DOLO EVENTUALE E COLPA COSCIENTE ... - giovanniolmi
DOLO EVENTUALE E COLPA COSCIENTE ... - giovanniolmi DOLO EVENTUALE E COLPA COSCIENTE ... - giovanniolmi
la responsabilità amministrativa non deve essere stato oggetto di amnistia 823 . Fermo restando tali presupposti, la responsabilità amministrativa dell’ente gode, tuttavia, di una certa “autonomia” rispetto al reato presupposto: essa sussiste anche se non vengono identificati o non sono imputabili gli autori del reato, ovvero se il reato presupposto si estingue per causa diversa dall’amnistia 824 . Per quel che riguarda il rapporto qualificato che deve sussistere fra autore del reato presupposto ed ente, dovrà trattarsi di soggetti in posizione apicale, ovvero di soggetti che dipendano da persone in posizione apicale. La posizione apicale, a sua volta, può essere inquadrata con riferimento ai soggetti che, all’interno dell’ente, svolgano funzioni di rappresentanza, amministrazione, direzione, gestione o controllo di fatto 825 . Alcune osservazioni debbono essere effettuate anche con riferimento ai requisiti dell’“interesse” o “vantaggio” dell’ente. Trattasi di una connessione di tipo oggettivo fra ente e realizzazione del reato presupposto 826 , la quale ha ricevuto varie interpretazioni, ed ha suscitato problemi a seguito dell’annovero, fra i reati la cui commissione da parte di soggetti qualificati possa dare luogo alla responsabilità amministrativa dell’ente, di fattispecie colpose: prima del 2007, invero, la presenza di sole fattispecie dolose nel novero dei reati-presupposto non creava particolari problemi di compatibilità con i requisiti dell’“interesse” o “vantaggio” dell’ente, mentre problemi di sorta possono sorgere se si considerano le fattispecie colpose introdotte dal 2007 (in particolare, omicidio colposo e lesioni colpose), caratterizzate da assenza di un “finalismo” dell’azione orientato alla realizzazione del reato 827 . Anzitutto, non si può trascurare quanto affermato nella relazione al d. lgs. 231/2001, ove si precisa che il requisito dell’“interesse” consisterebbe in un aspetto soggettivo della condotta, per il quale sarebbe sufficiente una verifica ex ante, mentre il requisito del “vantaggio” configurerebbe un aspetto di carattere oggettivo, potendo essere tratto dall’ente anche qualora l’autore del reato non avesse agito “nell’interesse” dell’ente stesso, e richiederebbe una verifica ex post 828 . Non può sfuggire, tuttavia, che un’impostazione di questo genere risulti quantomeno dubbia con riferimento ai reati-presupposto di carattere colposo, se non altro per quel che concerne il requisito dell’“interesse”: appare evidentemente evanescente la configurazione di un reato colposo – privo di atteggiamento finalistico orientato alla realizzazione del reato stesso – caratterizzato dal perseguimento soggettivo di un “interesse” 829 ; si è anche osservato che l’eventuale tentativo di inquadramento di un 823 G. FIANDACA – E. MUSCO, op. cit., 165. 824 G. FIANDACA – E. MUSCO, op. loc. cit. 825 Il riferimento normativo è dato dagli artt. 6 e 7 del d. lgs. 231/2001. L’analisi del dato normativo è effettuata, tra gli altri, da G. FIANDACA – E. MUSCO, op. loc. cit.; in modo più approfondito, F. CURI, Colpa di organizzazione ed impresa: tertium datur. La responsabilità degli enti alla luce del Testo Unico in materia di sicurezza sul lavoro, in F. CURI, a cura di, Sicurezza nel lavoro, Bologna, Bononia University Press, 2009, 136 – 138. 826 F. CURI, op. ult. cit., 132. 827 F. CURI, op. ult. cit., 132 – 133; E. R. BELFIORE, La responsabilità del datore di lavoro e dell’impresa per infortuni sul lavoro: profili di colpevolezza, in www.archiviopenale.it, 2011, n. 2, p. 9 del documento. 828 G. FIANDACA – E. MUSCO, op. cit., 165. 829 M. RIVERDITI, “Interesse o vantaggio” dell’ente e reati (colposi) in materia di sicurezza sul lavoro: cronistoria e prospettive di una difficile convivenza, in www.archiviopenale.it, 2001, n. 2, pp. 3 – 4 del documento. 176
