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DOLO EVENTUALE E COLPA COSCIENTE ... - giovanniolmi

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quello dal quale era infetto l’imputato. Si afferma, in sintesi, che “dalla constatazione<br />

che non tutti gli esposti a contagio si ammalano non può certo trarsi l’implicazione<br />

che deve revocarsi in dubbio la sussistenza del nesso di condizionamento tra<br />

condotta ed evento nei casi in cui il contagio si verifica, perché nella valutazione<br />

deve prevalere il giudizio controfattuale”. In ogni caso, il rischio di contagio sarebbe<br />

stato, nel caso di specie, comunque più elevato rispetto a quello che avrebbe<br />

caratterizzato una situazione “ordinaria”, dato che le pareti anali della vittima<br />

risultavano indebolite a causa dell’intervento chirurgico subito.<br />

Quanto, invece, all’indagine sull’elemento soggettivo, la Corte afferma che il<br />

caso di specie corrisponda esattamente allo schema legale del dolo eventuale:<br />

questo sarebbe caratterizzato, oltre che dalla previsione, dall’accettazione delle<br />

conseguenze estreme della propria condotta le quali, con riferimento a particolari<br />

aspetti del caso concreto (continua ricerca, da parte dell’imputato, di partner con cui<br />

intrattenere rapporti sessuali non protetti, al fine di provare l’ “ebbrezza morbosa di<br />

esporsi ad un rischio mortale”), “sembrerebbero quasi auspicate”.<br />

È anche il caso di porre riferimento ad una sentenza di merito 759 che ha<br />

affermato addirittura il dolo diretto (nello specifico, tentativo di lesioni personali<br />

aggravate sorretto da dolo diretto) in capo alla prostituta la quale, essendo<br />

consapevolmente sieropositiva, intratteneva rapporti sessuali non protetti con i propri<br />

clienti: si individuò, in particolare, una sorta di atteggiamento di “rivalsa” nei confronti<br />

delle persone che le avevano trasmesso l’infezione, ovvero una “piena adesione” alla<br />

realizzazione del reato, e quindi, appunto, dolo diretto 760 .<br />

3. Ricettazione<br />

La configurabilità del dolo eventuale nella ricettazione rappresenta un ulteriore<br />

argomento significativo, in quanto si tratta non solo di descrivere l’inquadramento<br />

dell’elemento psicologico del reato con riferimento alla sussistenza dei presupposti<br />

della condotta (quindi, rispetto ad elementi del fatto tipico diversi dall’evento e dalla<br />

condotta materiale), bensì anche di specificare la distinzione fra il delitto di<br />

“ricettazione” (art. 648 c.p.) e la contravvenzione di “acquisto di cose di sospetta<br />

provenienza” (art. 712 c.p.), comunemente indicata come “incauto acquisto”.<br />

L’argomento in questione riveste un’importanza particolarmente “attuale”, alla<br />

luce di una sentenza delle Sezioni Unite 761 la quale, recentemente, è intervenuta a<br />

dirimere le problematiche che emergevano in tale contesto ed il contrasto<br />

giurisprudenziale precedentemente sussistente: essa, come si vedrà, non soltanto<br />

afferma la compatibilità fra dolo eventuale e ricettazione, ma contribuisce anche ad<br />

un superamento della tradizionale formula dell’“accettazione del rischio”, richiamando<br />

la prima formula di Frank, e precisando che lo stato di “mero sospetto” non sia, di per<br />

sé, sufficiente ad integrare il dolo eventuale di ricettazione.<br />

759 Trib. Ravenna, 3 maggio 1999, in Supp. Rass. med. leg. prev., 2000, 23.<br />

760 Su tale sentenza si pronuncia, tra gli altri, F. CURI, Tertium datur, 228 – 229.<br />

761 Cass. Pen., Sez. Un., 26 novembre 2009 (deposito 30 marzo 2010), n. 12433, in Cass. pen.,<br />

2010, 7 – 8, 2548.<br />

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