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DOLO EVENTUALE E COLPA COSCIENTE ... - giovanniolmi

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viceversa, l’art. 712 non intenderebbe punire l’acquisto di cose di provenienza illecita,<br />

bensì l’effettuazione di un acquisto “incauto”, con omissione della verifica della<br />

provenienza illecita della cosa, qualora fossero sussistenti oggettivi motivi di<br />

sospetto; sicché, in tale secondo caso, la struttura del reato comprenderebbe non<br />

l’effettiva provenienza illecita della cosa, bensì la sussistenza di oggettivi motivi di<br />

sospetto, e ciò che si rimprovererebbe all’agente non sarebbe l’acquisto o la<br />

ricezione di cose di provenienza illecita, bensì l’acquisto o la ricezione di cose<br />

rispetto alla liceità della provenienza delle quali fossero sussistenti oggettivi motivi di<br />

sospetto, nel caso in cui non fossero stati compiuti gli opportuni accertamenti.<br />

L’ulteriore conseguenza dovrebbe essere la considerazione per cui l’elemento<br />

soggettivo della contravvenzione di incauto acquisto non debba riguardare la<br />

provenienza illecita delle cose 786 .<br />

Compiuti tali rilievi, la Corte giunge alle conclusioni inerenti la configurazione<br />

dell’elemento soggettivo con riguardo ai reati di ricettazione ed incauto acquisto. In<br />

primo luogo, si afferma l’ammissibilità del dolo eventuale di ricettazione; si aggiunge,<br />

altresì, che la situazione di “mero sospetto” sia compatibile con l’incauto acquisto: da<br />

qui la necessità di individuare un criterio idoneo a distinguere, appunto, il “mero<br />

sospetto” compatibile con (ma non indispensabile per) l’incauto acquisto rispetto al<br />

dolo eventuale di ricettazione. E si perviene all’affermazione per cui il dolo eventuale<br />

di ricettazione possa dirsi integrato qualora l’agente realizzi la condotta versando in<br />

uno stato psicologico che, pur non attingendo la certezza circa la provenienza illecita<br />

della cosa, si collochi ad un gradino superiore rispetto al “mero sospetto”; l’agente, in<br />

particolare, dovrà essersi rappresentato la concreta possibilità di provenienza illecita<br />

della cosa, sulla base di dati di fatto inequivoci, e dovrà essersi determinato ad agire<br />

comunque, attraverso una scelta consapevole tra non agire ed agire accettando, in<br />

tale seconda ipotesi, l’eventualità di acquisto o ricezione di cosa di illecita<br />

provenienza. L’assetto viene poi specificato attraverso il richiamo della prima formula<br />

di Frank (seppur con costruzione “in negativo” 787 ): si sostiene che il dolo eventuale di<br />

ricettazione possa dirsi sussistenze qualora si riesca a dimostrare qualcosa<br />

corrispondente al fatto che l’agente non avrebbe agito diversamente se avesse avuto<br />

la certezza della provenienza illecita della cosa 788 .<br />

Il “mero sospetto”, di conseguenza, potrà inquadrare solamente la fattispecie di<br />

incauto acquisto indicando, al limite, la colpa cosciente. Il che significa,<br />

implicitamente, che il dubbio sul presupposto non è, automaticamente, dolo<br />

eventuale, anche se non risolto in modo convincente; ed è, dunque, compatibile con<br />

la colpa. Ai fini della colpa cosciente, quindi, non è indispensabile il superamento del<br />

dubbio in senso positivo: è ben possibile, al contrario, che il soggetto, a fronte dello<br />

stato di “mero dubbio”, agisca non essendo persuaso che l’evento si verificherà,<br />

ovvero nel non convincimento della sussistenza di un determinato elemento della<br />

fattispecie o, ancora, rimuovendo il problema per superficialità, spavalderia,<br />

786<br />

Cass. Pen., Sez. Un., 26 novembre 2009 (deposito 30 marzo 2010), n. 12433, in Cass. pen.,<br />

2010, 7 – 8, 2553.<br />

787<br />

Così evidenzia M. DONINI, op. ult. cit., 2561. Del resto – prosegue l’Autore – la declinazione<br />

“in negativo” equivale, a livello sostanziale, a quella “in positivo”: “non avrebbe agito diversamente” =<br />

“avrebbe agito ugualmente”.<br />

788<br />

Cass. Pen., Sez. Un., 26 novembre 2009 (deposito 30 marzo 2010), n. 12433, in Cass. pen.,<br />

2010, 7 – 8, 2554.<br />

168

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