DOLO EVENTUALE E COLPA COSCIENTE ... - giovanniolmi
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via alternativa 809 . Il ricorso proposto da parte della difesa dell’imputato sosteneva che<br />
avrebbe dovuto essere inquadrato, al più, il dolo eventuale, poiché erano stati<br />
utilizzati oggetti di minute dimensioni e il lancio non era stato effettuato con “presa di<br />
mira” dei veicoli: sicché l’evento “morte” avrebbe potuto presentarsi, nella psiche<br />
dell’imputato, al massimo come un mero “rischio”, dando luogo a dolo eventuale,<br />
incompatibile con il tentativo 810 . In punto di diritto, i giudici di legittimità respingono il<br />
ricorso, sostenendo che anche un lancio “non mirato”, bensì effettuato “a pioggia”<br />
sulla carreggiata, costituisca un elemento della condotta caratterizzato da una “non<br />
equivoca potenzialità offensiva” e idoneo “ad esprimere il fine perseguito<br />
dall’agente”; si evidenzia che tale conclusione sarebbe fondata anche qualora si<br />
volesse considerare non calcolato né prevedibile (ma, nel caso di specie, lo era<br />
stato) il transito di veicoli sulla carreggiata in coincidenza temporale con il lancio,<br />
posto che la presenza di oggetti del tipo di quelli che erano stati lanciati su una sede<br />
stradale interessata da rilevante traffico veicolare e, peraltro, in ora notturna, avrebbe<br />
certamente potuto recare grave turbativa alla circolazione delle autovetture, con esiti<br />
potenzialmente letali; in sintesi, si sostiene che anche la sola dispersione di materiale<br />
sulla carreggiata costituisca un elemento della condotta idoneo a provocare incidenti<br />
letali ed univocamente indicativo di una volontà in tale senso 811 .<br />
Altro fatto emblematico, verificatosi nel 2003, vedeva l’imputato ritenuto<br />
colpevole, in esito dei giudizi di merito, di tentato omicidio poiché aveva lanciato un<br />
sasso del diametro di 12 cm da un cavalcavia in direzione dell’autostrada<br />
sottostante, colpendo una vettura che transitava in coincidenza con il lancio; l’esito<br />
mortale non si era verificato per la pronta reazione della persona offesa, che era<br />
riuscita a controllare l’autovettura e ad arrestare la corsa 812 . In particolare, i giudici di<br />
appello sostenevano la configurazione di un dolo alternativo diretto, caratterizzato da<br />
una volontà indirizzata, indifferentemente, a provocare un esito letale ovvero un<br />
evento diverso; inoltre, ritenevano sussistenti i requisiti di idoneità ed univocità della<br />
direzione degli atti a provocare esiti letali, tenuto conto delle dimensioni del sasso,<br />
del fatto che dal punto del lancio non fosse possibile vedere le vetture che<br />
transitavano sull’autostrada sottostante (da qui l’infondatezza dell’affermazione<br />
dell’imputato per cui egli avrebbe, prima del lancio, verificato che non vi fossero<br />
veicoli transitanti), nonché dello sforzo, compiuto dall’imputato, di superare con il<br />
lancio la rete metallica posta proprio a protezione da atti del tipo di quello<br />
809 La ricostruzione dei giudici di appello si ricava dalla sentenza di legittimità sul caso di specie:<br />
Cass. Pen., Sez. I, 25 marzo 2003, n. 19897, in dejure.giuffre.it<br />
810 Cass. Pen., Sez. I, 25 marzo 2003, n. 19897, in dejure.giuffre.it<br />
811 Cass. Pen., Sez. I, 25 marzo 2003, n. 19897, in dejure.giuffre.it. Conformemente, Cass.<br />
Pen., Sez. I, 3 febbraio 2006, n. 18426, in dejure.giuffre.it, seppur relativamente ad un caso di lancio<br />
“mirato”: “le modalità […] dell’azione, alla luce della comune esperienza, sono […] sintomatiche della<br />
volontà di attentare all’integrità fisica, e finanche, seppur non in via esclusiva, alla vita<br />
dell’automobilista in transito, configurando un’ipotesi di dolo alternativo, compatibile con il tentativo.”<br />
Nel caso concreto a cui si riferisce la sentenza appena citata, la condotta si era connotata per un<br />
lancio “mirato” di cinque sassi, di peso compreso fra i 200 ed i 700 grammi, i quali avevano colpito il<br />
parabrezza ed il tettuccio di una vettura in transito, che procedeva ad una velocità tale per cui<br />
un’andatura superiore di soli 10 km/h, secondo la valutazione peritale, avrebbe prodotto un urto che<br />
avrebbe frantumato il parabrezza, con conseguente danno alla persona e perdita di controllo del<br />
veicolo da parte di essa.<br />
812 La ricostruzione del fatto e degli esiti dei giudizi di merito si ricava dalla sentenza di<br />
legittimità sul caso in questione: Cass. Pen., Sez. I, 25 gennaio 2005, n. 5436, in dejure.giuffre.it<br />
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