DOLO EVENTUALE E COLPA COSCIENTE ... - giovanniolmi
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nel rapporto sessuale 736 . Tali considerazioni risultano, altresì, a supporto delle<br />
conclusioni esposte precedentemente, per le quali l’adozione del condom dovrebbe<br />
essere condizione sufficiente (oltre che necessaria) a ricondurre nella sfera del<br />
“rischio consentito” la pratica di rapporti sessuali da parte del soggetto sieropositivo e<br />
consapevole del proprio stato: si è rilevato che, in effetti, la dottrina e la<br />
giurisprudenza dominanti depongano in tal senso 737 .<br />
Poste tali premesse di carattere generale, è possibile passare ad una precisa<br />
analisi dei casi concreti nei quali si è posto il problema dell’identificazione<br />
dell’elemento soggettivo per i reati di lesioni o omicidio come conseguenza di<br />
contagio da virus HIV da parte di soggetto sieropositivo e consapevole del proprio<br />
stato. La prima sentenza che, in Italia, si è occupata specificamente della questione<br />
in discorso risale al 1999 738 : si tratta di una pronuncia ove i giudici di merito di primo<br />
grado riconoscono la responsabilità per omicidio sorretto da dolo eventuale in capo<br />
all’imputato che, sieropositivo e consapevole della propria sieropositività, nonché<br />
essendo stato informato circa le modalità di trasmissione del virus HIV, avesse<br />
intrattenuto ripetuti rapporti sessuali non protetti con il partner non informato; rapporti<br />
i quali, in base alla ricostruzione evincibile dal quadro probatorio complessivo,<br />
avevano costituito il presupposto causale non solo della trasmissione del virus HIV,<br />
bensì anche della morte della vittima del contagio. Gli aspetti maggiormente<br />
significativi del fatto e, in particolare, del comportamento tenuto dall’imputato nel<br />
caso di specie, sono i seguenti: l’intrattenimento di rapporti sessuali non protetti con<br />
consapevolezza del proprio stato di sieropositività e delle modalità di trasmissione<br />
del virus; il carattere reiterato di tali rapporti (nel corso di una relazione decennale); la<br />
mancata informazione del partner (e, successivamente, coniuge); la circostanza che<br />
l’imputato avesse fatto di tutto affinché il partner/ coniuge non venisse a conoscenza<br />
del suo stato di sieropositività, adoperandosi in tal senso attivamente e<br />
ripetutamente.<br />
Una prima questione che, in considerazione del caso in esame, merita di<br />
essere trattata, è quella relativa al nesso causale fra contagio e morte: i giudici di<br />
primo grado, nello specifico, rilevano che debba considerarsi “causale” qualsiasi<br />
fattore che sia risultato determinante ai fini dell’evento concretamente verificatosi, e<br />
considerato hic et nunc; in base a tale assunto, la condotta consistente nella tenuta<br />
di reiterati rapporti sessuali non protetti dovrebbe a ragione considerarsi “causale”<br />
non solo rispetto al contagio, bensì proprio rispetto all’evento “morte”, stante il fatto,<br />
736 K. SUMMERER, op. cit., 308 – 309.<br />
737 Nell’ambito della dottrina italiana si rivelano concordi S. CANESTRARI, La rilevanza del<br />
rapporto sessuale non protetto dell’infetto HIV nell’orientamento del BGH, in Foro it., 1991, IV, 152; L.<br />
CORNACCHIA, Profili di responsabilità per contagio da virus HIV, in AA. VV., Diritto penale. Lineamenti<br />
di parte speciale, Bologna, Monduzzi, 1998, 320; A. CASTALDO, AIDS e diritto penale, 118.<br />
738 Trib. Cremona, 14 ottobre 1999, in Riv. it. dir. e proc. pen., 2001, 1, 299. Sul fatto che si tratti<br />
del “primo caso” giurisprudenziale in Italia ad occuparsi della questione inerente la punibilità e<br />
l’elemento soggettivo in ipotesi di contagio da HIV tramite rapporto sessuale non protetto, si esprime<br />
in tal senso K. SUMMERER, op. cit., 303. In realtà, sembra essere antecedente il caso sul quale si è<br />
pronunciato Trib. Ravenna, 3 maggio 1999, in Supp. Rass. med. leg. prev., 2000, 23: si tratta, tuttavia,<br />
di una ipotesi in cui il giudice di merito ravvisò addirittura il dolo diretto, per tentate lesioni personali<br />
aggravate, in capo alla prostituta sieropositiva che, pur essendo consapevole del proprio stato,<br />
volutamente intratteneva rapporti non protetti con i propri clienti, manifestando una sorta di<br />
atteggiamento di rivalsa nei confronti della categoria di persone fra le quali vi era quella che le avesse<br />
trasmesso il virus (da ciò, appunto, si ritenne sussistente il dolo diretto).<br />
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