DOLO EVENTUALE E COLPA COSCIENTE ... - giovanniolmi
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differenziazione fra dolo e colpa residuerebbe esclusivamente nell’elemento volitivo.<br />
Tutto ciò, come si è detto, è riferito alla fase del giudizio ex ante concernente<br />
l’illiceità del rischio creato tramite la condotta. Oltretutto, con riguardo al giudizio di<br />
prevedibilità, si è addirittura sostenuto che una lettura sistematica degli artt. 56 e 49<br />
cpv. c.p. dovrebbe costituire un fondamento a favore della teoria dell’imputazione<br />
oggettiva 113 : deporrebbe in questo senso il concetto di idoneità rilevabile all’interno<br />
dell’art. 49 cpv., concetto il quale dovrebbe essere considerato in modo unitario. In<br />
base a tale premessa, si approda alla conclusione per cui l’ “idoneità” dovrebbe<br />
essere caratteristica essenziale anche ai fini dell’inquadramento della responsabilità<br />
dolosa per reato consumato; considerando, poi, l’ulteriore assunto in base al quale i<br />
giudizi di “prevedibilità” ed “idoneità” sarebbero parificati, si giunge agevolmente a<br />
sostenere l’analogia strutturale fra responsabilità per dolo e responsabilità per colpa<br />
anche sul piano dell’idoneità 114 .<br />
Ex post occorrerà, poi, un ulteriore giudizio, questa volta consistente nella<br />
verifica che l’evento effettivamente prodotto si configuri come concreta realizzazione<br />
del rischio illecito determinato dall’agente 115 : non potrà assumere rilevanza, quindi,<br />
qualsivoglia evento per il quale la condotta posta in essere dall’agente sia stata<br />
conditio sine qua non, ma assumerà rilevanza solo l’evento il quale sia effettivamente<br />
la realizzazione concreta del rischio non tollerato e connesso alla condotta.<br />
Effettuando un’applicazione della teoria dell’imputazione oggettiva sul versante<br />
del dolo eventuale, è possibile concludere che anche ai fini dell’inquadramento di tale<br />
forma di dolo occorrerà una previa valutazione attinente alla prevedibilità oggettiva<br />
dell’esito della condotta 116 . È stata osservata, inoltre, la necessità di sussistenza, ai<br />
fini della responsabilità per dolo, di una “pericolosità statistica dell’azione compiuta”,<br />
la quale non potrà comunque essere inferiore a quella che, in mancanza di volizione,<br />
sarebbe stata necessaria per il fondamento della responsabilità colposa: non<br />
potrebbe darsi, quindi, responsabilità per dolo eventuale (o comunque indiretto)<br />
laddove, in assenza del requisito della volontà e fermo restando gli ulteriori requisiti<br />
ai fini dell’imputazione per colpa, essa non configurerebbe un rischio corrispondente<br />
a quello di una analoga realizzazione colposa del medesimo evento 117 .<br />
A prescindere dai meriti riconosciuti alla teoria dell’imputazione oggettiva (dei<br />
quali si è già trattato), anche essa non è esente da critiche da parte degli esponenti<br />
della dottrina i quali evidenziano, invece, che la distinzione fra responsabilità dolosa<br />
e responsabilità colposa dovrebbe emergere anche sul piano oggettivo. In<br />
particolare, si pone l’accento sul fatto che il giudizio di prevedibilità non possa,<br />
effettivamente, essere sviluppato con modalità e tramite parametri identici sia<br />
nell’ipotesi di giudizio relativo a fattispecie dolosa, sia nell’ipotesi concernente<br />
fattispecie colposa. Nel dettaglio, il giudizio di riconoscibilità relativo ad ipotesi di<br />
colpa dovrebbe essere svolto principalmente con riferimento al modello dell’homo<br />
eiusdem conditionis et professionis: il soggetto che agisca con colpa (quindi in<br />
assenza di volontà di realizzazione dell’esito lesivo) sarebbe gravato dal dovere di<br />
rappresentarsi il rischio in quanto questo avrebbe potuto essere oggetto di<br />
113 M. DONINI, op. ult. cit., 329 – 340.<br />
114 S. CANESTRARI, op. ult. cit., 96.<br />
115 S. CANESTRARI, op. ult. cit., 95.<br />
116 S. CANESTRARI, op. ult. cit., 96.<br />
117 Conclusioni descritte da S. CANESTRARI, op. ult. cit., 96 – 97. L’Autore richiama a sua volta<br />
M. DONINI, op. ult. cit., 350.<br />
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