eato colposo commesso nell’interesse dell’ente divenga, sostanzialmente, un mero esercizio accademico 830 . Le soluzioni proposte da dottrina e giurisprudenza al fine del superamento delle suddette problematiche sono, perlopiù, incentrate su una ricostruzione oggettiva del concetto di “interesse”: fondamentalmente, si sostiene che l’“interesse” debba essere inteso con riguardo non già al reato colposo, bensì alla condotta ad esso sottotesa, che sia stata posta in essere dalla persona fisica nello svolgimento della sua attività all’interno dell’ente 831 ; ne consegue che – come è stato evidenziato in giurisprudenza – la responsabilità dell’ente dovrebbe avere quale presupposto un reato commesso concretamente ed oggettivamente nell’interesse dell’ente, e non necessariamente commesso con l’intenzione, da parte dell’autore, di perseguire l’interesse dell’ente 832 . Nonostante tale impostazione non sia stata esente da critiche negative 833 , è stato anche evidenziato che il criterio, oggettivamente inteso, dell’“interesse” dell’ente possa essere meglio precisato attraverso il riferimento – ancora una volta – alla relazione di accompagnamento al d. lgs. 231/2001, ove si afferma che detto criterio debba considerarsi espressivo del principio di “immedesimazione organica” fra autore del reato ed ente: se si intende offrire un’interpretazione conforme al principio di “immedesimazione organica”, dovrebbe considerarsi ascrivibile all’ente soltanto la responsabilità connessa ad un reato realizzato, da parte dell’autore, nello svolgimento di attività ontologicamente collegata all’attività dell’autore stesso all’interno dell’ente 834 . Volendo trarre conclusioni con riferimento alla responsabilità dell’ente dipendente da reati colposi, essa sussisterebbe qualora la condotta colposa che abbia dato luogo al reato sia stata trasgressiva di regole cautelari il cui rispetto fosse connaturato all’agire lecito dell’ente; dovrebbe essere, viceversa, esclusa qualora la condotta caratteristica del reato realizzato sia stata “abnorme” rispetto alle finalità tipiche dell’ente 835 . Per quel che attiene alla componente della colpevolezza, la responsabilità amministrativa dell’ente richiede una “colpa di organizzazione”, ovvero una inefficacia e carenza organizzativa in quel che attiene all’attività di prevenzione e gestione del rischio o della realizzazione di eventi lesivi 836 . Trattasi di una colpevolezza che non può, ovviamente, essere intesa in senso psicologico, stante la mancanza di collegamento “psichico-naturalistico” fra ente e realizzazione del reato; piuttosto, si è evidenziato che dovrebbe trattarsi di una colpevolezza di carattere “normativo”: ciò che si rimprovera all’ente è la mancata attuazione di un modello organizzativo o di una politica d’impresa idonei alla prevenzione e gestione dei rischi o della realizzazione di eventi lesivi 837 . Tale tipo di colpevolezza, peraltro, viene meno qualora vi sia stata adozione di un “modello di organizzazione e gestione” 830 M. RIVERDITI, op. cit., 4. 831 F. CURI, op. ult. cit., 133 – 134. 832 M. RIVERDITI, op. cit., 8. L’Autore cita anche alcuni estratti di Trib. Trani, Sez. dist. Molfetta, 11 gennaio 2010. 833 Trattasi di critiche negative puntualmente riassunte da F. CURI, op. ult. cit., 134. 834 M. RIVERDITI, op. cit., 12. Beninteso che ciò non significa richiedere che all’autore del reato debbano essere state attribuite, all’interno dell’ente, funzioni consistenti nella realizzazione di attività penalmente illecita, bensì richiedere che l’autore avesse agito nel perseguimento di compiti ad esso affidati all’interno dell’ente (ivi, 13). 835 M. RIVERDITI, op. cit., 14. 836 F. CURI, op. ult. cit., 143. 837 F. CURI, op. ult. cit., 143. 177
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eato colposo commesso nell’interesse dell’ente divenga, sostanzialmente, un mero<br />
esercizio accademico 830 .<br />
