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DOLO EVENTUALE E COLPA COSCIENTE ... - giovanniolmi

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L’impostazione critica di cui trattasi, in altri termini, sostiene che non si possa<br />

identificare il “rischio consentito” sempre e soltanto in base alle regole cautelari ed<br />

alla misura oggettiva della colpa. Occorrerebbe invece tenere conto anche delle<br />

eventuali conoscenze superiori acquisite dal soggetto nel caso concreto, alla luce<br />

delle quali potrebbe configurarsi effettivamente dolo in casi in cui non potrebbe<br />

essere mosso un rimprovero per colpa; fermo restando l’inutilità del riferimento alla<br />

violazione della misura oggettiva della colpa in ipotesi di eventi intenzionalmente<br />

provocati.<br />

A supporto della linea critica in questione viene riportato, tra l’altro, l’esempio<br />

del chirurgo il quale, dovendo operare un paziente che egli sa essere l’amante della<br />

moglie, ed essendo egli precedentemente venuto a conoscenza, al di fuori<br />

dell’esercizio della propria attività professionale di medico, di una anomalia fisica del<br />

paziente stesso la quale richiederebbe l’adozione di speciali misure per l’operazione,<br />

esegua comunque il protocollo standard per l’operazione stessa, con l’intenzione di<br />

provocare la morte del paziente, ma senza violare alcuna regola cautelare, dal<br />

momento che il soggetto modello di “medico chirurgo” non era tenuto, in quella<br />

circostanza, ad essere a conoscenza dell’anomalia del paziente. In questo caso – si<br />

sostiene – sarebbe configurabile la responsabilità per dolo, sia con riguardo al<br />

tentato omicidio che con riguardo all’omicidio consumato, non essendo invece<br />

configurabile il rimprovero per colpa 102 .<br />

D’altra parte, ad una ricostruzione di questo genere si potrebbe obiettare che<br />

l’inquadramento della responsabilità per colpa, in sede di identificazione delle regole<br />

cautelari e di giudizio di prevedibilità ed evitabilità, dovrebbe anche essa tenere<br />

conto non solo del parametro oggettivo dell’homo eiusdem conditionis et<br />

professionis, ma anche delle eventuali superiori conoscenze del soggetto al quale si<br />

faccia riferimento nel caso concreto 103 : sicché, trasferendo tali considerazioni<br />

all’esempio di cui sopra, si potrebbe ipotizzare che, in quel caso, alla luce delle<br />

maggiori conoscenze possedute dal chirurgo (benché non si tratti di conoscenze che<br />

l’homo eiusdem conditionis et professionis fosse tenuto ad acquisire), la regola<br />

cautelare violata sia stata quella di “non adottare il protocollo standard”, o<br />

“prescrivere ulteriori accertamenti”, o simili.<br />

Considerazioni analoghe rispetto a quelle appena effettuate potrebbero<br />

delinearsi con riguardo alle esemplificazioni inerenti i casi di “violenza sportiva”, e<br />

con particolare riferimento agli sport “di lotta” regolamentati: nelle ipotesi in cui,<br />

durante un incontro fra atleti, l’uno provochi all’altro intenzionalmente lesioni essendo<br />

a conoscenza di un’anomalia fisica dell’avversario, e qualora l’incontro si sia svolto<br />

comunque conformemente alle regole sportive, in base al solo parametro oggettivo<br />

dell’homo eiusdem conditionis et professionis non risulterebbe trasgredita alcuna<br />

regola precauzionale, ma potrebbe configurarsi responsabilità per dolo (in assenza di<br />

configurabilità del rimprovero per colpa) alla luce del superamento del rischio<br />

consentito in considerazione delle maggiori conoscenze acquisite dal soggetto<br />

concreto (che l’homo eiusdem conditionis et professionis non era tenuto ad<br />

acquisire) 104 ; tuttavia se si considera, invece, che l’individuazione del contenuto delle<br />

regole cautelari, nonché il giudizio di prevedibilità ed evitabilità, debbano essere<br />

102 S. CANESTRARI, op. ult. cit., 114.<br />

103 G. FIANDACA – E. MUSCO, op. cit., 546. In senso conforme M. DONINI, Illecito e<br />

colpevolezza nell’imputazione del reato, Milano, Giuffrè, 1991, 408 ss.<br />

104 S. CANESTRARI, op. ult. cit., 113 – 116.<br />

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