DOLO EVENTUALE E COLPA COSCIENTE ... - giovanniolmi
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effettivamente realizzato 813 . La Corte di legittimità conferma l’assetto delineato dai<br />
giudici di merito, rigettando il ricorso della difesa, il quale non poteva fare altro che<br />
tentare di affidarsi a motivi quali l’irrazionalità del gesto e la particolare situazione<br />
psicologica dell’imputato, o alla circostanza (evidentemente irrilevante) per cui<br />
l’imputato non conoscesse la vittima: a rigetto di tali motivi, si osserva che l’omicidio<br />
sia un gesto di per sé irrazionale, non valutabile alla stregua di criteri – appunto –<br />
razionali; si aggiunge l’irrilevanza della circostanza per la quale l’imputato non<br />
conoscesse la vittima, in quanto il dolo sostenuto dai giudici di merito si configurava<br />
proprio come volontà di ledere indifferentemente una od altra persona 814 .<br />
Di diverso avviso, rispetto alla giurisprudenza sin qui analizzata, è quella parte<br />
di dottrina che considera il lancio di sassi da cavalcavia come “produzione fine a sé<br />
stessa di un rischio non consentito”. È il caso di fare riferimento, in particolare, alla<br />
concezione riconducibile, principalmente, a Luciano Eusebi, per cui l’individuazione<br />
di forme non intenzionali di dolo necessiterebbe sempre dell’individuazione di una<br />
intenzione (quest’ultima considerata come “prospettiva che dia causa alla condotta”)<br />
in vista della realizzazione della quale vi sia “disponibilità a pagare un prezzo” 815 : il<br />
lancio di sassi da cavalcavia mancherebbe, appunto, di detta prospettiva. Chi lancia<br />
sassi da cavalcavia – si sostiene – agirebbe con il solo fine, in sé e per sé<br />
considerato, di produzione di un rischio, e non con l’intento psicologico di<br />
danneggiare o ledere, né con l’intento di produrre altri eventi comunque diversi dalla<br />
produzione del rischio, di per sé stessa considerata 816 . Del resto, a conferma di ciò,<br />
si rileva che, ai fini della cessazione della condotta, nei casi in questione, non risulta<br />
decisivo l’essersi realizzato o meno di una delle possibili conseguenze lesive: l’unica<br />
prospettiva psicologica dell’agente è l’assunzione del rischio, in sé stessa intesa 817 .<br />
Si prosegue sostenendo che neppure nelle ipotesi di lancio “mirato” la condotta<br />
apparirebbe sorretta da una prospettiva psicologica consistente nel “ledere”,<br />
“danneggiare” o eventi affini: si osserva che, del resto, tali risultati non vengano in<br />
alcun modo perseguiti dall’agente in modo diverso 818 . Le conclusioni a cui giunge<br />
l’Autore, se raffrontate con l’assetto giurisprudenziale dominante, sono senz’altro<br />
drastiche: non solo esclusione del dolo eventuale o diretto, ma addirittura della<br />
capacità di intendere e volere e, dunque, dell’imputabilità, per una “anomala<br />
formazione del volere” 819 .<br />
Per quel che si vuole sostenere in questa tesi, l’impostazione dottrinale appena<br />
descritta non appare condivisibile. Ammesso che, conformemente alla teoria<br />
finalistica dell’azione, ogni azione umana sia caratterizzata da un fine intenzionale, e<br />
che l’evento realizzato con dolo eventuale non sia intenzionalmente perseguito, ma<br />
collaterale ed accessorio (e non necessario) rispetto alla realizzazione del fine<br />
intenzionalmente perseguito, tuttavia a nulla dovrebbe rilevare la “razionalità” o<br />
“irrazionalità” del fine intenzionale stesso: nel caso del lancio di sassi da cavalcavia,<br />
il fine intenzionalmente perseguito è il “creare un rischio”, e il “mezzo” per il<br />
perseguimento di tale fine è il lancio di sassi realizzato “a costo di” ledere, uccidere,<br />
813 Cass. Pen., Sez. I, 25 gennaio 2005, n. 5436, in dejure.giuffre.it<br />
814 Cass. Pen., Sez. I, 25 gennaio 2005, n. 5436, in dejure.giuffre.it<br />
815 L. EUSEBI, Appunti, 1097 – 1098.<br />
816 L. EUSEBI, Appunti, 1097.<br />
817 L. EUSEBI, op. loc. ult. cit.<br />
818 L. EUSEBI, op. loc. ult. cit.<br />
819 L. EUSEBI, Appunti, 1098.<br />
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