Le soluzioni proposte da dottrina e giurisprudenza al fine del superamento delle<br />
suddette problematiche sono, perlopiù, incentrate su una ricostruzione oggettiva del<br />
concetto di “interesse”: fondamentalmente, si sostiene che l’“interesse” debba essere<br />
inteso con riguardo non già al reato colposo, bensì alla condotta ad esso sottotesa,<br />
che sia stata posta in essere dalla persona fisica nello svolgimento della sua attività<br />
all’interno dell’ente 831 ; ne consegue che – come è stato evidenziato in giurisprudenza<br />
– la responsabilità dell’ente dovrebbe avere quale presupposto un reato commesso<br />
concretamente ed oggettivamente nell’interesse dell’ente, e non necessariamente<br />
commesso con l’intenzione, da parte dell’autore, di perseguire l’interesse dell’ente 832 .<br />
Nonostante tale impostazione non sia stata esente da critiche negative 833 , è stato<br />
anche evidenziato che il criterio, oggettivamente inteso, dell’“interesse” dell’ente<br />
possa essere meglio precisato attraverso il riferimento – ancora una volta – alla<br />
relazione di accompagnamento al d. lgs. 231/2001, ove si afferma che detto criterio<br />
debba considerarsi espressivo del principio di “immedesimazione organica” fra<br />
autore del reato ed ente: se si intende offrire un’interpretazione conforme al principio<br />
di “immedesimazione organica”, dovrebbe considerarsi ascrivibile all’ente soltanto la<br />
responsabilità connessa ad un reato realizzato, da parte dell’autore, nello<br />
svolgimento di attività ontologicamente collegata all’attività dell’autore stesso<br />
all’interno dell’ente 834 . Volendo trarre conclusioni con riferimento alla responsabilità<br />
dell’ente dipendente da reati colposi, essa sussisterebbe qualora la condotta colposa<br />
che abbia dato luogo al reato sia stata trasgressiva di regole cautelari il cui rispetto<br />
fosse connaturato all’agire lecito dell’ente; dovrebbe essere, viceversa, esclusa<br />
qualora la condotta caratteristica del reato realizzato sia stata “abnorme” rispetto alle<br />
finalità tipiche dell’ente 835 .<br />
Per quel che attiene alla componente della colpevolezza, la responsabilità<br />
amministrativa dell’ente richiede una “colpa di organizzazione”, ovvero una<br />
inefficacia e carenza organizzativa in quel che attiene all’attività di prevenzione e<br />
gestione del rischio o della realizzazione di eventi lesivi 836 . Trattasi di una<br />
colpevolezza che non può, ovviamente, essere intesa in senso psicologico, stante la<br />
mancanza di collegamento “psichico-naturalistico” fra ente e realizzazione del reato;<br />
piuttosto, si è evidenziato che dovrebbe trattarsi di una colpevolezza di carattere<br />
“normativo”: ciò che si rimprovera all’ente è la mancata attuazione di un modello<br />
organizzativo o di una politica d’impresa idonei alla prevenzione e gestione dei rischi<br />
o della realizzazione di eventi lesivi 837 . Tale tipo di colpevolezza, peraltro, viene<br />
meno qualora vi sia stata adozione di un “modello di organizzazione e gestione”<br />
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M. RIVERDITI, op. cit., 4.<br />
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11 gennaio 2010.<br />
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Trattasi di critiche negative puntualmente riassunte da F. CURI, op. ult. cit., 134.<br />
834<br />
M. RIVERDITI, op. cit., 12. Beninteso che ciò non significa richiedere che all’autore del reato<br />
debbano essere state attribuite, all’interno dell’ente, funzioni consistenti nella realizzazione di attività<br />
penalmente illecita, bensì richiedere che l’autore avesse agito nel perseguimento di compiti ad esso<br />
affidati all’interno dell’ente (ivi, 13).<br />
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M. RIVERDITI, op. cit., 14.<br />
836 F. CURI, op. ult. cit., 143.<br />
837 F. CURI, op. ult. cit., 143.<br />
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