<br />

esclusione, quindi, del dolo eventuale) allorché il soggetto agente si ponga in una<br />

concreta condizione di indifferenza rispetto all’evento, nutrendo la speranza che esso<br />

non si realizzi e confidando nel fatto che le proprie abilità, o altri fattori, possano<br />

contribuire ad evitarlo: oltre che il concetto di “indifferenza”, viene in questo frangente<br />

richiamato, ancora una volta, il criterio della “speranza”, accompagnato però dal<br />

requisito aggiuntivo della fiducia nella non verificazione dell’evento, in considerazione<br />

di proprie abilità o di altri fattori esterni.<br />

L’argomento inerente le impostazioni teoriche che tendono alla valorizzazione<br />

di elementi emozionali o affettivi può completarsi mediante un breve riferimento ad<br />

una particolare elaborazione riconducibile, sostanzialmente, alla teoria del<br />

“sentimento” (Gesinnung); il relativo contributo, nell’ambito della dottrina italiana, è<br />

attribuibile ad Elio Morselli, il quale prende le mosse da una visione prettamente<br />

psicoanalitica che concepisce il fenomeno criminoso come caratterizzato, a livello<br />

soggettivo, da una carenza di controllo su pulsioni antisociali provenienti<br />

dall’inconscio: in questo senso, l’attribuzione soggettiva del reato non sarebbe mai<br />

riferibile interamente alla “volontà” quanto, piuttosto, ad una assenza di controllo da<br />

parte dell’“Io cosciente” sull’inconscio; ciò che contraddistinguerebbe dolo e colpa<br />

sarebbe rinvenibile, invece, nell’atteggiamento assunto da parte dell’“Io cosciente”<br />

rispetto a tale prevalere di pulsioni sul controllo dell’ “Io cosciente” stesso: qualora<br />

l’“Io cosciente” subisca suo malgrado il prevalere di pulsioni antisociali, senza<br />

237 Ad esempio, Cass. Pen., Sez. I, 12 gennaio 1989, n. 4912, in Giust. pen., 1990, 2, 69 ss.<br />

238 Cass. Pen., Sez. IV, 5 ottobre 1987, n. 27, in Cass. pen., 1989, 3, 380 ss.<br />

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